INAIL: guida per malattie professionali e infortuni sul lavoro

sicurezzaPubblichiamo questo testo dell’Avvocato Valeria Zeppilli (Studio Cataldi) e ringraziamo Medicina Democratica e Marco Spezia per la rubrica Knows your rights, un puntuale aggiornamento delle leggi (con pregi e difetti) in materia di sicurezza sul lavoro.

LE MALATTIE PROFESSIONALI

Per malattia professionale si intende quella che il lavoratore contrae a causa dello svolgimento di un’attività lavorativa.

Essa va tenuta distinta dall’infortunio sul lavoro, innanzitutto perché per ottenere le prestazioni per malattia non è sufficiente la mera occasione di lavoro ma è necessario che essa sia in rapporto causale diretto con l’attività lavorativa; inoltre mentre l’infortunio è imputabile a una causa violenta, intensa e concentrata nel tempo (vedi dopo), la malattia è imputabile a una causa lenta e si manifesta in maniera graduale e progressiva.

La causa che genera una malattia professionale, peraltro, deve essere in grado di produrre l’infermità in maniera esclusiva o prevalente, con la conseguenza che eventuali cause extra professionali possono solo concorrere a dar luogo alla malattia, ma non devono essere idonee da sole a generarla.

LE MALATTIE TABELLATE

Alcune particolari malattie, per la precisione 85 per il settore dell’industria e 24 per il settore agricolo, sono considerate presuntivamente collegate allo svolgimento di un’attività lavorativa e, in quanto tali, ricomprese automaticamente, al loro palesarsi, nella tutela assicurativa offerta dall’INAIL (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro) per le malattie professionali.

In sostanza, il lavoratore che sia affetto da una di tali malattie (cosiddette “tabellate”) non deve dimostrare di averla contratta in occasione di lavoro per poter beneficiare delle prestazioni dell’istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, in quanto tale circostanza è presunta.

LE MALATTIE NON TABELLATE

La tutela dei lavoratori rispetto alle malattie professionali, tuttavia, non è limitata a quelle che il legislatore ha inserito nelle apposite tabelle.

Per queste opera solo una presunzione di dipendenza dal rapporto di lavoro, ma tutte le malattie possono dare luogo alla tutela INAIL.

Nel caso in cui il lavoratore abbia contratto una malattia non comprese tra quelle tabellate (malattia cosiddetta appunto “non tabellata”), sarà però suo onere dimostrare che essa sia in rapporto causale con le condizioni di lavoro.

Solo fornita questa prova, egli potrà ottenere le relative prestazioni assistenziali di carattere economico, sanitario e riabilitativo.

COME OTTENERE LE PRESTAZIONI INAIL

Il lavoratore che abbia contratto una malattia professionale è tenuto a farne denuncia entro 15 giorni al datore di lavoro. Sarà poi quest’ultimo che, nei successivi 5 giorni, provvederà ad informarne l’INAIL.

Nella denuncia devono essere indicati sia la tipologia di malattia che il lavoratore ha contratto, che il momento in cui essa si è manifestata. Alla denuncia deve essere poi allegato il certificato medico in cui sia specificato il domicilio del lavoratore, il luogo di eventuale ricovero e la relazione dei sintomi della malattia.

Tuttavia, se il datore di lavoro effettua la denuncia per via telematica, il certificato medico deve essere inviato solo su espressa richiesta dell’istituto.

Una volta ricevuta la richiesta, l’INAIL avvia il procedimento amministrativo volto a verificare l’effettiva sussistenza della malattia e dei presupposti per concedere le prestazioni assistenziali, che sono le medesime previste per gli infortuni sul lavoro.

L’AGGRAVAMENTO DELLA MALATTIA

Può ben accadere che a seguito di accertamento della malattia da parte dell’INAIL, il lavoratore si aggravi.

In tal caso, egli ha la possibilità di effettuare una domanda di revisione ed essere così nuovamente sottoposto a visita.

La stessa facoltà è concessa all’INAIL, nei casi in cui abbia motivo di dubitare che la malattia si sia invece alleviata.

La revisione dell’indennizzo in capitale, in ogni caso, può avvenire una sola volta.

Ciò non toglie, tuttavia, che le domande di revisione possono essere presentate anche più volte, ma nel rispetto di termini determinati. Nel dettaglio, la prima domanda può essere presentata solo decorsi sei mesi dal termine dell’eventuale inabilità temporanea assoluta o un anno dal manifestarsi della malattia, mentre le domande successive sono proponibili a distanza di almeno un anno dalle precedenti.

