GKN: Lettera aperta

Lettera aperta ai lavoratori GKN e ad altri

Continuità produttiva affinché nessun posto di lavoro vada perso.

I licenziamenti GKN che trascinano anche i lavoratori delle aziende collegate costringono tutte/i a vedersi passare davanti agli occhi e in mente il mondo??

La disponibilità alla lotta e la solidarietà possono fare la differenza ma servono obiettivi precisi.

Il sindacato SIAL-Cobas con questo contributo vuole provare a mettere in fila alcune difficoltà ed esperienze che possano diventare utili. Il giro dei sette tavoli (Mise, Ministero del Lavoro, Regione, ecc.) prevede con le leggi attuali il possibile ritiro dei licenziamenti e in sostituzione una cassa integrazione di un anno per cessata attività. E’ di fatto prolungare l’agonia con la fabbrica e lavoratori fermi.

L’obiettivo principale può essere la continuità lavorativa? Nel caso di sovrapproduzione nel settore si dovrebbe andare alla riduzione d’orario (anche eventualmente con i contratti di solidarietà). In questo caso i posti di lavoro sono salvaguardati. Non si convince la proprietà attuale?? Ma se ne può trovare un’altra (??).

La condizione principale è il funzionamento degli impianti e la ripresa delle produzioni che vuol dire attivare tutte le funzioni aziendali (dalle vendite al rapporto con i fornitori). Sicuramente cosa complicata ma senza la quale i rapporti di forza sono più deboli. C’è differenza tra produrre, e vendere in autogestione o cooperativa, lavatrici, semiassi o tortellini. Ma ognuno deve fare il pane con la farina che ha e non c’è alternativa al partire dalla realtà concreta.

Alcune esperienze lombarde (la presenza costante di sigle sindacali extraconfederali non è stata irrilevante; certamente un certo modo di fare sindacalismo ha trascinato anche altri di altre sigle).

Maserati: la legge sui licenziamenti collettivi del 1991 è stata testata sulla loro pelle e senza un accordo di ricollocazione durante i tre anni di mobilità si è mantenuto un ritmo di mobilitazioni verso la Prefettura e le altre istituzioni e a forza di cortei al giorno di paga si concluse con la assunzione degli ultimi rimasti dentro le aziende partecipate del Comune di Milano (AEM, ATM e AMSA).

Cino del Duca: cessa attività e chiude lo stabilimento. A partire da un solo iscritto alla FLIUniti-CUB si cercarono a partire dal turno notturno i lavoratori non iscritti e il giorno dopo c’erano 59 nuovi tesserati. Al corteo davanti alla Regione c’erano oltre 100 lavoratori e molte bandiere. La trattativa si concluse dopo alcuni incontri con al tavolo tre imprenditori del settore grafico che si impegnavano ad assumere nel triennio l’80% dei licenziati. Un accordo che non lasciò nessuno licenziato alla fine del percorso.

Marzorati Trasmissioni Industriali: i lavoratori cercano anche un sindacato di base per affrontare la fase difficile con cassa integrazione ordinaria in corso. Una parte della proprietà e il dirigente sono per la chiusura un’altra parte possibilista. Alla dichiarazione di cessazione di attività viene attivato il tavolo regionale per la procedura di consultazione. Con i lavoratori si decide che si darà continuità alla produzione e non si accetterà la chiusura. L’incontro in associazione piccole imprese si chiude con minacce di lacrime e sangue. L’incontro in Regione si chiude con l’incredulità del funzionario, con il mancato accordo e la dichiarazione sindacale che ci si opporrà a tutti i livelli. La produzione, il rapporto con clienti e con i fornitori è proseguito. Agli ostacoli frapposti dal dirigente si è posto fine in modo semplice e definitivo: al rientro dal pranzo si è trovato un muro di ferro alto 2 metri di diversi quintali davanti al suo ufficio. Il sindacato mandò al Ministero del lavoro di Roma la contestazione della cassa integrazione e alla fine la azienda confermò che non era mai stata utilizzata. Grazie alla compattezza tra i lavoratori si è passati attraverso un affitto di ramo d’azienda, dal fallimento con una gestione di cassa integrazione e di distacco rigorosamente al 50% per tutte le funzioni. La società è ancora in piedi, i prodotti si vendono. I lavoratori sono stati molto tempo dopo divisi da manovre del nuovo padrone (e con il Jobs Act in vigore). Ma come si dice la lotta di classe non è mai finita.

Si può dire che la base essenziale è l’unità e la determinazione dei lavoratori e la presenza di un sindacato di base o extraconfederale non firmatario non guasta anzi aiuta. Un invito a chi non è convinto e/o non si fida dei soliti sindacati.

L’alternativa in una sola azienda è importante, e la sosterremo fino in fondo, ma non fa primavera. La piena occupazione, il ritiro dei licenziamenti stanno in piedi meglio se parte una lotta più generale per la riduzione dell’orario di lavoro.

La riforma degli ammortizzatori sociali universale è ancora in gestazione e quel che servirebbe è una integrazione di almeno 1.000 euro o, come una volta, l’80% dello stipendio reale e un blocco dei licenziamenti prolungato, il passaggio all’utilizzo dei contratti di solidarietà e programmi che trasformino in concrete le “politiche attive del lavoro” prevedendo di accompagnare il passaggio da posto di lavoro a posto di lavoro e non con la sola formazione e il finanziamento e a enti privati che non possono fare miracoli creando posti di lavoro. trasformino in concrete le “politiche attive del lavoro” prevedendo di accompagnare il passaggio da posto di lavoro a posto di lavoro e non con la sola formazione e il finanziamento e a enti privati che non possono fare miracoli creando posti di lavoro.

A buon rendere

lì, 29 luglio 2021