Rete Sindacale Internazionale: dopo la sconfitta in Amazon Alabama, che strada seguire

traduzione a cura del Sial Cobas

Cosa possono imparare i sindacati di tutti i paesi dalla sconfitta molto mediatizzata del voto per il riconoscimento di un sindacato nello stabilimento Amazon dell’Alabama ?

La National Labor Relations Board il 9 aprile ha annunciato che i lavoratori e le lavoratrici dello stabilimento Amazon a Bessemer, vicino a Birmingham, avevano votato contro l’adesione al sindacato “Retail, Wholesale, and Department Store Union”.
Il risultato è stato del 71% di no e del 29% di sì – anche se è probabile che la ripartizione reale sia più vicina ad un 60-40, se si tiene conto del gran numero di schede che sono state consegnate, ma che non sono state conteggiate perché contestate da Amazon.

Cosa possiamo concluderne?

Le speranze erano grandi. La campagna aveva avuto un’enorme copertura mediatica favorevole e anche il sostegno della Casa Bianca. Tuttavia, la sconfitta non è stata una sorpresa per molti lavoratori/trici. Amazon è una delle multinazionali più potenti al mondo ed è noto che sia difficile organizzasi al suo interno per via anche della normativa di diritto del lavoro americano.

Certi aspetti della campagna hanno fatto riflettere gli osservatori, come l’assenza di leaders all’interno dello stabilimento pronti a esprimersi pubblicamente. Tuttavia, anni di campagne sindacali vinte e perse hanno permesso di accumulare un certo numero di esperienze. E nello stesso tempo, occorre diffidare da quelli che pretendono di vincere se si seguono tutte le tappe. Sindacalizzare è sempre stata una battaglia difficile. Sarebbe utile per tutti noi saperne di più su come è andata, visto che il riconoscimento dell’agibilità sindacale in Amazon rischia di richiedere numerosi altri tentativi.

Fin troppo spesso c’è una mancanza di riflessione a seguito di una sconfitta sindacale. Lavoratori/trici e dirigenti sindacali, come Stuart Applebaum dell’ RWDSU, dichiarano che “lunedì mattina si riprende la battaglia”, per rispondere agli osservatori che tentano di comprendere perchè le cose non sono andate per il verso giusto.

Ma cosa si aspettano?

I lavoratori/trici non possono permettersi di sprecare l’occasione di imparare qualche cosa sul modo in cui una strategia particolare, qua o là, ha potuto funzionare in condizioni particolari. Questo richiede una riflessione onesta da parte di coloro che sono direttamente coinvolti, che si tratti della base o dei responsabili sindacali. Sono lieto di vedere alcuni segnali precursori di questa riflessione.

Un diritto del lavoro ostile

Amazon ha combattuto la campagna sindacale come fanno molti datori di lavoro, con riunioni cui i lavoratori/trici erano chiamati a partecipare obbligatoriamente e con una comunicazione molto muscolare. Ha installato un box delle lettere all’interno dell’azienda, infrangendo probabilmente la legge, per raccogliere le schede di voto arrivate per corrispondenza, con l’aiuto del servizio postale. Questa cosa potrebbe essere considerata un atto di violazione della registrazione dei voti e si potrebbe arrivare all’ingiunzione di ripetere l’operazione di voto.

Ma a parte questo, la vicenda del voto ha avuto uno sviluppo purtroppo molto banale. Non abbiamo avuto notizia di minacce, misure disciplinari o licenziamenti da parte dell’azienda nei confronti degli organizzatori (per ora), cosa invece frequente nelle campagne sindacali e che la stessa Amazon ha fatto altrove. Ma, come ovunque, i lavoratori/trici hanno avuto paura di esprimersi per timore di essere licenziati o sanzionati.

La legge sulla protezione del diritto d’organizzazione (PRO), attualmente in discussione al Congresso, avrebbe impedito ad Amazon di fare alcune di queste cose. Le assemblee obbligatorie per i dipendenti avrebbero potuto essere impedite. Amazon non avrebbe avuto voce in capitolo nel comitato organizzatore del voto (il sindacato si è ritrovato, a poche settimane dall’inizio dello scrutinio, con quasi quattro volte il numero di elettori eleggibili rispetto a quanto previsto). Con l’approvazione della legge sulla protezione del diritto d’organizzazione le pressioni, come le misure disciplinari, le minacce e il licenziamento di simpatizzanti sindacali sarebbero oggetto di sanzioni realmente significative per l’azienda, e ci sarebbe una procedura di arbitrato che dissuaderebbe i datori di lavoro.

