Egitto. Un vulcano che dorme: la situazione dei sindacati indipendenti

egitto sindacati indipendentiDi Amra Mohamed, sul Middle East Eye, Regno Unito (traduzione a cura di Internazionale)

I sindacati indipendenti stanno lottando in tribunale per difendere il diritto a continuare il loro lavoro

Il 13 marzo un tribunale di Giza ha di nuovo rinviato il verdetto su un caso che potrebbe determinare la messa al bando dei sindacati indipendenti in Egitto. La causa è stata avviata più di un anno fa, quando la Federazione dei sindacati egiziani (Etuf), controllata dallo stato, ha citato in tribunale una federazione di sindacati indipendenti rivale.

I leader sindacali e i difensori dei diritti umani sottolineano che il rinvio coincide con il moltiplicarsi degli scioperi e delle violenze di stato contro i lavoratori che si mobilitano. “La situazione dei lavoratori sotto il regime di Abdel Fattah al Sisi è terribile”, sostiene Tarek Mustafa Kuaib, leader del sindacato indipendente degli impiegati del catasto. “Stanno arrestando, incarcerando e torturando le persone per proteggere un sindacato che ha svenduto i lavoratori”.

Giulio Regeni, il ricercatore che stava studiando i sindacati indipendenti egiziani, ucciso al Cairo, aveva scritto che “sfidare lo stato di emergenza e gli appelli alla stabilità e alla pace sociale giustificati dalla ‘guerra al terrorismo’, significa, pur se indirettamente, mettere in discussione la retorica su cui il regime giustifica la sua stessa esistenza”.

La Federazione egiziana dei sindacati indipendenti, che univa quattro sindacati fino a quel momento autonomi, è nata nel 2011 per sfidare il monopolio di stato. Da allora molte organizzazioni sono entrate a farne parte. “Il loro numero è arrivato a tremila”, riferisce Hoda Kamel, ricercatrice dell’Egyptian centre for social and economic rights (Ecser). Su iniziativa di Ahmed al Borai, all’epoca ministro del lavoro, all’indomani della rivoluzione era stata preparata una bozza di legge che riconosceva i sindacati indipendenti. Questa proposta però era stata accantonata, e negli ultimi cinque anni i sindacati hanno fatto affidamento sulla loro “legittimità rivoluzionaria”.

Secondo Kamel il presidente Mohamed Morsi, andato al potere nel giugno del 2012 e deposto un anno dopo, “era un’altra faccia dello stesso sistema capitalistico. Nei ministeri c’erano le stesse persone, che adottavano le stesse misure. Il parlamento non era interessato alla legge sui sindacati”.

La carta del terrorismo

Le politiche repressive sono peggiorate sotto il regime di Al Sisi. I sindacati indipendenti non sono mai stati riconosciuti dalla Etuf, che li ha accusati di violare la legge. Kamel e Kuaib sostengono che di fronte agli scioperi, lo stato e i mezzi d’informazione giocano la carta del “terrorismo”. Gli operai sono descritti come terroristi, e le proteste sono definite macchinazioni dei Fratelli Musulmani, che dal 2013 sono nella lista delle organizzazioni terroristiche. Inoltre i sindacati indipendenti sono accusati di ricevere fondi dall’estero.

Delle sfide reali dei sindacati, invece, non si parla quasi mai. “C’è stato un periodo in cui tutti i mezzi d’informazione accorrevano alle nostre conferenze stampa”, commenta Kamel. “Ora i problemi dei lavoratori non interessano più a nessuno”. Nonostante le difficoltà, Kamel resta ottimista. Il giudice ha dato ai sindacati indipendenti una ridotta possibilità di rappresentanza in tribunale. Comunque vadano le cose, Kuaib prevede altre azioni. “I lavoratori rappresentano il più grande segmento della società egiziana. Sono un vulcano che dorme. Il nostro movimento non si fermerà, anche se dovessero metterci al bando”.