Il contratto nazionale dei bancari lascia l’amaro in bocca: nessun miglioramento rispetto al contratto del 2012, nessun nuovo modello di banca, aumenti salariali a dir poco risibili.
Riportiamo le considerazioni del sindacato di base Sallca-Cub (da www.sallcacub.org).
L’attacco dell’ABI è stato respinto.
Il Contratto Nazionale rimane in sostanza quello sancito dalla pesantissima sconfitta del
2012. Quello che ha consentito manovre sugli orari devastanti (come in Intesa Sanpaolo); quello che ha spinto ai margini della categoria e che tiene in uno stato di incertezza e precarietà migliaia di lavoratori ceduti ai Consorzi (come in BNL, Unicredit, MPS); quello che ha concesso alle banche enormi e strutturali risparmi sul terreno del salario contrattato, lasciando praterie alla discrezionalità dei sistemi incentivanti; quello che non è riuscito ad impedire l’esplodere del fenomeno delle pressioni “alla vendita”, sempre più opprimenti.
L’attacco dell’ABI è stato respinto.
Ciò significa in termini più concreti che l’area contrattuale rimane quella attuale e che la manovra sugli inquadramenti viene rinviata.
Sul primo versante, le aziende hanno rinunciato ad ampliare l’utilizzo dei contratti complementari ma, in compenso, nessuno degli strumenti di rafforzamento delle attuali fragili tutele è stato ottenuto, né impegni più cogenti sul terreno dell’insourcing, una delle tante bufale del 2012.
Sul secondo versante si è deciso di aprire un “cantiere di lavoro”, che entro 12 mesi dovrebbe produrre una sintesi da applicare poi nel contratto successivo: intanto però le banche potranno contrattare nuovi inquadramenti in sede aziendale e non è detto che sarà per migliorarli!!
L’attacco dell’ABI è stato respinto.
La cornice contrattuale quindi è stata difesa (ed è ovviamente un bene preziosissimo) ma è quella debole e manomessa da anni di sconfitte ed arretramenti. I banchieri, tutto sommato, se ne sono fatti una ragione visto che sono stati loro a chiedere di prolungare la durata del nuovo contratto (sino a fine ’18). Presto ripartirà il risiko bancario (crisi aziendali, banche popolari) ed il ventaglio di strumenti che già hanno a loro disposizione (quadro legislativo, effetti del jobs act, possibilità di deroghe al contratto nazionale, nuovi inquadramenti) sono stati ritenuti, ahimè, più che sufficienti per affrontare quattro anni di ristrutturazioni e contrattazioni aziendali beneficiando di rapporti di forza consolidati.
L’attacco dell’ABI è stato respinto e qualche sacrificio era necessario.
Per esempio quello di buttare alle ortiche un’intera piattaforma, l’ennesima (ma perché continuano a farle?).
Non ci sarà nessun “nuovo modello di banca”, concetto sul quale i sindacati firmatari puntavano forte e per il quale nelle assemblee si erano spesi con parole roboanti. Resterà in vigore quello amato da banchieri, faccendieri, poteri forti.
La questione centrale delle pressioni commerciali non è stata nemmeno affrontata. Nulla nemmeno sul terreno della riduzione della discrezionalità aziendale in tema di orari di sportello o di sistemi incentivanti. Nessun risultato in positivo, come detto, anche sul fronte delle cessioni di ramo d’azienda.
L’attacco dell’ABI è stato respinto e qualche sacrificio era necessario.
Per esempio il salario, visto che siamo di fronte al secondo contratto totalmente autofinanziato. Lo dimostra in primo luogo il fatto che nel corso della “trattativa” sia stato ridotto l’importo e prorogata la decorrenza della prima tranche di “aumenti” (sino ad arrivare ai ridicoli 25 euro lordi dell’ottobre 2016) pur di far quadrare comunque i conti.
Si dice che nel 2012 andò peggio, peccato che allora solo il fronte per il NO svelò il trucchetto mentre i sindacati firmatari, dopo aver negato l’evidenza nelle assemblee, recentemente hanno giurato che non sarebbe più successo. E’ invece è accaduto, visto che la riduzione della base di calcolo del TFR (ormai strutturale e addirittura retroattiva!!) si porterà via buona parte degli incrementi tabellari ed il resto lo farà il conseguente impatto sulla previdenza integrativa (cosa che, detto per inciso, penalizza fortemente proprio i giovani…)
L’attacco dell’ABI è stato respinto e in più il Contratto ha un’anima sociale.
Su questo non ci possono essere dubbi e lo diciamo senza alcuna ironia.
Solo che “la solidarietà” non è il frutto di un concorso tra le due controparti ma è tutta farina del nostro sacco. Sono infatti circa 1.200.000 giornate lavorative aggiuntive quelle che la categoria “offre” per sostenere il prolungamento della durata e l’allargamento delle finalità del FOC (Fondo per l’Occupazione) nel quale, ricordiamo, le banche non mettono un euro. Siamo noi quindi che forniremo ai banchieri gli incentivi economici per favorire la rioccupazione dei lavoratori licenziati nel settore, la solidarietà espansiva, la riconversione professionale, le nuove assunzioni. E saremo noi, e questo ha del clamoroso, a pagare agli attuali apprendisti il parziale recupero salariale (oltre 200€ lordi) rispetto alle tabelle contrattuali (dal -18% al -10%).
Ed a questo proposito è giusto rimarcare come l’incremento del “salario di ingresso” per i futuri assunti, sprofondato negli anni a livelli imbarazzanti, è una delle poche buone notizie che ci riserva questo rinnovo contrattuale. Anche in questo caso, tuttavia, l’operazione è a costo zero per le banche visti gli sgravi fiscali (8.000 euro all’anno per tre anni) previsti dal jobs act, per non parlare, ovviamente, dei vantaggi derivanti dal fatto di poter assumere lavoratori precari e licenziabili (anche ingiustamente) a vita.
L’attacco dell’ABI è stato respinto in un contesto molto difficile.
Nessuno può metterlo in dubbio. Solo che dipende sempre da chi racconta la storia e spesso le Premesse ad un Contratto non mentono su chi sia il vero vincitore. Nel nostro caso contengono una narrazione ideologica ed unilaterale (che appunto definisce il contesto) che è vergognoso aver cofirmato (e condiviso o subìto).
Non una parola sulle responsabilità dei banchieri e della finanza per la crisi che ci attanaglia; non una sugli scandalosi emolumenti dei top manager; nulla sugli oltre 13 miliardi di euro che recente provvedimenti del Governo hanno garantito alle banche per rafforzare patrimonio o conto economico (per non parlare dei fiumi di denaro a tasso zero elargiti dalla BCE). Nessun commento alle avventure finanziarie di banchieri incapaci e condannati che hanno portato alla rovina banche secolari. E nessuna scusa sul fatto che fossero proprio loro a guidare la delegazione del 2002 che invocava (e ottenne) sacrifici e responsabilità sociale.
L’attacco dell’ABI è stato respinto ma noi voteremo NO perché riteniamo che si tratti dell’ennesima occasione persa. Alla continuità delle mobilitazioni (dopo due scioperi e manifestazioni riuscitissime) si è preferito il confronto-teatrino tra gruppi dirigenti che “sanno” quando è il momento di chiudere. Ed il punto di “mediazione” raggiunto è per noi del tutto insufficiente.