L’8 luglio il Parlamento europeo ha deciso che i negoziati tra Bruxelles e Washington per TTIP (Trattato Transatlantico di commercio e libero scambio) proseguiranno.
Il testo della risoluzione contiene solo raccomandazioni, ma ha una notevole importanza politica e istituzionale, perché il Parlamento europeo ha il potere di approvazione o rigetto del Trattato alla fine dei negoziati e la risoluzione ha ottenuto una maggioranza ampia.
L’europarlamento ha infatti approvato – con 436 sì (Ppe, S&D, Alde), 241 no (Gue, Verdi, destre) e 34 astenuti – le «raccomandazioni» che includono, tra le altre cose, un sistema alternativo alle controverse corti arbitrali private per le dispute investitori-stati (un Isds camuffato).
Questo nonostante 2 milioni di cittadini europei abbiamo firmato una petizione che chiede lo Stop alle trattative, preoccupati per un trattato che considera servizi, agricoltura e regole come merce di scambio per l’accesso al mercato finanziario, energetico e degli appalti Usa. Un mercato comune transatlantico che, valendo il 42% del Pil globale, aspira a fare legge per il resto del pianeta. Per questo, con una forzatura procedurale inedita, il presidente dell’Europarlamento il socialdemocratico Martin Schulz fa saltare l’emendamento 40 al testo, che avrebbe permesso di far esprimere l’aula sull’arbitrato internazionale per proteggere gli investitori dalle decisioni degli Stati, il famigerato Isds, su cui proprio il gruppo socialdemocratico si era spaccato.
Lo fa esercitando le prerogative del presidente su un argomento controverso e lo fa una seconda volta, scegliendo di porre in votazione un emendamento di compromesso, elaborato dal suo stesso gruppo, in cui l’Isds si salva nella sostanza ma non viene più chiamato tale, e anzi si prefigura l’introduzione di una «super corte» di giustizia imprecisata nel medio periodo, che è una toppa quasi più brutta del buco alla giustizia ordinaria creato con l’Isds.
Saltano, così, uno dopo l’altro, tutti gli emendamenti della società civile, sacrificati all’altare della «grosse koalition» popolare — socialdemocratica.
Salta l’emendamento sulla Human Rights Clause, che avrebbe anteposto la tutela vincolante dei diritti umani rispetto alle dinamiche di mercato.
Resta un capitolo sullo sviluppo sostenibile solamente consultivo senza nessuno strumento impositivo.
Viene bocciata la lista positiva per i servizi pubblici, che avrebbe permesso di scrivere nero su bianco i servizi che si vogliono mettere sul mercato, salvaguardando quelli non elencati.
Viene bocciata la possibilità di inserire il riferimento a settori sensibili da escludere dal negoziato, come dovrebbe avvenire per alcune produzioni agricole, fortemente a rischio di estinzione.
La Commissaria al Commercio Cecilia Malmstrom, furbescamente, ringrazia via Twitter il Parlamento per il sostegno ricevuto, ma sottolinea anche che l’Isds è morto, cui contrappone la sua proposta, quella che, per dirla con la campagna «Stop Ttip» europea, mette il rossetto al maiale pretendendo che diventi qualcos’altro. Ma i conti non tornano per la coalizione di maggioranza, che tanto grossa non è più. 241 sono stati i voti contrari alla Risoluzione, molti di più di quelli algebrici tra maggioranza e opposizione. Si attende la lista del voto palese per capire chi c’è stato e chi no a far finta, per l’ennesima volta, di voler la democrazia impedendone l’esercizio.
Da lunedì 13 Usa e Ue si rivedranno a Bruxelles per un nuovo ciclo di negoziati transatlantici, e ritroveranno ad accoglierli le stesse proteste e gli stessi dubbi di ieri.
tratto da un pezzo di Monica Di Sisto, Portavoce della Campagna stop TTIP Italia
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ALLEGHIAMO IL Testo e commento all’approvazione delle risoluzioni TTIP, approvato all’europarlamento l’8 luglio 2015.