Allarme Oms: oltre 500mila infezioni resistenti agli antibiotici. Occorre un'”alfabetizzazione sanitaria” dei cittadini

GLASS, mappa dei Paesi aderenti al programma di sorveglianza globale degli antibiotici

Allarme Oms: oltre 500mila infezioni resistenti agli antibiotici

Sono 500mila i casi di infezioni dovute alla resistenza agli antibiotici in 22 paesi del mondo. Un vero e proprio boom. Secondo il primo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla antibiotico-resistenza

L’allarme era arrivato dall’Onu nel 2016. E oggi sono i dati che emergono al primo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) a riportare l’attenzione sul fenomeno, perché oltre mezzo milione di persone sono state colpite da infezioni resistenti agli antibiotici, dalla e.coli allo stafilococco aureo. Ma la stima è molto inferiore ai dati reali. Ad oggi, infatti, sono disponibili solo i dati relativi a 22 Paesi (Bahrain, Bosnia and Herzegovina, Canada, Egypt, Finland, Georgia, Germany, Japan, Latvia, Lebanon, Madagascar, Malawi, Norway, Philippines, Republic of Korea, South Africa, Sweden, Switzerland, Thailand, FYR Macedonia, Tunisia, Zambia). Inoltre nel computo non rientrano i casi di resistenza a infezione da tubercolosi (Tbc).

Il sistema di sorveglianza Global Antimicrobial Surveillance System (GLASS) è stato lanciato dall’Oms nell’ottobre 2015 per far fronte a un’emergenza crescente, quella di super batteri che non rispondono agli antimicrobici normalmente utilizzati per debellarli. Tra i pazienti con sospetta infezione resistente, la percentuale di quelli con batteri resistenti ad almeno uno degli antibiotici più comunemente utilizzati variava enormemente tra i diversi paesi, da zero all’82%. La resistenza alla penicillina, la medicina usata per decenni in tutto il mondo per trattare la polmonite, variava da zero al 51% tra i paesi segnalanti. I dati “sono preoccupanti soprattutto perché i patogeni non rispettano i confini nazionali”, sottolinea Marc Sprenger, direttore del Segretariato della resistenza antimicrobica dell’Oms.

Ad oggi, 52 paesi (di cui 25 ad alto reddito) sono iscritti al sistema GLASS. Ma per il primo rapporto, solo 40 hanno fornito informazioni sui loro sistemi di sorveglianza nazionali e solo 22 hanno anche fornito dati sui livelli di resistenza.

I batteri resistenti più comunemente riportati sono stati Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Staphylococcus aureus e Streptococcus pneumoniae. Non sono inclusi però i dati sulla resistenza del batterio che causa la tubercolosi (TBC), dal momento che l’OMS fornisce aggiornamenti annuali in un rapporto specifico. Secondo quest’ultimo, nel 2016 sono stati almeno 490mila i casi di TBC multiresistente, da aggiungere quindi al computo totale.

Forse bisognerebbe cominciare a parlare di “alfabetizzazione sanitaria”, ovvero dell’insieme di conoscenze che migliorano la capacità delle persone di elaborare informazioni che consentano loro di vivere in modo salutare. Si provi a fare un esercizio indicando se sono vere o false le seguenti affermazioni (la risposta corretta per l’autovalutazione alla fine dell’articolo).

  • Gli antibiotici sono efficaci contro i virus: vero o falso?
  • Gli antibiotici sono efficaci contro raffreddore e influenza: vero o falso?
  • L’uso inappropriato di antibiotici li fa diventare inefficaci: vero o falso?
  • Gli antibiotici possono causare effetti collaterali indesiderati come la diarrea: vero o falso?

