Scioperi e finanziaria

Perché partecipare agli scioperi del 17 e 24 novembre.

Il 17 novembre ci sarà un “incrocio” di giornate di mobilitazioni contro le politiche del governo Meloni. Usb ha proclamato e lanciato anzitempo una giornata di sciopero generale dei lavoratori pubblici. Cgil e Uil, da parte loro, hanno annunciato lo sciopero dell’intera giornata per i dipendenti pubblici, per i lavoratori della scuola e per il Trasporto locale e per il privato del centro Italia.

A questo si aggiunge la giornata di mobilitazione degli studenti lanciata da diverse organizzazioni studentesche (rete della conoscenza, Link, Uds e Udu) già in agitazione dall’estate sui temi del diritto allo studio ed in particolare del diritto all’abitare per gli studenti fuorisede.

Nessuna delle giornate di mobilitazione proclamata dalle diverse organizzazioni sindacali è passata effettivamente al vaglio di una vera discussione su piattaforme e contenuti rivendicativi nei luoghi di lavoro.

La Cgil ha sì organizzato una consultazione tra iscritti ed iscritte nelle scorse settimane, ma su una piattaforma assolutamente generica, per niente vincolante sui contenuti, ancorata all’approccio (sbagliato e parziale, a nostro giudizio) dell’ampliamento delle risorse per il cuneo fiscale e comunque mancante delle rivendicazioni alle imprese, al padronato su salri e indicizzazioni per difendersi dagli aumenti dei prezzi.

Usb ha deciso di lanciare la propria scadenza, a fronte certo dell’assenza di risposte in questa finanziaria da parte del Governo sul rifinanziamento dei contratti dei dipendenti pubblici.

Quindi vi è una modalità confusa e piattaforme generiche e non confrontate né verificate con lavoratori e lavoratrici, in queste convocazioni di più giornate di lotta.

Ma nonostante questo pensiamo che ci siano tante ragioni per convergere su quelle date, per utilizzarle, per attraversarle, come si dice oggi, con contenuti rivendicativi chiari e netti che rispondano alle esigenze di lavoratori e lavoratrici e per far pesare le insoddisfazioni.

Semplicemente perché questo governo, con la sua manovra economica sceglie di gestire una nuova fase di pesante austerità contro il lavoro salariato e le classi popolari in generale.

Il governo Meloni aveva cominciato questa estate a colpire quello che rimaneva del vecchio “decreto dignità” allargando le causali per prorogare più volte i contratti a termine, anche quelli a brevissima scadenza, ed aggiungendovi il carico da novanta di un’estensione dell’uso dei voucher.

Ha poi continuato massacrando il reddito di cittadinanza, oggi praticamente cancellato, e colpendo quindi direttamente il livello di vita, di esistenza di strati popolari soprattutto nelle regioni meridionali di questo paese. A queste scelte, si è aggiunto il muro alzato da questo governo nei confronti di qualunque proposta di definizione di un salario minimo per legge.

Per arrivare adesso con questa Finanziaria ad un definanziamento importante della spesa sociale per la sanità pubblica, incentivando di fatto ulteriormente il ricorso a quella privata, e stanziando risorse inadeguate per il contratto dei lavoratori pubblici.

Ma la ciliegina sulla torta è costituita dall’attacco pesante alle pensioni pubbliche. Modificando il coefficiente di valutazione delle pensioni di alcune categorie-medici, maestre di asilo e lavoratrici della scuola parificata, dipendenti degli enti locali, quasi 700.000 persone- e passando retroattivamente quindi tutti e tutte queste tipologie di lavoratori e lavoratrici al sistema contributivo. C’è anche il rischio che con la quota 103 si superi il sistema misto per tutti. Il taglio degli assegni pensionistici nei prossimi anni e in divenire sarà molto pesante.

A questo si aggiunge anche l’anticipo di due anni dell’innalzamento dell’asticella dell’aspettativa di vita un altro modo di ridurre il valore delle pensioni in uscita. Un altro colpo pesante per chi vedrà allontanarsi ulteriormente la data dell’agognato pensionamento. Si tratta di una piena continuità con la macelleria sociale praticata da tutti i governi precedenti, in particolare quelli che avevano gestito le politiche economiche e sociale negli anni pre-Covid. La Meloni dimostra così quali siano i suoi riferimenti certi, al di là delle chiacchiere elettorali: la Confindustria e l’Unione Europea, con le sue politiche di rigore di bilancio e di rientro dal debito, fatte pagare alle classi popolari.

Tutto ciò rende necessaria e urgente una risposta sindacale di lotta e mobilitazione.

Capace di rimettere al centro i contenuti rivendicativi avanzati da più parti, dentro diverse vertenze, nell’ultima fase: forti aumenti salariali, ripristino di un meccanismo di indicizzazione per salari e pensioni per difendersi dal carovita, difesa ed estensione del reddito di cittadinanza, riduzione di  orario a parità di salario per una occupazione di qualità, massicci investimenti pubblici nel rilancio della spesa sociale e in particolare per la sanità pubblica, un vero piano di riconversione ecologica dell’economia e dell’intera società per contrastare le conseguenze della catastrofe climatica che incombe su  tutti e tutte noi.

E naturalmente oggi con ancora più forza, nessun taglio ulteriore al rendimento delle pensioni pubbliche.

Lo dobbiamo a noi stressi, ai lavoratori più anziani ma anche alle giovani generazioni che per vedere una pensione pubblica decente si dovranno rilanciare le lotte oltre le giornate programmate mentre si discute la finanziaria.