Sial Cobas: occorre un “permesso retribuito di quarantena” per i lavoratori costretti a restare a casa senza lavorare

Alle istituzioni, ai partiti e al parlamento, ai sindacati e alle lavoratrici e lavoratori

Ammortizzatore sociale nuovo: il reddito di quarantena!

Quali trattamenti per i lavoratori che dovranno, loro malgrado, restare a casa senza andare a lavorare?

Il problema riguarda chi è costretto a non prestare la propria attività lavorativa per limitazioni decise dalle autorità o dalle aziende. Queste giornate dovranno essere assenza giustificata e retribuita per i dipendenti diretti e per chi è in subappalto e/o presta servizi anche con lavoro a chiamata.

Il reddito dei lavoratori è un interesse generale e sociale che va salvaguardato attraverso un nuovo strumento di ammortizzatore sociale che dia una integrazione salariale da decidere dopo aver consultato le parti sociali.

E allora noi ci proviamo:

  • la prima soluzione è stanziare un fondo per un “permesso retribuito di quarantena” a carico dello stato che garantisca il reddito (eventualmente il reddito medio del mese precedente per chi è in condizione di precarietà);
  • in alternativa parlando di ammortizzatori sociali potrebbe essere ripristinata per la durata di sei mesi la Cassa Integrazione in Deroga con la motivazione “reddito di quarantena e/o evento imprevisto e imprevedibile” con la integrazione all’80% del salario realmente percepito portando così il netto oltre il 90%. Attualmente applicando i massimali della cassa integrazione ai lavoratori con retribuzione mensile superiore ad € 2.159,48 (compresi i ratei delle mensilità aggiuntive): spettano al mese euro 1.199,72 lordi che, al netto dei contributi inps del 5,84%, sono pari ad euro 1.129,66. E tolte le tasse al 23% la paga oraria integrata diventa di circa 6 euro netti all’ora. Per i redditi più bassi la paga oraria della cig sarebbe di 5 euro). Per avere una integrazione al reddito civile e sostenibile perlomeno non si devono applicare i massimali.

Altre soluzioni senza correttivi sono e sarebbero penalizzanti e discriminanti:

  • la malattia discrimina e divide perché non è pagata al 100% in tutte le categorie ed inoltre rischia di portare prima alla fine del periodo di salvaguardia (il cosiddetto comporto) del posto di lavoro (che andrebbe in ogni caso neutralizzato/azzerato dai conteggi anche per i malati);
  • la cassa integrazione ordinaria non è disponibile per tutti i settori riguarda sostanzialmente la industria e similari ma le causali andrebbero riviste e allargate ad hoc ed inoltre si consumerebbe indebitamente il periodo massimo previsto nei 5 anni. In altri casi potrebbe essere già stato consumato per le crisi in atto;
  • il FIS (la cosiddetta cassa integrazione per le piccole aziende) ha ancora più limiti;
  • le ferie, la riduzione dell’orario sarebbero a carico dei lavoratori che non possono essere toccate senza creare molti problemi e discriminazioni.

In ultimo si potrebbe pensare ad una forma di copertura anche per chi emerge dal lavoro nero che sicuramente esiste anche nelle cosiddette zone soggette a limitazioni da parte delle autorità. Il lavoro necessario se e quando riprenderà non più in nero sarà elemento di miglioramento sociale e individuale. Certamente il costo sociale e umano di questa situazione sarà pesante ma in primis si deve far lavorare in condizioni di sicurezza chi lo deve fare come i servizi sanitari e altri e dall’altra parte si devono creare le condizioni con provvedimenti che garantiscono redditi e tranquillità.

Il SIAL-Cobas chiede alle istituzioni, ai partiti e al parlamento un intervento tempestivo ma anche realmente innovativo che invece di estendere gli attuali ammortizzatori sociali inadeguati valuti proposte come queste tese ad evitare di creare discriminazioni e non si lascino scoperti i più deboli senza le necessarie coperture di reddito.

Lì, 25 febbraio 2020