Il Tribunale di Milano ha condannato la società Gest Due spa – subentrata nella gestione della Grancasa spa – a reintegrare i due dipendenti licenziati per aver aderito allo sciopero contro il lavoro domenicale e festivo.
La Gest Due spa ha inaugurato la sua gestione del personale avviando procedure di esubero dei dipendenti (nonostante le molte ore di straordinario), aumentando i carichi di lavoro, e avanzando la pretesa dell’obbligo di lavoro domenicale e festivo senza neppure il riconoscimento della dovuta retribuzione per lo straordinario. Il sindacato ADL Milano, su mandato dei lavoratori, è intervenuto presso il punto vendita di Pero per contestare l’esubero. Dopo aver ottenuto dalla Direzione garanzie sulla sospensione delle aperture festive e del lavoro straordinario, il 10 aprile 2014 si è giunti ad un accordo sindacale sull’utilizzo del Contratto di Solidarietà difensivo nella misura massima del 10%, con distribuzione equa tra i dipendenti, uso verticale e tutela dei part-time. Un accordo sindacale che poneva le pezze a quello firmato da cgil-cisl-uil senza dare alcuna informazione ai lavoratori. L’azienda ha però disatteso presto ogni impegno e, nonostante l’uso delle risorse economiche dovute al Contratto di Solidarietà, ha iniziato a pretendere dai dipendenti il lavoro domenicale e festivo senza neppure corrispondere la dovuta retribuzione, ma imponendo recuperi infrasettimanali.
Si arriva così a ottobre 2014: fallisce l’incontro sindacale, a seguito della pretesa unilaterale della società ad imporre l’obbligo del lavoro festivo. ADL Milano ha dunque dichiarato lo stato di agitazione e lo sciopero domenicale e festivo nel punto vendita di Pero. I primi scioperi hanno visto la massiccia adesione dei lavoratori e l’azienda è ricorsa illecitamente alla sostituzione degli scioperanti con dipendenti di altri punti vendita.
La Direzione ha tenuto la linea dell’intransigenza totale, non aprendo a nessun dialogo, anche davanti alla disponibilità dei lavoratori e del sindacato a trovare soluzioni conciliative che vedessero il rispetto dei diritti e delle norme vigenti, al fine di evitare ulteriori inasprimenti. Sono stati messi in campo i soliti dispositivi di controllo e coercizione per fare pressioni sui lavoratori, fino alla contestazione disciplinare a chi si dichiarava non disponibile a lavorare le domeniche o i festivi. Il 26 gennaio 2015 viene intimato il licenziamento alla delegata RSA e a un lavoratore, colpevoli di assenze ingiustificate per avere aderito allo sciopero nonostante le contestazioni. Chiaramente l’azienda si muoveva col vento in poppa del Jobs Act appena approvato e della nuova era di licenziamenti facili.
Ma qui sta l’importanza della sentenza, che spinge a non gettare la spugna di fronte ai soprusi che le aziende, ringalluzzite dal clima favorevole, infliggono ai già vessati lavoratori: il Tribunale di Milano ha condannato Grancasa spa a reintegrare i licenziati in base all’art. 18.
“I licenziamenti impugnati devono essere dichiarati nulli in quanto ritorsivi e, conseguentemente, la GRANCASA S.P.A. Essere condannata, ex art.18, primo comma, L. n. 300/1970, a reintegrare i ricorrenti nel luogo di lavoro e a corrispondere loro un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegra”.
Purtroppo è servita una sentenza per difendere il diritto di sciopero, piuttosto che la lotta o la solidarietà dei colleghi. La repressione padronale si è manifestata in modo violento, spaventando i lavoratori. La crisi, la mancanza di lavoro, le leggi sbilanciate a favore dell’impresa, la precarietà del posto di lavoro, tutto questo concorre a trasformare il “rapporto di lavoro” in un “rapporto di sottomissione”.
Ora si attende l’applicazione della sentenza ed il rientro sul posto di lavoro della delegata e del suo collega. Il Sial Cobas esprime solidarietà a tutti coloro che si ribellano ai soprusi sui luoghi di lavoro e lottano per conservare ed estendere i diritti e per avere condizioni di lavoro dignitose.
Scarica il testo dell’ordinanza del Tribunale di Milano n° 2452/2015.