Tempa Rossa: lavoratori lucani contro assunzione di stranieri. Ecco il dumping sociale che distrugge l’Europa

tempa rossaIl 29 giugno scorso c’è stata una protesta spontanea dei lavoratori impiegati presso il centro oli che la Total sta realizzando a Corleto Perticara (PZ) per il mancato rinnovo dei contratti di lavoro per molti di loro, sebbene il lavoro non manchi.

Il fatto è che nelle ultime settimane l’azienda ha attuato una vera e propria “sostituzione” di molti operai, assunti dalle società appaltatrici tramite agenzie interinali, con altri provenienti dall’Est Europa, in particolare dalla Polonia e dalla Romania. 

Dalle assemblee svolte con i lavoratori e dalle verifiche effettuate dai nostri delegati Cgil sul luogo di lavoro è emerso che sono almeno 200 i lavoratori lucani assunti dalla società appaltatrice tramite agenzia interinale a cui non è stato rinnovato il contratto e che sono stati sostituiti da lavoratori stranieri.

Sindacati ed operai non escludono che questa scelta da parte della Total sia motivata dal fatto che gli operai dell’est vengano retribuiti con salari più bassi, e per questo la Total né smentisce né conferma.

Gli operai sostengono che Total paga la manodopera straniera 5 euro l’ora anziché 9 euro, e che se ai lavoratori del luogo devono fornire una camera con bagno, quelli dell’est accettano di dormire in camerate e in condizioni più disagiate: “ci rendiamo conto che invece di dare acqua e ossigeno al lavoro questi contratti, a volte mensili, stanno uccidendo l’economia? Quando parlano di mercato del lavoro in ripresa, dovremmo essere indignati perché quei numeri sono uno specchio per le allodole e per allocchi. Quei numeri sono anche questo modo di assumere e licenziare in modo che le imprese che hanno vinto gli appalti di costruzione possono portare il costo del lavoro da 9 (che tantini proprio non sono) a 5 euro all’ora, risparmiando su tutto. Dalla formazione professionale alla protezione dei lavoratori, costretti già a condizioni lavorative non ideali, a partire da quelle igieniche”. In più, denunciano in un video i lavoratori, “noi vogliamo opporci agli straordinari, ma con questi contratti e con la minaccia della sostituzione non possiamo più”.

Infatti, oltre al mancato rinnovo di molti contratti – che sono della durata di 2, 3 o addirittura 1 mese – c’è un problema di inadeguatezza delle strutture igienico-sanitarie per i lavoratori del cantiere, visto che per gli oltre mille operai sono disponibili solo bagni chimici, peraltro puliti soltanto alcuni giorni della settimana. Non c’è acqua potabile corrente e il personale, che viene accompagnato all’interno di container per mangiare, deve farlo su più turni perché non c’è spazio per tutti.

Il blocco del cantiere dei giorni scorsi ha portato ad un piccolo passo indietro delle aziende subappaltatrici che, dopo un incontro avvenuto alla Regione Basilicata, hanno assicurato il rinnovo di 70 contratti a scadenza, oltre al reintegro di circa quaranta operai.

Ma sicuramente, appena si spegneranno i riflettori, la silenziosa routine lavorativa tenterà sconfinamenti verso una manodopera a basso costo.

Se pensiamo che all’indomani del voto per la Brexit in Gran Bretagna sono esplosi episodi di intolleranza soprattutto nei confronti dei lavoratori polacchi, capiamo bene che la faccenda va al di là della rapace volontà di Total di risparmiare sul costo del lavoro in Basilicata. E’ un problema strutturale, riguarda l’organizzazione capitalistica della produzione, basata sulla competizione e la massimizzazione del profitto. Quindi è normale tagliare dove si può, ossia sul costo del lavoro e della sicurezza.