Nei Paesi occidentali i sindacati stanno perdendo iscritti. Anche in Italia, secondo i numeri Ocse, assistiamo alla riduzione della sindacalizzazione: gli ultimi dati risalgono al 2019 e indicano la trade union density al 32,5%.
Il mondo del lavoro è sempre più eterogeneo e non facile da organizzare: cresce il numero dei lavoratori/lavoratrici qualificati, spesso da inserire sotto la voce “lavoro povero” e non collegati a categorie sindacali.
Di quale sindacato abbiamo bisogno?
Partiamo col dire che dove non c’è la contrattazione, dove c’era ma è stata abolita e dove ci sono i neoassunti c’è un’applicazione dei salari più bassi. Ed è da qui che dobbiamo iniziare a ragionare per aprirci a nuove rivendicazioni.
«Di certo abbiamo bisogno di più servizi sociali, che stanno diminuendo; di più assunti nel pubblico impiego e non di più esternalizzazioni; ripristinare la scala mobile e reindicizzare i salari con aumenti consistenti – spiega Angelo Pedrini del Sial Cobas – Per questo è fondamentale che le assemblee dei lavoratori diventino assemblee decisionali per capire insieme cosa andare a chiedere al padronato e cosa andare a chiedere al governo». L’intervento è disponibile integralmente sul canale YouTube del sindacato: LaborWeb .
Salari e contratti.
L’Ocse rileva che i salari in Italia hanno perso dal 1992 il 2,9%. In altri Paesi per i lavoratori è andata meglio. «Si tratta, in ogni caso, di un quadro che riassume i risultati del diverso sindacalismo e dell’azione collettiva espressa nei vari periodi sindacali – spiega Pedrini -. Si passa da 300 a oltre 900 contratti nazionali: alcuni definibili “pirata” politicamente e altri dalla magistratura definiti “incostituzionali” perché non rispettano un salario dignitoso (anche se sono firmati da sindacati maggiormente o comparativamente rappresentativi)».
L’Istat, inoltre, da molto tempo non rileva le ore di sciopero, in calo pressoché ovunque. Le 10 ore di assemblea non vengono utilizzate nei luoghi di lavoro, e i lavoratori quando va bene vengono informati dell’andamento delle trattative e chiamati a scioperare quasi sempre, però, senza poter decidere sugli obiettivi della lotta.
Quanto alla contrattazione, che porta con sé sia elementi positivi che negativi, Pedrini è chiaro: «Meglio la indicizzazione e gli aumenti uguali per tutti, quelli inversamente proporzionali che hanno portato a casa negli Usa per ridurre il differenziale con i salari dei giovani e neossunti? E meglio tra gli indici rilevati dall’Istat quello FOI (Famiglie Operai e Impiegati) o quello IPCA (Armonizzato) e quello IPCA NEI (che esclude dal calcolo i beni energetici)? Oppure premio di risultato, di partecipazione ovvero un’erogazione incerta e variabile con il criterio della presenza che colpisce i malati, della produttività? Detassati che influiscono negativamente sui servizi sociali e/o in welfare che ti costringe a spendere dove loro fanno le convenzioni che non è salario e quindi non pensionabile?».
Parliamone insieme al convegno ‘Poverə noi’ che si terrà sabato 9 novembre a Palazzo Moroni di Padova, in via del Municipio 1. La giornata, organizzata da Adl Cobas, Clap, Cobas Lavoro Privato e Sial Cobas, sì svolgerà dalle ore 10 alle 13 e dalle ore 14.30 alle 17.