Donne: esercizi di resistenza sui luoghi di lavoro

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Le donne, la metà del pianeta, vivono le condizioni peggiori: lavorano di più, sono pagate di meno, etc. Il 90% delle violenze avvengono nelle mura domestiche da parte di mariti, fidanzati, conviventi, ex e famigliari.

Sui luoghi di lavoro, pur essendoci leggi da decenni, la situazione non è migliorata. Sia in Europa che in Italia sono state promulgate leggi Europee che stabiliscono principi ed iniziative per migliorare le condizioni delle donne: tra queste il Decreto Legislativo 11 aprile 2006 n.198 “codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell’art. 6 legge 28 novembre 2005, n.246”.

Ecco alcuni strumenti utili: “Art. 13. – Requisiti e attribuzioni – (decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 196, articoli 1, comma 2, 2, comma 2): ….

2. Le consigliere ed i consiglieri di parità, effettivi e supplenti, svolgono funzioni di promozione e di controllo dell’attuazione dei principi di uguaglianza di opportunità e di non discriminazione tra donne e uomini nel lavoro. Nell’esercizio delle funzioni loro attribuite, le consigliere ed i consiglieri di parità sono pubblici ufficiali ed hanno l’obbligo di segnalazione all’autorità giudiziaria dei reati di cui vengono a conoscenza per ragione del loro ufficio.

Art. 46. – Rapporto sulla situazione del personale – (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 9, commi 1, 2, 3 e 4)- 1. Le aziende pubbliche e private che occupano oltre cento dipendenti sono tenute a redigere un rapporto almeno ogni due anni sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni ed in relazione allo stato di assunzioni, della formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di mobilità, dell’intervento della Cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente corrisposta.

2. Il rapporto di cui al comma 1 è trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali e alla consigliera e al consigliere regionale di parità.”

Un primo problema nell’azione sindacale ed individuale è quello di evitare la paralisi di fronte ad affermazioni quali “ah, sì è gia successo anche a me cosa ci vuoi fare”.

Qualche esempio utile:

  • Azienda con marito e moglie turnisti alternati. Al rientro dalla seconda maternità l’azienda li mette nello stesso turno aggravando la gestione e il rapporto con i figli. La consigliera di parità coinvolta è intervenuta e ora lavorano su turni alternati;

  • Madre riprende la figlia a scuola durante l’intervallo mensa. La società riduce l’intervallo mensa da 1,30 a 1 ora. La lavoratrice si dà da fare con la scorta dei pezzi ma continua ad esercitare il suo diritto-dovere di genitrice e va a prendere la figlia a scuola e la accompagna a casa. Accumula ritardi al rientro della pausa pranzo e dopo diverse contestazioni disciplinari e sanzioni con recidività viene licenziata. L’azione sindacale e il coinvolgimento della consigliera di parità anche nella causa legale contro l’azienda ha consentito, anche se dopo tre mesi, il rientro al lavoro.

  • Mamma e papà a turni devono accompagnare il figlio all’asilo. Il papà si presenta in ritardo al lavoro e viene licenziato in tronco. Impugnato il licenziamento e coinvolta la consigliera di parità in poche settimane si discute davanti al collegio di conciliazione provinciale. Dopo qualche giorno il licenziamento viene annullato e il padre rientra al lavoro.

  • Papà trasfertista e mamma operaia devono portare e riprendere il figlio a scuola. Una prima volta l’azienda rinuncia perché il bimbo ha meno di tre anni. Superati gli otto anni del bimbo ci riprova e ordina il passaggio a turni alternati primo e secondo. La operaia privilegia il suo compito di mamma. Entra al lavoro non alle 6 ma dopo aver accompagnato il figlio a scuola e si becca la contestazione disciplinare per il ritardo all’ingresso. Tenta di restare in reparto a lavorare dopo le 14 ma viene accompagnata all’uscita. Scatta la dichiarazione di sciopero a oltranza a partire dal giorno dopo dalle 6 alle 8,30 e dalle 16,30 alle 22 e si promuovono per gli altri reparti e per le altre aziende del territorio una serie di scioperi che durano dal gennaio a dopo pasqua. La lavoratrice mamma non cede e alla fine la società trovo il modo di trasferirla da un reparto produttivo ad un ufficio e però la sua scelta di non abbandonare il figlio per strada è stata vincente (anche se è costata circa 200 ore di sciopero).

  • L’azienda presenta un piano di licenziamenti collettivi che coinvolge l’80% di donne e l’occupazione femminile è di circa il 25%. E’ accettabile che ciò avvenga? Non contrasta con i principi e le leggi di parità che dovrebbero promuovere il miglioramento delle condizioni di lavoro e della qualità dell’occupazione femminile?

  • Altro caso: un’azienda in cui alle donne che rientrano dalla maternità viene offerto l’incentivo per andarsene o l’assegnazione ad un reparto particolare. Inoltre, si contano diversi casi di donne in attesa della concessione del Part Time (la % contrattuale è rispettata). Un’indagine sulla situazione complessiva da parte della consigliera di parità e un’ azione sindacale hanno portato nel tempo a maggiori assunzioni femminili e ad un accordo sul part time senza troppi limiti.

Il rapporto di parità che nelle aziende sopra i 100 addetti viene consegnato alla rappresentanze sindacali di solito rimane nel cassetto. Potrebbe essere un piccolo strumento di analisi e di verifica delle possibili discriminazioni da rimuovere.

I tentativi di soluzione sul piano sindacale non esauriscono quel che c’è da fare. Il sindacato, le rappresentanze sindacali e lavoratrici e lavoratori dovrebbero, ogni volta, valutare con gli occhi della possibile discriminazione diretta o indiretta e dell’azione negativa che contrasterebbe con i principi e le leggi. Non basta accompagnare il lavoratore/trice discriminato dalla consigliera di parità: occorre che anche la rappresentanza sindacale e i sindacati abbiano un ruolo di promotori di iniziative e di una eventuale campagna specifica nei reparti, negli uffici e anche sui media.

C’è molto da fare, buon lavoro.

Per saperne di più potete contattarci nelle sedi sindacali e sul web potete trovare riferimenti utili sui siti delle consigliere di parità (provinciali, regionali o nazionali). Consultate inoltre wikilabour.it:

http://www.wikilabour.it/consigliere%20di%20parit%C3%A0.ashx

http://www.wikilabour.it/discriminazioni%20di%20genere.ashx