Un invito ai lavoratori di Ikea a votare NO al referendum sull’accordo concluso dai Confederali. Da Il Sindacato è un’Altra Cosa.
Ci si poteva e ci si doveva aspettare molto di più vista la grande partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori Ikea alle grandi e colorate mobilitazioni in difesa del contratto integrativo disdettato dalla direzione aziendale. Invece ha prevalso ancora una volta il pragmatismo delle organizzazioni sindacali confederali e la loro fretta di chiudere il contenzioso con il colosso Svedese. Il risultato è disastroso sotto ogni punto di vista. La multinazionale ottiene l’obbiettivo di fondo che si era prefissato disdettando tutta la contrattazione: ridurre drasticamente il costo del lavoro, soprattutto in prospettiva, e cancellare buona parte della contrattazione.
Il doppio regime normativo e economico si rafforza e sia estende. Il prezzo più alto lo pagheranno i neoassunti su cui si scarica per intero il falcione aziendale: cancellato loro il premio aziendale, unica quota certa e garantita di salario; per i primi due anni di anzianità non percepiranno nessuna maggiorazione per il lavoro domenicale, domenicale natalizio e festivo. Nell’ipotesi in cui il neoassunto lavori in un nuovo punto vendita il suo percorso per ottenere la parità di trattamento economico sulle maggiorazioni, con i colleghi già in forza, durerà ben 7 anni, 4 per la moratoria contrattuale che, grazie ad un accordo, concede a Ikea di non applicare la contrattazione aziendale per i primi 4 anni in un nuovo punto vendita, e altri 3 di progressione remunerativa delle percentuali sulle maggiorazioni senza tuttavia la certezza di raggiungerla in quanto viene riconosciuta solo se il bilancio economico del singolo punto vendita e’ in attivo altrimenti si salta un giro. Il gioco dell’oca sulla pelle di chi lavora!!
Tuttavia, con un particolare senso di giustizia, le condizioni economiche vengono drasticamente peggiorate per l’insieme dei lavoratori. Il premio aziendale in quota fissa abbiamo detto scompare per i neoassunti, ma come voce salariale scompare del tutto, sancendo così la fine di una storia salariale. Ai lavoratori in forza con oltre due anni di anzianità verrà riconosciuto l’importo per intero ma trasformato in super minimo individuale non assorbibile. Ai lavoratori già in forza da meno di due anni in nuovi punti vendita verrà riconosciuta solo una quota del premio, proporzionale all’anzianita’ aziendale, ma solo dopo la moratoria di 4 anni e i due di anzianità!!!
Parimenti le maggiorazioni per lavoro domenicale, domenicale natalizio e festivo vengono parificate al 60%, al ribasso, per tutti. Abbassando in tre anni le percentuali a chi beneficiava di un 60% aggiuntivo “congelato” e elevando chi oggi era a zero in quanto impiegato in punti vendita nuovi, quindi non assoggettati alla contrattazione, ma solo dopo i 4 anni di moratoria e ulteriori 3 con un più 20% ogni anno.
Il trattamento economico delle domeniche natalizie passa dalla maggiorazione del 100% a quella del 75%. Anche il trattamento economico delle domeniche festive viene tagliato pesantemente, dal 100% all’80%.
Sulla volontarietà del lavoro domenicale viene sancita una disparità di trattamento, sia generazionale che territoriale, nel senso che per i lavoratori assunti prima del 31.08 2000 e nei punti vendita di Bologna, Brescia, Carugate, Corsico e Torino viene confermata la volontarietà della prestazione domenicale e la possibilità, per chi non aderirà a T.IM.E. Di effettuare il censiumento nelle modalità previste nei singoli store.
In sostanza il contratto peggiora le condizioni di tutte le lavoratrici e i lavoratori Ikea. Sbaglia chi pensa che così si sia salvata la contrattazione aziendale. Se la contrattazione abbassa i salari e i diritti, se il sindacato si piega alla pretese padronali la contrattazione serve alla imprese non ai lavoratori. Questo accordo distante e avverso dalle speranze dei lavoratori va bocciato e vanno riaperte le trattative, non è accettabile il doppio regime tra lavoratori, il salario di ingresso. Il lavoro ha pari dignità e ha diritto a pari trattamento. Ogni differenza crea divisione, indebolisce e consente al padrone di passare. Non mettiamo il lavoro in saldo!
AL REFERENDUM VOTA NO