Per la libertà delle donne iraniane. Comunicati di solidarietà.

E’ trascorso quasi un mese dalla morte di Mahsa Amini, ragazza curda di 22 anni, arrestata dalla polizia morale perché alcune ciocche di capelli fuoriuscivano dal suo velo, poi picchiata fino alla morte.
Da quel giorno migliaia di persone stanno manifestando in Iran, sfidando coraggiosamente la repressione, altre donne sono state uccise dalla polizia, e in tutto il mondo si sono sollevate proteste in difesa delle donne dell’Iran.
Il Sindacato Sial Cobas sostiene le lotte per la liberazione delle donne (e degli uomini) dell’Iran dal regime teocratico, liberticida ed assassino e invita tutte/i alla solidarietà attiva.

Pubblichiamo di seguito la traduzione del comunicato Intersindacale di Solidaires e altri sindacati francesi del 4 ottobre 2022.
Il link originale qui ——–> https://solidaires.org/sinformer-et-agir/actualites-et-mobilisations/internationales/declaration-intersyndicale-solidarite-avec-les-manifestantes-diran/

Dichiarazione sindacale – Solidarietà con le/i manifestanti in Iran

In Iran la rabbia imperversa per l’omicidio, il 16 settembre, della giovane Masha Jina AMINI da parte della polizia morale.
Quando è stata annunciata la sua morte, si sono verificati movimenti di protesta nella regione curda da cui proveniva, così come a Teheran e in diverse università del Paese. Il giorno dopo l’omicidio, il sindacato degli autobus VAHED nella regione di Teheran ha dichiarato nello specifico: “Condanniamo fermamente questo crimine e chiediamo un processo, un processo pubblico e la punizione di tutti i responsabili di questo omicidio”.
“La libertà di parola e di abbigliamento, il diritto all’istruzione, al lavoro, al divorzio, nonché il diritto a partecipare alle attività sociali devono essere pienamente inclusi nei diritti di tutti gli abitanti del Paese, così come di qualsiasi gruppo sociale “.
“La discriminazione strutturale, istituzionalizzata e patriarcale contro le ragazze e le donne nel Paese deve finire”.
“Il movimento sindacale e le organizzazioni indipendenti dei lavoratori sono forti sostenitori dell’uguaglianza tra uomini e donne. Si oppongono all’obbligo di indossare l’hijab, così come ad altre ingiustizie e discriminazioni contro le donne e le persone oppresse”. Lunedì 19 settembre nella città natale di Mahsa Jina AMINI, i partiti politici curdi (banditi dal regime) hanno indetto uno sciopero generale. Da allora, nelle regioni curde si sono susseguiti vari movimenti che chiedono in particolare la fine della discriminazione contro i curdi e una possibile autonomia. Lo slogan “Jin, jiyan, azadî” (donna, vita, libertà), tratto dal movimento delle donne curde libere, è ampiamente cantato da tutti nelle manifestazioni. In tutto il paese, migliaia di manifestanti scendono in piazza ogni giorno. In particolare denunciano la polizia morale, posta sotto l’autorità del ministro dell’Interno. Quest’ultima ha in particolare il compito della verifica dell’applicazione dell’obbligo di indossare il velo per le donne. Secondo Amnesty International, “tra marzo 2013 e marzo 2014, più di 2,9 milioni di donne iraniane hanno ricevuto un avvertimento dalla polizia per aver violato il codice di abbigliamento islamico e altre 18.081 donne sono state rimesse a giudizio delle autorità giudiziarie per essere perseguite e punite”. Questi eventi fanno eco all’8 marzo 1979, Giornata internazionale della donna, quando centinaia di migliaia di donne (e uomini) hanno manifestato contro l’introduzione dell’obbligo dell’hijab e le regressioni del codice civile, nonché per la parità tra uomini e donne . I manifestanti attaccano i simboli della Repubblica islamica istituiti nel 1979, abbattendo statue o ritratti di dignitari del regime passati o attuali. Vengono cantati sempre più diffusamente slogan come: “Abbasso la Repubblica islamica”,
“Morte al dittatore”, “Né Shah né Leader Supremo”.
Al primo di ottobre, le persone uccise dalla polizia sarebbero 133.
In particolare la morte di Hadis NAJAFI colpito da sei proiettili suscita molta emozione.
Sono stati effettuati migliaia di arresti, di cui oltre 700 fino ad oggi in una provincia curda nel nord del Paese. Molti degli arrestati vengono torturati e condannati alla reclusione o alla fustigazione dopo processi iniqui. Molte famiglie di detenuti si radunano davanti alle carceri per chiederne la liberazione.
Di fronte alla popolarità del movimento, il governo ha bloccato l’accesso ai mezzi di comunicazione via Internet.
Le manifestazioni di sostegno si stanno moltiplicando in tutto il mondo.
Condanniamo fermamente la repressione contro i manifestanti.
Chiediamo al governo iraniano di rilasciare immediatamente e incondizionatamente tutti i manifestanti detenuti, così come i difensori dei diritti umani, i sindacalisti, gli studenti attivisti, i giornalisti, ecc.
In particolare supportiamo:
– il diritto essenziale delle donne a disporre del proprio corpo,
– l’abrogazione della legge che rende obbligatorio l’uso dell’Hijab nonché di tutte le leggi fallocratiche vigenti.

Parigi, 4 ottobre 2022

Solidaires
CFDT
CGT
Fèdèration Syndacale Unitaire
UNSA