Egitto: Mona Mina, vice segretaria del Sindacato dei medici, nel mirino del governo

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Una dottoressa nel mirino del governo

Torniamo a parlare di Mona Mina, vice segretaria del Sindacato dei medici che abbiamo già citato altre volte in questo blog. Al Cairo è di nuovo nell’occhio del ciclone per aver denunciato le ristrettezze della Sanità pubblica.

di Elisa Ferrero, dal suo blog www.terrasanta.net, del 5 dicembre 2016

Mona Mina, vice segretaria del Sindacato dei medici è di nuovo nell’occhio del ciclone. In seguito alle misure di austerity imposte dal Fondo Monetario Internazionale (Fmi), in cambio della concessione di un prestito, l’Egitto sta attraversando un periodo di forti ristrettezze economiche, con penuria di beni primari come lo zucchero. Le lacune del settore sanitario, già da tempo sofferente, sono aggravate dalla crisi. Negli ospedali, soprattutto quelli delle province, scarseggiano medicine e materiale sanitario e i medici devono trovare soluzioni ingegnose per continuare a svolgere il proprio lavoro senza danneggiare i pazienti.

Mona Mina ha cercato di dipingere il quadro di questa pericolosa situazione in un suo intervento telefonico a una trasmissione televisiva. A un certo punto, ha menzionato la richiesta di aiuto, giunta al Sindacato, di un medico che aveva ricevuto ordini verbali dalla direzione del proprio ospedale, affinché, per ogni paziente, fosse usata la stessa siringa più volte. Questa frase, estrapolata dal lungo discorso della dottoressa, è stata usata dal ministero della Sanità e dai sostenitori del governo per attaccare Mona Mina e, probabilmente, vendicarsi del suo attivismo di lunga data a favore dei diritti di medici e pazienti. Riportata da giornalisti e presentatori vicini al regime, la frase incriminata è diventata: «Negli ospedali egiziani si usano più volte le stesse siringhe su pazienti diversi». Mona Mina, di conseguenza, è stata accusata di spargere menzogne per rovinare l’immagine dell’Egitto e a nulla è servita la facile smentita di questa affermazione, a lei erroneamente attribuita. L’aggressione mediatica contro di lei è stata feroce. Il Sindacato dei medici ha sostenuto Mona Mina, confermando che la dottoressa aveva correttamente riferito in tivù la testimonianza scritta del medico che chiedeva aiuto, ma l’attacco contro di lei non si è fermato, passando dal livello mediatico a quello giudiziario. Il ministero della Sanità ha presentato un esposto al Procuratore Generale nei suoi confronti, motivandolo con il rifiuto della dottoressa di fare il nome del medico che aveva denunciato la pratica di usare due volte la stessa siringa per lo stesso paziente.

Il 3 dicembre, Mona Mina è stata convocata dal Procuratore per un interrogatorio. Sulla sua pagina Facebook, il 30 novembre, ha commentato: «Non mi piace la prigione, né me la auguro, ma non mi fa paura. Quella della scarsità di medicine e materiali sanitari è una crisi pericolosa. Sfruttarla per cercare di far passare l’idea malvagia della liberalizzazione del prezzo dei farmaci è molto ma molto più pericoloso. Questo è ciò che dobbiamo denunciare e impedire con fermezza, specialmente perché esistono alternative, ma solo se ci schieriamo dalla parte del cittadino egiziano e dell’industria farmaceutica egiziana. Tutti sappiamo che dire la verità ha un prezzo e io sono pronta a pagarlo, se necessario».

Nelle parole della dottoressa risuona lo scontro in corso fra due modelli economici contrastanti: quello imposto dal Fmi che spinge per privatizzazioni e liberalizzazioni, e che il governo di Abdel Fattah al-Sisi sta cercando faticosamente di far accettare, e quello socialisteggiante costruito sui sussidi che, seppur non più in linea con il quadro economico globale, è ancora avvertito come indispensabile in un Paese dove la povertà raggiunge livelli ed entità elevati. Tutto ciò, in un contesto oppressivo che non sopporta il dissenso.

Mona Mina, il 3 dicembre, è stata rilasciata con una semplice ammenda di mille sterline egiziane. Poteva andare peggio, ma a proteggerla, forse, è stato il grande e variegato sostegno popolare, come sempre è accaduto in passato nei suoi confronti. La dottoressa copta che ha lottato contro Hosni Mubarak, soccorso i feriti in piazza Tahrir nel 2011, espugnato una roccaforte dei Fratelli Musulmani diventando la prima donna a capo del Sindacato dei medici nel 2013, guidato una rivolta contro il ministero dell’Interno nel 2016, è riuscita un’altra volta a raccogliere al suo fianco le persone più disparate. Leggendo le firme in calce alla dichiarazione in suo sostegno che è stata promossa da 500 personalità egiziane, si trova quasi di tutto: sindacalisti di ogni settore, attivisti per i diritti umani, giornalisti di stampa, radio e tivù, poeti, scrittori, insegnanti, accademici, politici, avvocati, associazioni di donne, architetti e ingegneri, traduttori, attori, economisti, diplomatici, psicologi, produttori cinematografici, pensionati, industriali, volti famosi della rivoluzione del 2011 (come Ahmed Harara), direttori di compagnie, fisici, artisti di vario genere, farmacisti, chirurghi, infermiere e persino il lavoratore di una cava di pietre… L’elenco potrebbe continuare. Dietro Mona Mina c’è un vasto mondo che ancora cerca rappresentanza in Egitto.

Così, dal Procuratore Generale, Mona Mina non si è presentata sola, ma accompagnata da sei avvocati inviati d’ufficio dal rispettivo Sindacato.

Quando la società civile si stringe attorno a qualcuno preso di mira dal governo, è molto più difficile metterlo a tacere.