L’esercizio è stato proposto a un campione di circa 28mila europei (mille circa gli italiani) nell’ambito di una indagine sull’uso degli antibiotici pubblicata dalla Commissione europea l’anno scorso. L’indagine di Eurobarometro rientra nel piano di azione sviluppato dalla Direzione generale sanità della Commissione contro la resistenza antimicrobica, in parole povere il rischio che si sviluppino microbi e batteri resistenti agli attuali germicidi, che ovviamente rappresenta un problema rilevante per la salute pubblica. L’Italia non ci fa una bella figura: in termini di consumo, misurato dalla percentuale degli intervistati che dichiarano di aver utilizzato antibiotici negli ultimi dodici mesi, siamo quarti con il 43 per cento, dietro a Malta, Spagna e Irlanda. Facciamo peggio della media europea (34 per cento) e siamo molto distanti dai primi della classe, i paesi del nord come la Svezia (18 per cento), l’Olanda (20 per cento), la Danimarca e la Germania (23 per cento).

A parere degli esperti dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), in base a uno studio di qualche anno fa, il consumo inappropriato in eccesso potrebbe addirittura raggiungere il 40 per cento; e non si fa fatica a crederlo considerando i numeri dell’Eurobarometro. Le differenze regionali sono tuttavia notevoli: lo scostamento tra il benchmark teorico e il consumo effettivo supera il 100 per cento per la Campania ed è superiore all’80 per cento per Puglia, Calabria e Sicilia; all’estremo opposto la Liguria, con uno scostamento di poco superiore all’1 per cento, e il Veneto, dove non si arriva al 4 per cento.

Una delle ragioni che quasi certamente contribuisce a spiegare gli usi inappropriati è il livello di conoscenza degli effetti e dell’efficacia degli antibiotici. Non ci facciamo una bella figura neanche da questo punto di vista. Prendiamo i quattro quesiti proposti sopra: al primo, risponde correttamente il 28 per cento degli italiani, contro una media europea del 43 per cento e il 72 per cento degli svedesi. Per la seconda, le risposte corrette a livello nazionale sono solo il 49 per cento; la media europea è al 56 per cento e olandesi, finlandesi e naturalmente gli svedesi al 79 per cento. Sulla terza, forse la più rilevante nell’ambito della salute pubblica, il nostro paese è ultimo, con solo il 58 per cento di risposte corrette; la media europea è l’84 per cento e in testa ci sono i soliti svedesi con il 98 per cento di risposte corrette. Per la quarta domanda, gli ultimi sono gli svedesi, probabilmente perché usano gli antibiotici talmente poco che non si curano delle conseguenze (55 per cento di risposte corrette); noi che li usiamo invece non abbiamo scuse per il 56 per cento di risposte corrette. La media europea è 66 per cento; i primi della classe sono i finlandesi, con il 79 per cento di risposte corrette.

L’importanza dell’informazione

La questione chiave è cercare di capire perché non sappiamo nulla (o quasi) sugli antibiotici. A chiarirlo è un altro dei risultati dell’indagine: conta l’informazione. Solo il 15 per cento degli italiani ha ricevuto una qualche indicazione sul fatto di non prendere antibiotici quando non servono a niente. La media europea è il 33 per cento; in cima al gruppo troviamo i finlandesi (68 per cento), seguiti dai soliti svedesi (51 per cento). Quel che è sorprendente è che la maggior parte degli scandinavi lo ha semplicemente letto sul giornale, mentre i pochi italiani che lo sanno ne hanno parlato con un medico (visto che da noi i giornali non li legge quasi nessuno). E i medici di medicina generale sono il fulcro dell’unica strategia possibile per provare a contrastare il fenomeno, perché il 77 per cento dei rispondenti li considera la fonte di informazione più affidabile. Solo il 22 per cento si fida del farmacista, un dato che deve fare riflettere nell’ottica della “farmacia dei servizi”. Non ci si fida delle infermiere (3 per cento), né delle informazioni che potrebbero essere fornite tramite un sito web ufficiale del ministero (15 per cento). È sul territorio dunque che si potrà vincere la sfida; e ancora una volta riguarda il ruolo e la responsabilità dei medici di medicina generale nel promuovere l’appropriatezza. Visti i dati di Eurobarometro, finora non hanno fatto granché. È tempo di cambiare. Ed ecco le risposte corrette alle domande di Eurobarometro: 1) falso; 2) falso; 3) vero; 4) vero.

 

tratto da articoli da Il Fatto Quotidiano del 2017-2018