In ogni caso, le domande di revisione possono essere presentate al massimo decorsi quindici anni dalla data di decorrenza della rendita, a eccezione delle rendite fruite dai medici e dai tecnici di radiologia per le malattie provocate dall’azione dei raggi X e delle sostanze radioattive, che possono essere sempre revisionate.

IL PRINCIPIO DI AUTOMATICITÀ DELLE PRESTAZIONI

Occorre da ultimo precisare che nel nostro ordinamento vige il principio di automaticità delle prestazioni in forza del quale il lavoratore, in caso di malattia professionale, ha diritto alle prestazioni assistenziali predisposte dall’INAIL, anche se il datore di lavoro non lo ha assicurato o non è in regola con i contributi.

Le tabelle INAIL per le menomazioni, la tabella per l’indennizzo del danno biologico, la tabella dei coefficienti.

GLI INFORTUNI SUL LAVORO

L’infortunio sul lavoro è quello che si verifica per causa violenta in occasione di lavoro, comportando, per il lavoratore, la morte, l’inabilità permanente assoluta o parziale al lavoro, l’inabilità temporanea totale per più di 3 giorni o un danno biologico.

LA CAUSA VIOLENTA E L’OCCASIONE DI LAVORO

Come accennato, un infortunio è indennizzabile dall’INAIL anzitutto se imputabile a una causa violenta. Si tratta, nei fatti, di un’aggressione esterna all’indennità psico-fisica del lavoratore, intensa e concentrata nel tempo. Non sono, invece, indispensabili i requisiti della straordinarietà, dell’accidentalità o dell’imprevedibilità del fatto lesivo.

Proprio le caratteristiche della causa violenta permettono di distinguere l’infortunio dalla malattia, caratterizzata, invece, da una causa lenta (vedi sopra).

La causa violenta deve, poi, verificarsi in occasione di lavoro. Ciò vuol dire che tra l’attività lavorativa e l’infortunio deve sussistere un rapporto, diretto o indiretto, di causa-effetto, senza che sia sufficiente che l’evento si verifichi durante il lavoro.

Se l’infortunio è connesso a una condotta riconducibile all’attività lavorativa, l’indennizzabilità non è compromessa dal comportamento imprudente, negligente o privo di perizia del lavoratore, mentre restano esclusi dalla tutela gli infortuni le cui conseguenze siano dolosamente aggravate dal lavoratore o che derivino dall’abuso di sostanze alcoliche e di psicofarmaci, dall’uso non terapeutico di stupefacenti e allucinogeni o dalla mancanza della patente di guida.

L’INFORTUNIO IN ITINERE

Si considera verificatosi durante il lavoro anche il cosiddetto infortunio “in itinere”, ovverosia quello che avviene durante il tragitto compiuto per raggiungere, dalla propria abitazione, il luogo di lavoro o quello compiuto per recarsi da un luogo di lavoro a un altro o, infine, quello necessario per la consumazione dei pasti in assenza di mensa aziendale.

Se l’infortunio si verifica durante eventuali deviazioni rispetto ai predetti tragitti, esso è risarcibile dall’INAIL solo se tali deviazioni siano necessarie per accompagnare i figli a scuola, conseguenza di una direttiva del datore di lavoro o dovute a causa di forza maggiore, ad esigenze assistenziali improrogabili o ad obblighi penalmente rilevanti. In caso di sosta il risarcimento è riconosciuto solo se essa sia breve e non alteri le condizioni di rischio.

Occorre tuttavia chiarire che il tragitto percorso con l’utilizzo di un mezzo privato è coperto dall’assicurazione solo se tale uso sia indispensabile, come ad esempio nel caso in cui il mezzo sia fornito o prescritto dal datore di lavoro per esigenze lavorative o nel caso in cui il luogo di lavoro non possa essere raggiunto, o non possa essere raggiunto in tempo utile, con l’utilizzo dei mezzi pubblici.

L’INDENNIZZABILITA’ DEL DANNO

Il danno derivante dall’infortunio sul lavoro è indennizzabile solo laddove sia di particolare rilevo e comporti, quindi, una riduzione della capacità lavorativa di almeno il 16%, un danno biologico quantificato in minimo 6 punti percentuali, un’inabilità assoluta temporanea al lavoro.

