Intervista a Giuliano Bugani, autore del documentario «Mani sulla sanità: la rivolta»

filmBUGANIIntervista a Giuliano Bugani, autore di un documentario rabbioso, «Mani sulla sanità: la rivolta».

L’unico ospedale antisismico italiano alla fine sarà chiuso?

«Come in altri casi, anche a Gemona, va avanti il piano di smantellamento silenzioso degli ospedali pubblici, sostenuto dal Partito Democratico. Non prevede la chiusura ma il cosiddetto depotenziamento, vale a dire ridurre l’ospedale in una Casa della Salute o in uno dei famigerati OsCo, Ospedali di Comunità. Quindi anche a Gemona l’ospedale antisismico verrà depotenziato, fino a togliergli tutti i principali servizi, dalla Cardiologia alla Chirurgia, e altri. Poi diventerà una Casa della Salute o un OsCo…Le Case della salute sono il nuovo “titolo” delle ex Ausl, niente di nuovo ma attraverso questo linguaggio il Pd dà la sensazione di offrire al pubblico un altro soggetto sanitario. Gli OsCo sono gli originari ospedali svuotati dei Pronto Soccorso, delle sale operatorie e la notte non hanno medici: quindi cronicari dove si va a morire».

Invece a Piacenza si butta giù un ospedale funzionante ma poi se ne tira su un altro: per fare che?

«A Piacenza, per la precisione a Fiorenzuola, esisteva un ospedale di circa 20 anni, completo, addirittura con quattro sale operatorie, la TAC e tutti i servizi: nel 2005 viene demolito per decisione della Regione Emilia-Romagna a guida Pd. Adesso stanno costruendo un edificio nuovo ma nessuno sa se ci saranno sale operatorie. L’ idea è che sarà una Casa della Salute. Come in altre zone dell’Emilia Romagna va avanti il depotenziamento. In sintesi il meccanismo è questo: si chiudono per primi reparti di Ostetricia e Punti Nascita. Adducendo che “per la sicurezza” servono almeno 500 parti l’anno. Dopodiché, a reparto chiuso, si tolgono i posti letto. Questo comporta una minore entrata economica, a seguito della quale il direttore amministrativo decide la chiusura di un altro reparto. E così avanti, fino al completo depotenziamento».

La sanità pubblica è in deficit – dicono – ma c’è una storia su Grottaglie che racconta un’altra verità…

«A Grottaglie, in provincia di Taranto, l’ospedale è in parità di bilancio, addirittura con attivo, con 650 parti l’anno, ma viene smantellato dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, sempre del Pd. Il numero di 500 parti l’ anno, stabilito senza criteri dall’ex ministro alla Salute, Renato Balduzzi – c’era il governo Monti – con lo stesso parametro degli Usa serve solo per avere un alibi per le Regioni e far chiudere il reparto Nascite. Al quale poi fare seguire il progetto di depotenziamento che ho descritto nella risposta precedente. Basti pensare che il parametro delle nascite in Germania è di 200 parti l’anno».

La tua cinepresa indugia nell’ospedale deserto di Vergato; ce ne sono altri così nella Regione Emilia-Romagma che dei servizi pubblici ha sempre fatto vanto?

«Oltre a Vergato, gli ospedali chiusi in Emilia-Romagna, sono molti. Nella provincia di Piacenza 3 cioè Bobbio, Borgonovo, Fiorenzuola. Nel modenese Mirandola. Ben 7 in provincia di Bologna: Porretta Terme, Vergato, Loiano, Bazzano, Budrio, San Giovanni in Persiceto, Castel San Pietro. Altri 4 nella provincia di Forlì-Cesena cioè Forlimpopoli, Santa Sofia, Cesenatico, Bagno di Romagna. Poi 2 nel parmense: San Secondo Parmense e Borgo Val di Taro. Pure 2 a Reggio Emilia ovvero Castelnovo né Monti e Scandiano. Ancora 2 a Ferrara: Comacchio e Lagosanto. Tre a Rimini: Santarcangelo, Novafeltria, Cattolica. Più due nel ravennate ovvero Lugo e Faenza».

