Pensioni: Francia, e non solo…

In Francia siamo giunti, con la giornata del 7 febbraio, al terzo grande momento di sciopero generale e mobilitazione diffusa contro il progetto di controriforma delle pensioni presentato dal governo Macron, e in discussione all’Assemblea nazionale di quel paese. Un progetto quello del governo francese che punta ad innalzare l’età pensionabile dagli attuali 62 a 64 anni di età e vuole liquidare i cosiddetti “regimi speciali” più favorevoli di alcune importanti categorie di lavoratori e lavoratrici, sia del pubblico che del privato.
La giornata del 7 febbraio, come quelle precedenti del 19 e 31 gennaio è stata un successo, le organizzazioni sindacali parlano di almeno due milioni di lavoratori e lavoratrici scese in piazza in almeno duecento città. Un po’ al di sotto delle giornate precedenti ma comunque una tenuta significativa. La partecipazione agli scioperi tiene anch’essa anche se ,in particolare nel pubblico vi è stato un calo di adesioni tra la seconda e la terza giornata di mobilitazione. Sabato 11 febbraio era prevista una giornata di manifestazioni di piazza in tutto il Paese. Ed è stata una giornata che segnerà il corso futuro delle mobilitazioni per l’ampiezza della partecipazione ai tanti cortei che si sono svolti in tutta la Francia.”.2,5 milioni di persone sono scese in piazza secondo le organizzazioni sindacali, quasi un milione secondo le stime della polizia. Ed è la cifra più alta segnalata ad oggi dalle autorità.In tantissimi centri piccoli e grandi la partecipazione al corteo dell’11 febbraio ha superato quella delle giornate precedenti.

Il dato politico dei due ultimi giorni di mobilitazione è evidente: Macron ed il suo progetto di controriforma previdenziale sono ancora isolati nel Paese ed il consenso, se non il sostegno esplicito, al movimento sociale in corso si dimostra largamente maggioritario nelle classi popolari.

Dopo questa due giorni di mobilitazioni il coordinamento intersindacale che orienta il movimento di lotta ha già lanciato le tappe successive: un altro giorno di sciopero a fine febbraio e poi ancora il 7 marzo, che viene annunciato come il “blocco del paese e delle attività produttive”.Infine la partecipazione alla mobilitazione dell’8 marzo, quest’anno dedicata ad indicare come la discriminazione di genere  segni in profondità anche questa controriforma previdenziale, che penalizzerà  le donne lavoratrici ancor più degli uomini in ragione della discontinuità lavorativa che le caratterizza.

Le mobilitazioni in Francia sono caratterizzate da alcuni elementi. 

  • In primo luogo l’intersindacalità.
    La mobilitazione è promossa da un Coordinamento intersindacale che raccoglie tutte le organizzazioni sindacali dalla Cfdt più conciliatrice e moderata a Force Ouvriere per arrivare a Cgt e Sud Solidaires, molto simile al nostro sindacalismo di base ed alternativo. In Francia partecipano alle mobilitazioni e all’intersindacale anche le organizzazioni giovanili studentesche e i sindacati dell’Educazione strutturati in modo autonomo dalle confederazioni sindacali piu’ tradizionali. 
  • Nelle ultime settimane il movimento si è allargato a segmenti importanti di gioventù, e si è arrivati all’occupazione di almeno 15 centri universitari. L’atteggiamento delle forze di polizia nei cortei e in particolare nei confronti dei picchetti è sempre molto aggressivo… In secondo luogo è decisivo il ruolo delle assemblee nei luoghi di lavoro, che decidono unitariamente della partecipazione agli scioperi e organizzano in modo articolato la lotta, dando continuità e radicamento sociale al movimento degli scioperi. 
  • Infine come in occasione di altre ondate di lotta sociale in Francia vi è una grande solidarietà nelle classi popolari verso questo movimento di lotta e una forte polarizzazione contro Macron e le sue modalità “bonapartiste” e autoritarie tipiche del presidenzialismo transalpino.
    La scommessa che ha di fronte questo movimento è quella del passaggio alla fase di successiva radicalizzazione ed estensione, invocata dai sindacati più radicali e dalle componenti più combattive di questo movimento sociale, cioè lo sciopero prolungato e il blocco della produzione a partire dai settori strategici dell’apparato produttivo. Prefigurando anche la possibilità di azioni dirette di disobbedienza civile, peraltro già praticate in altre occasioni, tipo il distacco delle utenze elettriche da parte dei lavoratori dell’Edf, l’ente che gestisce l’erogazione di quei servizi, nei confronti dei palazzi del potere o di alcuni quartieri particolarmente benestanti…
    Obiettivo non facile, lo sciopero prolungato, che presuppone un allargamento nel settore privato che è quello che partecipa con più fatica alle mobilitazioni e tenendo conto che il governo è intenzionato ad accelerare sul piano parlamentare l’iter dell’approvazione della sua legge di controriforma. Bisogna poi capire quale sarà la tenuta dell’unità nel movimento sindacale. Per ora regge, ma non è escluso che Macron possa giocare la carta della divisione tra i settori più moderati e conciliatori e gli altri, scommettendo sul logoramento nel tempo della partecipazione alle mobilitazioni e agli scioperi. 


La partita è assolutamente aperta…e noi non dovremmo stare soltanto a guardare ma intervenire con una informazione diffusa nei luoghi di lavoro e iniziative di solidarietà con la lotta dei lavoratori e delle lavoratrici francesi.

In Europa in altri paesi ci si mobilita e si lotta. 

In Gran Bretagna ancora il 6 e 7 febbraio sono state due giornate di picchetti ,scioperi e manifestazioni dei lavoratori e lavoratrici della Sanità,in particolare le infermiere, che hanno annunciato un calendario di mobilitazioni fino all’estate, e del personale delle ambulanze e di primo soccorso. Lì si lotta contro l’austerità salariale decretata dal governo conservatore, con richieste di aumenti salariali molto forti per recuperare una inflazione che sta letteralmente divorando il potere d’acquisto dei salari dei lavoratori…E continuano ad essere mobilitati con scioperi articolati e ripetuti nel tempo i lavoratori dei trasporti,i portuali e i lavoratori degli Enti locali.
Qualche difficoltà in più nella partecipazione agli scioperi nel settore ,molto ridimensionato in Gran Bretagna, ma ancora importante, dell’industria manifatturiera. Qui pesa il ricatto della precarietà e il conservatorismo delle organizzazioni di categoria affiliate alle Trade Unions.
Per concludere, ricordiamo il Belgio e la Danimarca.
In Belgio vi sono forti mobilitazioni con grandi manifestazioni nelle principali città organizzate dalle grandi centrali sindacali, contro l’aumento del costo della vita e per chiedere forti aumenti salariali.
In Danimarca si lotta contro un provvedimento legislativo del governo (socialdemocratico) che in nome dell’austerità e delle esigenze di bilancio taglia alcuni giorni di festività. Anche qui il movimento è appena agli inizi, ma promettente , con un buon riscontro di solidarietà nella società danese, in particolare tra i giovani e gli studenti.