Chiedevano il minimo salariale e l’assicurazione sanitaria insieme a 2500 colleghi. Sono stati accusati di incitamento allo sciopero. La società civile si è incontrata per esprimere loro solidarietà
di Ignazio Errico
da Nena – News del 1 luglio 2016
Ventisei lavoratori dei Cantieri Navali di Alessandria stanno affrontando in queste settimane un processo in un tribunale militare con l’accusa di incitazione allo sciopero.
I fatti risalgono al 22 e 23 maggio quando i ventisei operai avevano partecipato ad un sit-in pacifico sul posto di lavoro, insieme alla maggior parte dei loro 2500 colleghi. Le principali richieste dei lavoratori erano l’innalzamento dei salari al livello del salario minimo nazionale di 1200 lire egiziane al mese (circa 120 euro al cambio attuale), il versamento dei dividendi arretrati sui profitti dell’azienda, dei bonus annuali per il mese di Ramadan, e dell’assicurazione sanitaria, oltre alla richiesta di far ripartire la produzione su alcune delle linee dell’impianto.
Fondata come impianto civile decenni fa, la Alexandria Shipyard Company è stata acquisita dal Ministero della Difesa nel 2007, ed è quindi di fatto proprietà delle Forze Armate, che in Egitto hanno interessi diretti non solo nell’economia bellica, ma anche in molti settori della produzione industriale, delle infrastrutture, dell’edilizia, ecc. (Non ci sono ovviamente dati ufficiali sulle reali proporzioni di questa fetta di economia in mano ai militari; le stime variano moltissimo, e sono impossibili da verificare).
Gli attestati di solidarietà ai ventisei operai sono stati moltissimi, e la richiesta è che le accuse contro i lavoratori vengano ritirate, oppure che il caso venga rimesso ad una corte civile. Due settimane fa al Cairo, in contemporanea con la seconda udienza, si è tenuta una conferenza stampa di solidarietà nella sede dell’Egyptian Center for Economic and Social Rights (ECESR), a cui hanno partecipato molti attivisti, rappresentanti di partiti, organizzazioni per i diritti dei lavoratori e per i diritti umani. Tra questi: i partiti Masr el-Qaweya (Egitto Forte) e el-Dostour (Costituzione), i Socialisti rivoluzionari, il partito Socialdemocratico egiziano, il partito Pane e Libertà, il Hisham Mubarak Law Center, il Center for Egyptian Women’s Legal Assistance, l’Arabic Networks for Human Rights Information, l’Egyptian Center for Educational Rights, le campagne “Per un lavoro giusto” e “No ai processi militari per i civili”.
Parlando alla conferenza l’avvocato Osama al-Mahdy della campagna “No ai processi militari” ha chiesto l’immediato rilascio dei lavoratori. Mahdy ha ricordato che dal 2012 non ci sono dati ufficiali sul numero di civili sottoposti a giudizio in tribunali militari, e che le ultime stime parlano di 18mila persone. Mahdy ha chiesto quindi la liberazione di tutti i civili giudicati da corti militari e nuovi processi, e una riforma legislativa e costituzionale che vieti i processi militari ai civili.
Il processo ai lavoratori è cominciato il 18 giugno, e una seconda udienza si è tenuta proprio lunedì presso la Corte Militare di Alessandria.
I lavoratori imputati sono accusati di sciopero e di incitazione allo sciopero, ma, secondo l’avvocato dell’ECESR Mohamed Awad, i ventisei dichiarano di non aver partecipato a nessuna interruzione del lavoro. Il blocco, ribattono invece gli operai sotto accusa, è stato deciso dall’amministrazione della compagnia, che il 24 maggio ha imposto una serrata a tutta la forza lavoro civile impiegata, lasciando quasi tutti i lavoratori a casa e gli impianti quasi totalmente fermi. Awad ha anche aggiunto che “alcuni soldati di leva sono stati portati all’interno dell’impianto per ricoprire i compiti di parte della manodopera civile”.
Riportando le dichiarazioni di Awad, l’agenzia Mada Masr riferisce che i lavoratori ora sono restii a parlare apertamente o a rilasciare interviste con la stampa a causa del processo subito dai loro colleghi e per paura che la serrata continui.
Fatma Ramadan, storica leader sindacale egiziana, nel suo intervento ha ricordato il valore e l’impatto che gli sforzi della società civile possono avere nel contrastare le forme più estreme di repressione: “Nel 2010 con la solidarietà siamo riusciti a fermare i processi militari agli operai di Helwan. Oggi riusciremo a fermare le corti militari contro i lavoratori dei cantieri navali. Con la solidarietà”. Nena News
Fonti: Mada masr, Egyptian Center for Economic and Social Rights