Restiamo in Emilia-Romagna: in pubblico il presidente della Regione e l’assessore alla Sanità dicono «noi non chiudiamo ospedali». Bugie come abbiamo visto, però in alcuni casi dicono paradossalmente il vero: semplicemente li rendono inservibili, svuotando i servizi restano i muri senza. E’ così?
«Se il presidente della Regione Emilia-Romagna dicesse “Chiudiamo gli ospedali” contraddirebbe l’articolo 32 della Costituzione Italiana. Per questo si sono inventati i neologismi come Casa della Salute e OsCo, poi il meccanismo è quello che abbiamo già spiegato. Di fatto li chiudono».

Nel tuo film c’è anche l’impressionante storia di un farmaco, Avastin. La riassumi?
«Nel periodo 2010-2012, studi medici evidenziano come un farmaco per la chemioterapia dia risultati sorprendenti ed efficaci per le malattie oculari. La multinazionale Roche, che ha realizzato questo farmaco – dal nome Avastin – ne lancia uno similare di nome Lucentis, che è però diluito. La Roche cede i diritti del farmaco Lucentis alla Novartis. Quindi in commercio si trova Avastin, che costa a fiala 20 euro, ma anche Lucentis, che si paga 900 euro a fiala. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, quale decide di acquistare? Il Lucentis per 900 euro a fiala, anziché l’Avastin per 20 euro. Lo scandalo arriva a quantificare in due anni oltre un miliardo e 300 milioni di euro. La senatrice del M5S, Michela Montevecchi, presenta una mozione di sfiducia per la Lorenzin nel 2015, ma Pd e Pdl votano contro. Tutto questo nel silenzio dei media e dei sindacati».

Verso la fine del film si racconta di bambine/i che sempre più nascono in ambulanza.
«Le didascalie riprendono un post scritto – su Facebook, lunedì 27 giugno 2016 alle 22,41 – da Eva Giuliani, fondatrice del CREST, il Comitato Regionale Emergenza Sanità Toscana, una delle associazioni più combattive in Italia per la difesa della sanità pubblica. Ecco i testi.

Oggi 27 giugno Martina è nata in ambulanza: da San Marcello Pistoiese non ha fatto in tempo ad arrivare a Pistoia ed è nata in ambulanza, assistita dal medico del 118 e dai volontari.
Il 17 giugno un bambino è nato in ambulanza a Sasso Pisano, nell’alta Val di Cecina. La madre è stata assistita da tre volontari.
Il 24 maggio Eveline è nata sull’elicottero Pegaso in partenza da Massa Marittima per Siena.
Il 27 aprile è la volta di un maschietto della Lunigiana: da Aulla nasce in ambulanza ad Albiano Magra assistita dal medico del 118 inviato da La Spezia.
Il 2 aprile invece all’ospedale di Fivizzano (MS), sempre in Lunigiana, una donna ha partorito la sua bimba al 6 mese, ma la piccola è nata morta.
Cosa hanno in comune questi casi?
Sono zone disagiate, rurali o montane, dove gli ospedali sono stati svuotati. I punti nascita più vicini sono nei capoluoghi, a chilometri di curve, ma nessun percorso nascita assistito in caso di emergenza è stato previsto.
Nessuna di queste donne è stata assistita da un ginecologo.
Ciascuna di queste donne si è trovata a vivere uno dei momenti più belli e delicati della vita in emergenza e a sperare che andasse tutto bene.
Nel 2016. In Toscana. In Italia”.».

Proprio in Toscana si doveva fare un referendum e invece…
«Ecco le scritte che compaiono verso la fine del documentario. Nel primo cartello sul referendum salute in Toscana, si legge: “Il 4 novembre 2015, il Comitato Referendario Toscana, deposita 55.614 firme per il Referendum abrogativo della riorganizzazione del Sistema Sanitario toscano, diretto dal presidente Enrico Rossi.

