APE: anticipazioni sulla pensione anticipata che entrerà nella Finanziaria

inps-3Ape, le tre opzioni per la pensione anticipata

di Davide Colombo, da Il Sole 24 ore del 19 settembre 2016

Un ampio menù di opzioni per concedere nuove forme di pensionamento flessibile senza innescare pericolose dinamiche della spesa previdenziale. È questa la promessa con cui il Governo si presenterà il 27 settembre all’ultimo tavolo di confronto con i sindacati. Un incontro dal quale difficilmente uscirà un’intesa a tutto tondo, viste le forti perplessità della Cgil, ma che si chiude con un’ampia condivisione sulla maggior parte delle misure messe a punto in questi mesi. Il piatto forte è senza dubbio l’Ape, l’anticipo pensionistico fino a 3 anni e 7 mesi sui requisiti di vecchiaia standard con prestito bancario assicurato e rimborso ventennale che scatta con la pensione ordinaria. L’intervento è sperimentale per due anni e riguarderà, per ogni singolo anno, le generazioni che hanno fino a tre anni in meno dell’età legale di pensionamento e dunque i nati tra il ’51 e il ’53 dal 2017 e quelli tra il ’52 e il ’55 dal 2018.

Varrà per tutti i lavoratori dipendenti del settore privato e pubblico e per gli autonomi e si articolerà su tre canali. L’Ape volontaria per chi sceglie appunto di chiudere con il lavoro a anticipare l’uscita: in questo caso l’onere dell’operazione è tutta a suo carico e sarà di circa il 5-6% per ogni anno di anticipo per arrivare fino al 20-25% nel caso di anticipo massimo di 3 anni e 7 mesi e comprendendo tutto: interessi sul rateo e premio assicurativo sulla premorienza. C’è poi l’Ape concordata con il datore di lavoro e che può essere utilizzata in casi di crisi o ristrutturazione, con oneri del rimborso a carico dell’azienda (la portata non è ancora stata precisata). Infine l’Ape social, riservata ai disoccupati senza più ammortizzatori, con carichi familiari o reddito basso e a lavoratori che non rientrano negli elenchi delle attività usuranti ma che sono considerati meritevoli (si parla di operai edili, infermieri, forse le maestre d’asilo). In questo caso l’onere dell’anticipo è fiscalizzato e a carico dello Stato (costo ipotizzato 5-600 milioni l’anno per vent’anni) per chi avrà un assegno pensionistico a regime inferiore ai 1.300-1.400 euro lordi mentre per chi sta sopra quella soglia dovrà subire un prelievo con decalage a seconda del reddito. Sui meritevoli non usuranti invece l’onere del rimborso sarà abbattuto, visto che si tratterebbe di lavoratori con almeno 62 anni e 36 di contributi (contro i 20 minimi di tutti gli altri).

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L’Ape potrebbe essere finanziata in tutto o in parte anche utilizzando la rendita integrativa temporanea anticipata (Rita) per chi ha aderito a un fondo pensionistico complementare. L’anticipo di «Rita» sarebbe di natura strutturale: valida per chi ha i requisiti di accesso all’Ape, consente di ottenere tutta la rendita in anticipo rispetto alla pensione obbligatoria a lavoratori senza contratto contando su una tassazione sostitutiva più leggera per coloro che hanno un’iscrizione di più lungo corso a un fondo pensione integrativo. In particolare l’ipotesi è di uno sgravio dello 0,3% per ogni anno di iscrizione a un fondo superiore a 15 anni, con una tassazione sostitutiva che può scendere da un massimo del 15% fino al 9%, mentre oggi l’anticipo della rendita è tassata al 15% solo in casi particolari (cure mediche, spese per la casa di abitazione) mentre per gli altri casi il prelievo è del 23 per cento.

Sui bonus da riconoscere ai lavoratori precoci (con contribuzioni continuativa iniziate già in minore età) e le limature ai requisiti per il ritiro anticipato dei lavoratori impegnati in attività usuranti i dettagli finali ancora mancano ed è probabile che si conosceranno mercoledì. Nel primo caso si parla di una contribuzione figurativa maggiorata di 4-6 mesi per ogni anno di lavoro precoce con l’obiettivo di traguardare l’interessato a un pensionamento con 41 anni di contributi anziché 42 anni e 10 mesi, ma la platea è molto ampia e i costi sarebbero incompatibili con l’impegno di spesa complessivo di 2-2,5 miliardi su cui si ragiona. Nel secondo caso si punta a eliminare vincoli come per esempio quello che prevede che anche l’ultimo anno di lavoro (dei 7 su 10 previsti ora) sia effettivamente in attività usurante per uscire in anticipo.

Altra quasi-certezza è l’allungamento a tutto il 2018 della sterilizzazione dei mini-tagli (1% per ogni anno di anticipo) sull’assegno di chi, avendo almeno un contributo versato prima del 1996, si ritiri prima dei 62 anni. Mentre è certo invece il colpo di spugna sui costi da sostenere per le ricongiunzioni di versamenti effettuati su gestioni diverse durante la vita lavorativa (esclusi i professionisti). Al menù nelle nuove flessibilità si aggiungeranno gli interventi per rafforzare il potere di acquisto dei pensionati meno fortunati. L’attuale “no tax area” cui possono beneficiare i pensionati “under 75” con un reddito inferiore ai 7.750 euro annui e gli “over 75” con assegni annuali non superiori agli 8mila euro verrebbe estesa a tutti i pensionati fino a 8.124 euro, allineandola quindi a quella dei lavoratori. Mentre la 14esima mensilità, assegno variabile oggi pagato in luglio a 2,1 milioni di pensionati con una contribuzione ma con un assegno fino a 750 euro, verrebbe riconosciuta anche a chi arriva a circa mille euro al mese (circa 1,2 milioni di pensionati in più).