Proteste. Tatatouine, tra le regioni più povere del paese, si infiamma a tre anni dalla promessa non mantenuta di posti di lavoro. Duri scontri tra manifestanti e polizia, lunedì sciopero generale del sindacato
da Il Manifesto
Resta alta la tensione a Tatatouine, nel sud delle Tunisia, dopo i violenti scontri di domenica tra i manifestanti e le forze di polizia che hanno sparato gas lacrimogeni per disperdere le proteste a cui è seguito lo sciopero generale di lunedì.
Decine gli arresti con i manifestanti che hanno risposto con lancio di pietre, blocchi stradali e l’assalto con molotov a una stazione di polizia.
IN UN CONSIGLIO straordinario di ieri, presieduto dall’attuale primo ministro Elyes Fakhfakh, il governo ha deciso di schierare l’esercito in tutta la regione, anche se ha dichiarato che “le proteste del movimento El Kamour (dal nome del sito di produzione petrolifera) sono legittime, ma devono rientrare in manifestazioni non violente nel rispetto della legge” e che “farà di tutto per attuare l’accordo siglato”.
Da diverse settimane sono riprese le proteste e i sit-in con gli abitanti che richiedono l’attuazione dell’accordo, concluso dopo mesi di lotte nel 2017 (scontri, decine di arresti e la morte di un giovane, Anouar Sakrafi, investito da un veicolo della Guardia nazionale), che prevede l’impiego di migliaia di lavoratori disoccupati della regione, tra le più povere del paese con un tasso di disoccupazione che sfiora il 40%.
LA SCINTILLA È SCATTATA quando le autorità hanno arrestato Tarek Haddad, leader del movimento, nella notte tra sabato e domenica con l’accusa di “attentato contro lo Stato”, su richiesta del governatore di Tataouine, Adel Ouerghi, che considera le proteste “illegali, violente e dannose perché bloccano la produzione”.
Nel 2017 per risolvere la crisi l’allora governo di Youssef Chahed aveva chiesto aiuto al Sindacato generale del lavoro tunisino (Ugtt) per trovare un compromesso con i manifestanti.
L’accordo, siglato nel giugno 2017, prevedeva “il finanziamento del fondo di sviluppo e investimento di 80 milioni di dinari all’anno (24 milioni di euro, ndr), l’assegnazione di 1.500 persone nelle compagnie petrolifere e l’integrazione di 3mila lavoratori, secondo un calendario in tre fasi, alla Società tunisina per l’ambiente”.
Dopo tre anni, nessuno dei termini dell’accordo è stato rispettato. Lo stesso Haddad, intervistato su una radio locale, aveva affermato che “solo 60 persone erano state assunte” e che, per il movimento, “era necessario mobilitarsi nuovamente con tutti i mezzi per recuperare la ricchezza usurpata dalle lobby”.
LA FILIALE UGTT di Tatatouine ha convocato “uno sciopero generale” in tutta la regione e ha accusato il governo locale di aver usato “una forza eccessiva e ingiustificata”, condannando l’incarcerazione di Haddad. Il sindacato ha attaccato il partito islamista Ennahdha, che in questa regione ha uno dei suoi feudi, di “aver usato le proteste a fini elettorali e di aver perso la fiducia dei residenti”.
“Il governo ha infranto i suoi impegni con i manifestanti (…) Lo abbiamo spinto ad attuare i termini dell’accordo del 2017, ma dopo tre anni ancora niente”, ha affermato il rappresentante locale dell’Ugtt, Adnen Yahyaou.
“L’accordo – ha aggiunto Yahyaou – deve essere una priorità per il governo Fakhfakh perché la situazione può peggiorare, soprattutto in questo periodo di difficoltà economiche e sociali aggravate dall’epidemia di Covid-19”.