Immediatamente dopo il deposito delle firme, la regione Toscana nomina un nuovo Collegio di Garanzia Statutaria. A rischio la realizzazione del Referendum, sul quale, proprio il nuovo Collegio di Garanzia Statutaria dovrà pronunciarsi”.

Così il secondo cartello: “Il 21 dicembre 2015, la Regione Toscana approva la nuova Legge di Riorganizzazione 84/2015, che di fatto abroga la 28/15. La nuova Legge 84/2015 consente la privatizzazione del Servizio Sanitario Regionale tramite Convenzioni Sperimentali”.

Il terzo e il quarto cartello spiegano… com’è andata a finire: “Il 25 gennaio 2016, con propria Deliberazione, il Collegio di Garanzia Statutaria, dichiara che il referendum per l’ abrogazione della Legge 28/15, non possa avere più luogo. La motivazione è la sopravvenuta nuova Legge di Riorganizzazione 84/2015”. E poi: “Nel marzo 2016, il Comitato Referendario presenta il Ricorso al Tribunale di Firenze contro la decisione del Collegio di Garanzia Statutaria di impedire il Referendum abrogativo. Il costo del Ricorso è sostenuto economicamente dai Consiglieri regionali del SI e l’ impegno del M5S a raccogliere contributi”».

SCHEDA DEL FILM

«Mani sulla sanità: la rivolta» di Giuliano Bugani è realizzato grazie al collettivo INDYGROUNDFILM. Quasi due anni di registrazioni (tra febbraio 2015 e settembre 2016) e la partecipazione di oltre venti operatori video. Questo progetto completa il lavoro iniziato con il documentario del 2014, «Mani sulla sanità» che vide la regia congiunta di Giuliano Bugani e Daniele Marzeddu.

«Mani sulla sanità: la rivolta» attraversa soprattutto tre regioni italiane (Toscana, Emilia-Romagna, Friuli Venezia-Giulia) dove è in corso uno smantellamento – come nelle altre regioni italiane – progressivo della sanità pubblica, uno dei capisaldi della società moderna del dopoguerra, da parte delle presidenze regionali guidate dal Partito Democratico. L’inchiesta di Bugani vuole far luce su una precisa scelta politica che mette a rischio il diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione, dando voce alle realtà di resistenza contro chiusure e depotenziamenti di unità operative ospedaliere e di pronto soccorso. Un documentario per capire quale sarà il futuro della sanità pubblica, che Indygroundfilm mette a disposizione di chiunque vorrà organizzare una visione pubblica.

Indygroundfilm è un collettivo che realizza progetti audiovisivi di informazione alternativa e documentaristica sociale. Nasce nell’ottobre 2013 da un’idea di Giuliano Bugani e Daniele Marzeddu: è indipendente e si sostiene grazie all’azione volontaria dei suoi aderenti e di collaborazioni con cittadini, comitati, associazioni, mirando a produrre e promuovere l’approfondimento di tematiche sociali e culturali e sostenendone la massima diffusione e condivisione.

«Mani sulla sanità: la rivolta»

Italia 2016, 90 minuti, HD, colore

Regia Giuliano Bugani

Sceneggiatura Giuliano Bugani

Aiuto Regia e Comunicazione Raffaella Gamberini

Musiche Barbara De Biasi

Produzione IndyGroundFilm

www.indygroundfilm.com

www.facebook.com/indygroundfilm

www.youtube.com/watch?v=UCNZ6GDpIzU&feature=youtu.be

(*) cfr qui: 7 aprile 2017: la salute non è in vendita. Per vedere le adesioni – collettive e individuali – e per aderire all’appello: SETTEAPRILE.ALTERVISTA.ORG; info e documenti europei: http://www.reseau-sante-europe.net/; info e appello Italia http://setteaprile.altervista.org/