Videosorveglianza senza autorizzazione: sanzioni e procedura ispettiva
Di Roberto Camera – Funzionario del Ministero del lavoro
dal sito IPSOA
L’ispettore del Ministero del lavoro, una volta verificata l’installazione di impianti audiovisivi in assenza di un preventivo accordo con le organizzazioni sindacali o dell’autorizzazione rilasciata da parte della Direzione territoriale del lavoro, deve impartire una prescrizione all’impresa inadempiente. Nel verbale ispettivo dovrà essere fissato un termine per la rimozione degli impianti illegittimamente installati. Per limitare l’applicazione della sanzione penale, l’azienda potrà, nel frattempo, siglare l’accordo o richiedere l’autorizzazione ministeriale. Quali sono gli adempimenti in caso di controlli a distanza su strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa o di registrazione degli accessi e delle presenze?
Il Ministero del Lavoro ha fornito, con la nota n. 1241 del 1° giugno 2016, alcuni chiarimenti in merito agli aspetti sanzionatori applicabili in caso di accertamento, da parte degli organi di vigilanza, dell’installazione di impianti audiovisivi, dai quali possa derivare anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori in orario di lavoro, privi del prescritto accordo sindacale o dell’autorizzazione da parte della Direzione del Lavoro territorialmente competente (art. 4, legge n. 300/1970). La nota è di sicuro interesse al fine di chiarire alcuni aspetti controversi della normativa. In particolare, con riguardo al provvedimento di prescrizione impartito qualora venga violata la normativa di riferimento.
Requisiti e condizioni
Partiamo dal fatto che l’installazione di un impianto di videosorveglianza non può avvenire in assenza di uno specifico accordo con le organizzazioni sindacali o, in mancanza di esso, dell’autorizzazione rilasciata da parte della Direzione del Lavoro territorialmente competente. Inoltre, potranno essere installati ed utilizzati esclusivamente:
– per esigenze organizzative e produttive,
– per la sicurezza del lavoro,
– per la tutela del patrimonio aziendale.
Viene violata la norma anche per il solo fatto di aver installato le apparecchiature senza averle successivamente attivate. Infatti, secondo il Ministero del lavoro, “La condotta criminosa è rappresentata dalla mera installazione non autorizzata dell’impianto, a prescindere dal suo effettivo utilizzo” (Cass. Penale n. 4331/2014, “l’idoneità degli impianti a ledere il bene giuridico protetto, cioè il diritto alla riservatezza dei lavoratori, necessaria affinché il reato sussista … è sufficiente anche se l’impianto non è messo in funzione, poiché, configurandosi come un reato di pericolo, la norma sanziona a priori l’installazione, prescindendo dal suo utilizzo o meno”).
Addirittura, il Ministero evidenzia la possibilità di sanzionare l’azienda anche qualora vengano montate, senza le prescritte regole, telecamere “finte” montate al solo scopo dissuasivo.
La stessa Autorità Garante della Privacy ha più volte ribadito la illegittimità dell’installazione di un impianto di videosorveglianza senza l’accordo con le rappresentanze sindacali o, in subordine, l’autorizzazione rilasciata dalla Direzione Territoriale del Lavoro.
Sanzioni in caso di violazione
In caso di violazione al disposto legislativo, viene prevista una sanzione penale (ammenda) che va da 154,00 a 1.549,00 euro ovvero l’arresto da 15 giorni ad un anno (art. 38 della legge n. 300/1970), salvo che il fatto non costituisca reato più grave.
Attività degli ispettori
Ma quale è la procedura che il Ministero del Lavoro impartisce ai propri ispettori del lavoro in caso di verifica circa l’omesso accordo sindacale o richiesta autorizzatoria alla Direzione del Lavoro?
L’ispettore, una volta verificata l’installazione di impianti audiovisivi a fronte di un mancato accordo con le organizzazioni sindacali ovvero in assenza dell’autorizzazione rilasciata da parte della Direzione del Lavoro, deve impartire una prescrizione ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. n. 758/1994 al fine di far cessare la condotta illecita e far rimuovere gli impianti audiovisivi stessi. Tali adempimenti, una volta effettuati potranno eliminare la contravvenzione accertata.
All’interno del verbale ispettivo dovrà essere altresì fissato un termine per il ripristino della legalità e quindi per la rimozione degli impianti illegittimamente installati. Il termine dovrà essere “congruo”, in ragione dell’effettivo tempo tecnico realmente necessario per la disinstallazione degli impianti audiovisivi.
Al fine di limitare la sanzione penale, l’azienda potrà, nel frattempo, siglare l’accordo sindacale o richiedere il rilascio dell’autorizzazione ministeriale. Infatti, qualora nel periodo di tempo fissato dall’organo di vigilanza per lo smontaggio delle apparecchiature, venga siglato l’accordo sindacale ovvero venga rilasciata l’autorizzazione della competente Direzione territoriale del lavoro, venendo meno i presupposti oggettivi dell’illecito, l’ispettore potrà ammettere “il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di 30 giorni, una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilità per la contravvenzione commessa” (art. 21 d.lgs. n. 758/1994).
Inapplicabilità della procedura
Per completezza di informazione, la disposizione generale, relativa alla richiesta di autorizzazione ministeriale o di accordo sindacale, non si applica nei seguenti casi:
– agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa
– agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
L’impresa potrà assegnare a un dipendente un pc, un tablet, uno smartphone ecc. (se utili per prestare l’attività lavorativa) e potrà anche controllare – a posteriori – che tali strumenti vengano utilizzati nel rispetto delle disposizioni aziendali, senza per questo dover ottenere il previo consenso.
Si ricorda che sono, assolutamente vietati, controlli di natura “massiva”, indiscriminati e continui e non strettamente legati alla prestazione svolta dal dipendente.
In queste ipotesi, va rivista la modulistica per la policy aziendale, con una mappatura degli strumenti aziendali che rientrano tra gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa. Una volta mappati gli strumenti, va predisposta la documentazione utile a provare la loro «inerenza» con l’attività lavorativa.
Le informazioni raccolte attraverso detti strumenti sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione sulle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli. L’informativa va fatta per iscritto e firmata dal dipendente per ricevuta.
L’informazione preventiva dovrà far riferimento:
– agli estremi identificativi del responsabile del trattamento,
– alle modalità di utilizzo dello strumento,
– alle modalità di effettuazione dei controlli,
– alla possibilità per l’interessato di accedere ai dati,
– ai soggetti che possono venire a conoscenza dei dati stessi ed al loro ambito di diffusione,
– alle conseguenze legate al rifiuto di forme di controllo.
L’informativa rappresenta la “conditio sine qua non” ai fini della legittimazione di ogni controllo.
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