Pandemia e crisi: una sola riapertura possibile! Quella che tiene insieme, salute, salario e diritti nei luoghi di lavoro e nella società.

La pandemia del virus Covid 19 che affligge l’intera umanità è la spia, e la fotografia, di un sistema sociale ingiusto, costruito sulle diseguaglianze sociali, lo sfruttamento delle persone che lavorano – o che sono costrette ai margini di questa società – sulla rapina delle risorse naturali e delle altre specie animali.

Allo stesso tempo questa pandemia ci rivela quanto siano state devastanti le politiche neoliberiste degli ultimi trenta anni: la demolizione in corso dei sistemi sanitari pubblici – ancor peggio nei paesi dove non esistono, come gli Usa – ha reso le nostre società impreparate ad affrontare questo virus.

Quanto è accaduto in Lombardia ne è la prova più clamorosa: migliaia di morti, operatori della sanità abbandonati a se stessi e privi di protezioni e anziani lasciati morire nelle Case di Riposo (Rsa).

Alla crisi sanitaria si accompagna l’esplosione di una crisi sociale di dimensioni impressionanti.

La crisi economica era già annunciata prima della pandemia, quest’ultima ha funzionato da potente acceleratore. Dalla fine di febbraio ad oggi, di colpo, milioni di persone si sono trovate senza lavoro e senza reddito.

I provvedimenti del governo rappresentano misure tampone, che non risolvono molti dei problemi aperti da questa crisi e non danno alcun futuro certo a milioni di lavoratori e lavoratrici, precari, disoccupati, ecc..

La Confindustria, trovando ascolto nel Governo e ancor più nelle giunte regionali di Lombardia, Piemonte e Veneto – il cuore dell’attività produttiva e di servizi di questo paese, vuole riaprire tutto e subito.

La salute collettiva è una subordinata dei loro profitti. La scuola pubblica può rimanere chiusa , con tutte le sue conseguenze sociali, e riaprire forse a Settembre o, chissà, ad Ottobre prossimo.

Ma le fabbriche, le filiere produttive e della logistica e tutto il mondo dei servizi e delle pubbliche amministrazioni al seguito devono tornare ad essere competitive subito. Non importa che ci sia in atto una spaventosa crisi di sovrapproduzione e che non si capisce chi avrà il potere di acquisto per comprare le merci prodotte. Non importa se ci si assume il rischio di anticipare gli effetti micidiali di una “seconda ondata” del virus, senza terapie efficaci e senza vaccino. In Europa è cominciata la corsa: chi riapre per primo si piazza meglio sul mercato continentale e su quello mondiale per piazzare le proprie merci, i propri servizi e quindi realizzare maggiori profitti.

La sola risposta possibile è quella di sempre. La crisi non la vogliono e non la devono pagare i lavoratori e le classi popolari. Le nostre vite valgono più dei loro profitti!

Di conseguenza , la sola riapertura possibile è quella che si prende cura in primo luogo della salute nei luoghi di lavoro, che mette in sicurezza le scuole di questo Paese perché possano riaprire presto e accogliere bambini, insegnanti, genitori. Una riapertura necessariamente graduale, che preveda il controllo, la partecipazione e l’intervento collettivo di una cittadinanza attiva e solidale, garantendo i Dpi necessari a tutti e tutte, con il distanziamento fisico necessario per una fase e quindi investendo le risorse adeguate per riorganizzare i luoghi di lavoro in funzione di queste esigenze e con un vero e proprio Piano di ricostruzione di un vero sistema sanitario nazionale pubblico e garantito a tutti e tutte.

A tutto questo si deve accompagnare la garanzia del salario e dei diritti per tutti e tutte coloro che sono stati colpiti dalla crisi sociale conseguente a quella sanitaria.

Occorre semplificare la giungla degli ammortizzatori sociali! Un solo ammortizzatore per tutti e tutte: Reddito di Quarantena (tipo cassa in deroga per tutti i settori) per la fase di emergenza per le ore non lavorate che corrisponda almeno all’80% del salario reale (senza massimali. Con un minimo di 1.000 euro), con la garanzia del 100% per chi lavora anche solo parzialmente! Favorire la emersione del lavoro nero e integrare i lavoratori negli ammortizzatori con assunzione retroattiva, considerare almeno orario medio reale effettuato nei mesi precedenti per i part time e ammettere i lavoratori dello spettacolo, turismo, colf e badanti agli strumenti della emergenza.