In particolare, se il danno permanente è:

– inferiore al 6%, non si ha diritto ad alcun indennizzo;

– di entità compresa tra il 6% e il 15%, si ha diritto all’indennizzo in capitale del danno biologico;

– di entità compresa tra il 16% e il 100%, si ha diritto a una rendita a titolo di indennizzo, sia del danno biologico, sia del danno patrimoniale.

L’INDENNITA’ GIORNALIERA PER LA INABILITA’ TEMPORANEA

Nel caso in cui dall’infortunio sia derivata al lavoratore un’inabilità al lavoro temporanea e assoluta, egli avrà diritto a un’indennità giornaliera corrisposta dall’INAIL a partire dal quarto giorno (i primi tre giorni sono a carico del datore di lavoro) e pari al 60% della retribuzione per i primi 90 giorni e al 75% dal novantunesimo giorno in poi.

Terminato il periodo di inabilità temporanea, il lavoratore è sottoposto a visita medico-legale dall’INAIL al fine di valutare la presenza di eventuali postumi.

LA RENDITA DIRETTA

Nel caso in cui dall’infortunio sia derivata al lavoratore un’inabilità permanente, assoluta o parziale, fino al 25 luglio 2000 egli aveva diritto ad una rendita corrisposta mensilmente.

Essa spetta ancora oggi ai lavoratori che abbiano subito un infortunio prima di tale data ed è subordinata alla circostanza che l’inabilità derivata fosse almeno pari all’11%.

La rendita è incompatibile con le pensioni di inabilità e gli assegni di invalidità erogati per il medesimo evento invalidante, ma è cumulabile con le pensioni di vecchiaia e di anzianità.

IL RISARCIMENTO DEL DANNO BIOLOGICO

Per gli infortuni avvenuti a partire dal 25 luglio 2000 è previsto il risarcimento, da parte dell’INAIL, del danno biologico subito dal lavoratore a seguito di infortunio sul lavoro.

Esso è influenzato nel suo ammontare dal tipo e dalla percentuale di menomazione che ne è derivata e soggiace alle stesse incompatibilità previste per la rendita diretta.

Bisogna quindi fare riferimento, congiuntamente, alla tabella delle menomazioni e alla tabella di indennizzo del danno biologico.

In particolare:

– se la menomazione è inferiore al 6% il danno biologico, come visto, non è riconosciuto;

– se la menomazione è compresa tra il 6% e il 15%, essa comporta l’erogazione di una somma in capitale, una tantum, influenzata anche dal sesso e dall’età del danneggiato;

– se la menomazione è superiore al 16% essa dà luogo a una rendita corrisposta tramite l’INPS e influenzata, nel suo ammontare, oltre che dalla percentuale di invalidità, anche dallo stipendio e da un coefficiente di maggiorazione.

In tale ultime ipotesi il lavoratore può anche ottenere il risarcimento del danno patrimoniale subito, calcolato riferendosi alla cosiddetta tabella dei coefficienti.

LA DENUNCIA DI INFORTUNIO

Il lavoratore è tenuto a denunciare immediatamente l’infortunio al datore di lavoro, il quale deve a sua volta denunciarlo all’INAIL entro due giorni.

In ogni caso per poter ottenere l’erogazione delle prestazioni, il lavoratore deve fare espressa domanda all’INAIL entro tre anni e centocinquanta giorni dall’evento dannoso, compilando un modulo scaricabile online o recandosi presso le sedi dell’istituto.

ALTRE PRESTAZIONI.

La tutela previdenziale prevede ulteriori prestazioni oltre a quelle fondamentali sopra analizzate.

Ad esempio, al lavoratore che benefici della rendita e, invalido al 100%, non sia in grado di far fronte autonomamente alle esigenze di vita quotidiana, spetta anche un assegno per l’assistenza personale continuativa.

E’ previsto, poi, un assegno di incollocabilità corrisposto al lavoratore che, a causa delle conseguenze riportate a seguito dell’infortunio, stimate in almeno il 34% di invalidità, non possa usufruire del sistema di collocamento obbligatorio.

E’ prevista infine la rendita corrisposta ai superstiti nel caso in cui dall’infortunio sia derivata la morte del lavoratore, da dividersi pro quota tra il coniuge e i figli, in mancanza tra gli ascendenti se a carico del defunto o, in subordine, a fratelli e sorelle conviventi e a carico del defunto.

Settembre 2015