4 Referendum

no a licenziamenti facili e precarietà, sì alla sicurezza sul lavoro.

Anche col referendum

I referendum proposti dalla CGIL hanno raggiunto le 500.000 firme e la raccolta continua. Parlano di ripristinare il reintegro sul posto di lavoro per i licenziamenti illegittimi, di retribuzioni migliori nelle imprese sotto i 15 dipendenti, di causali per il tempo determinato e di responsabilità solidale dell’appaltante per la sicurezza. È un’occasione per dare una spinta nel senso giusto in un panorama del lavoro sempre più deteriorato: la legge Fornero del 2012 e il jobs act del 2015 hanno ridotto diritti e difese di chi lavora, ma la precarietà arriva da lontano: si inizia nel 1984 con i contratti di formazione/lavoro, nel 1997 si continua con il pacchetto Treu, un “pacco” che ha introdotto il lavoro interinale insieme a flessibilità, tempi determinati senza causale e apprendistato lunghissimo. Per chi lavora ha significato ricattabilità, tempi di prova esagerati, stress e ansia per il futuro, retribuzioni e previdenza sociale pesantemente ridotte, pur dovendo produrre fin da subito quanto chi lavorava con le condizioni contrattuali “storiche”. La situazione si è ulteriormente aggravata nel 2003 con la legge Biagi: lavoro somministrato, lavoro accessorio e occasionale, cessione del ramo d’azienda.

Per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro, ripristinare la responsabilità penale dell’appaltante in caso di incidenti può spingerlo a una maggior attenzione, ma anche in quest’ambito abbiamo visto smantellare l’attività di prevenzione, la cultura del rischio zero e il gruppo omogeneo per individuare e contrastare le diverse nocività presenti (dalla movimentazione dei carichi allo stress lavoro-correlato, che colpisce sempre più tutti gli strati di lavoratori e lavoratrici).

Nelle aule dei tribunali queste leggi sono state più volte dichiarate parzialmente incostituzionali e/o contrarie alle normative europee, che non prevedono la possibilità di tempi determinati oltre un limitato numero di anni e men che meno l’interinale a vita (staff leasing a tempo indeterminato e dipendente dalla agenzia). Anche grazie alle sentenze, ora i contratti nazionali o aziendali devono adeguarsi – entro il 31 dicembre 2024 – introducendo la definizione delle casistiche per le assunzioni a tempo determinato, ma così si rischia di creare una giungla inestricabile di condizioni diverse, in cui si possono continuare a nascondere abusi.

Lavorare per abolire il jobs act e ridurre la precarietà è un interesse di tutte le lavoratrici e i lavoratori, che non sarebbero più divisi in serie A e serie B, e anche della società nel suo insieme: si ridurrebbero infatti le discriminazioni per giovani e neoassunti, ora esposti a licenziamenti ingiusti, salari ridotti e, spesso, a decenni di precariato che impediscono di costruirsi una vita. Il referendum è uno strumento in questa direzione, ma occorre anche altro per recuperare il terreno perduto.

Occorre l’unità e la solidarietà tra chi lavora per fare un salto di qualità e ripristinare e allargare i diritti a chi non ce li ha: pensiamo a chi lavora nelle aziende sotto i 15 dipendenti (che tra l’altro sempre più spesso sono di proprietà di grandi aziende, a volte multinazionali, e non a conduzione familiare). Lo statuto dei lavoratori, varato cinquantaquattro anni fa dal parlamento, esprimeva parzialmente i rapporti di forza e le grandi lotte in corso in quegli anni.

Il sindacato SIAL-Cobas conferma l’impegno e la campagna a tutti i livelli per l’abolizione del jobs act, per la riduzione della precarietà e per la sicurezza e salubrità sul lavoro, nella convinzione che lo strumento principale sia la ripresa delle lotte e del conflitto.  

Vogliamo applicare nei contratti a livello nazionale e aziendale diritti e salari ai livelli più alti. Proponiamo aumenti salariali sostanziosi, anche inversamente proporzionali (aumenti maggiori per le qualifiche più basse), per ridurre o abolire le differenze retributive dovute alla disdetta dei contratti aziendali, ai salari di ingresso, alle discriminazioni sessuali. Faremo la nostra parte per non consentire al padronato e ai governi di continuare a ridurre i diritti, magari con l’avallo di alcuni sindacati.

Proponiamo in ogni posto di lavoro una

assemblea retribuita

per discutere sul che fare oltre alla firma e alla partecipazione alla campagna referendaria, perché il referendum è un inizio, ma non basta.

Facciamo sentire la nostra voce e le nostre ragioni!

Organizzati con il SIAL-Cobas!

13 giugno 2024