Prevedere gli assegni familiari in tutti i casi anche per chi ha il FIS e il congedo parentale al 100%.

Nel pieno della crisi in molti si sono resi conto che i troppi e differenziati ammortizzatori sociali sono stati una stupidaggine e quindi va chiesta la sostituzione delle varie tipologie di cassa integrazione, FIS, CIG in deroga, FIS Bilaterali, TIS (somministrati) e chi più ne ha più ne metta e la introduzione di un solo ammortizzatore sociale con un contributo unificato alla industria per tutte le realtà produttive sopra i 15 dipendenti e al 50% per chi ha meno di 15 dipendenti.

Il blocco dei licenziamenti per 60 giorni va prolungato da subito fino al 31 agosto o meglio con tempi più lunghi visto che per alcuni settori (turismo, alberghi, spettacolo, ecc.) la riapertura delle attività avverrà in tempi più lunghi. La cassa integrazione o una riduzione di orario tipo contratti di solidarietà (pagato almeno 80% del salario reale) sono strumenti a cui pensare per affrontare gli effetti della crisi da pandemia.

Il rientro con un ruolo attivo degli RLS che verifichino il DVR e il piano anticontagio sono elementi essenziali per difendere la vita e al salute. Senza farsi intrappolare dalle assicurazioni che rifondono i danni promosse da aziende e fondi contrattuali.

Un rientro a rotazione, introducendo forme di riduzione di orario a parità di salario e regolamentando il ricorso allo smart working – oggi assolutamente necessario – per evitare che divenga una prigione domestica per lavoratori sempre più alienati e stressati, e dia il pretesto a riduzioni salariali rispetto alla prestazione effettuata in presenza (mancate indennità, ecc.).

Un Reddito di quarantena di almeno 1.000 euro per tutti coloro che avevano un lavoro precario,intermittente, in nero. Nella direzione di un Reddito universale di base per tutti e tutte che contrasti precarietà e ricattabilità di chi vive di contratti a termine e di “lavoretti”!

Ampliamento del congedo parentale straordinario con riconoscimento del salario pieno per chi vi fa ricorso.

Infine un riconoscimento economico importante, di almeno 1.000 euro, per tutti coloro che hanno affrontato la pandemia in prima linea: dai lavoratori della sanità (medici, infermieri, Oss e altre figure in appalto presenti nel settore) ai lavoratori dei trasporti, dell’igiene pubblica e dei servizi urbani, fino ai lavoratori delle imprese di pulizia e sanificazione sottoposti al rischio contagio e al superlavoro per mettere insieme un salario da fame! Un trattamento economico simile va pensato anche per le realtà comunitarie come le RSAanziani e le altre realtà comunitarie (Senza fissa dimora, Centri per migranti, ecc per evitare che diventino nuovi focolai di contagi) e quelle che si rendono necessarie per assistere e aiutare chi è stato colpito dal Covid.

Infine occorre sostenere la campagna per la regolarizzazione attraverso una sanatoria generalizzata per tutti e tutte le migranti presenti su questo territorio. La sanatoria necessariamente prevede identificazione ma si può fare semplificando le procedure. per i migranti già presenti con permessi di soggiorno temporanei a vario titolo e quindi conosciuti è possibile con una singola mail risolvere automaticamente evitare continue proroghe temporanee che favoriscono situazioni al ,limite della legalità. Non sono soltanto braccia da sfruttare perché lavorano – spesso senza contratto – nelle nostre campagne o nelle nostre case – ma persone che hanno diritti, a partire da quello di non ammalarsi e di vivere sani, con la possibilità di scegliere il proprio futuro.

Esattamente come tutti i lavoratori e le lavoratrici di questo Paese.

Per questo aderiamo e sosteniamo il comunicato di ADL COBAS e SI COBAS: Appello a tutte le realta’ sociali e di movimento per costruire un patto di azione comune articolato in due giornate di mobilitazione per rompere la gabbia dei divieti

30 aprile giornata di mobilitazione e lotta nazionale con forme e modalità da decidere territorio per territorio. 1° maggio è la giornata internazionale di lotta dei lavoratori: quindi non si lavora!