La nostra parte

Tutto questo avrebbe cambiato il risultato di questo voto particolare? E’ impossibile dirlo. I lavoratori e le lavoratrici avrebbero avuto meno paura di agire e di presentarsi come leaders dentro lo stabilimento? E’ possibile.

Questo significa che potrebbero ottenere un contratto collettivo solido e applicabile che potrebbe ispirare altri lavoratori di Amazon ad organizzarsi? Può essere, ma per ottenere delle concessioni importanti da parte di Amazon, occorrerebbe probabilmente esercitare una pressione importante su più di un sito, data la frammentazione del modello di distribuzione dell’impresa.

La legge PRO potrebbe cambiare la situazione, prima e dopo un’elezione. Senza dubbio faciliterebbe una vittoria alle elezioni e per le prime contrattazioni e aprirebbe uno spazio per costruire sindacati più forti. I sindacati dovrebbero lottare con le unghie e con i denti per una legislazione come questa che dà ai lavoratori un diritto significativo di organizzarsi. Ma dobbiamo ancora costruire organizzazioni forti e democratiche che impegnino ampie fasce di lavoratori nella costruzione di un potere sul luogo di lavoro – sindacati che facciano venire voglia ai lavoratori di unirsi. La legge PRO non farà questo lavoro; siamo noi che lo dobbiamo fare.

Una sola battaglia

La sconfitta di settimana scorsa è sicuramente una battuta d’arresto. Ma non deve essere presa come una pietra tombale sulla possibilità che ci sia un’organizzazione sindacale dentro Amazon. La storia del movimento sindacale degli Stati Uniti è piena di sconfitte che hanno preceduto e si sono sviluppate nel pieno di grandi vittorie.

E’ vero che una sconfitta importante e pubblica può scoraggiare i lavoratori e le lavoratrici dall’organizzarsi. E’ nostro dovere essere lungimiranti e minuziosi, batterci per vincere ad ogni round.

Tuttavia, non dobbiamo farci prendere dalla frenesia dei media sul significato storico schiacciante di una singola elezione. Se permettessimo al sistema mediatico mainstream di imporre la lezione da trarre da questa vicenda, il movimento operaio sarebbe già sparito da tempo! Tentare di organizzare sindacalmente ha delle ricadute che non possiamo percepire pienamente mentre siamo nel mezzo di una campagna. Queste conseguenze possono essere positive (spingendo altri lavoratori a dire “Ehi, potremmo farlo qui”!), negative (con un’ondata di sfiducia) o raccogliere tutte le sfumature che stanno nel mezzo. E’ difficile predire questi effetti.

Questa sconfitta può provocare molta delusione – anche se, a giudicare dalle discussioni avute con lavoratori/trici di altri stabilimenti Amazon, non sembra che abbia avuto molto effetto. In ogni caso, sappiamo che molti lavoratori vogliono lottare per migliori condizioni di lavoro e per fronteggiare le prevaricazioni sul posto di lavoro. Molti lavoratori vogliono i sindacati e questo non cambierà perché l’azienda ha vinto questa volta.

Una visione a lungo termine

Perderete più spesso di quanto vincerete. La dura realtà dell’organizzazione è questa: spesso fallirete!

Questo non significa che dovrete prendervela a male. Comincerete molte cose che non porteranno da nessuna parte. In realtà, se non succede nulla è perché non si tenta abbastanza. Una sola azione in genere non basta, occorre perseverare. E anche una campagna ben organizzata, con un’importante posta in gioco, validi leaders e tattiche ambiziose, si conclude spesso con una sconfitta. Se si va ad analizzare un grande vittoria, si scoprirà che è stata preceduta da una serie di sconfitte. Si continua a perdere finchè non si vince. Coraggio. Fate tesoro di tutto ciò che potrete apprendere da ogni sconfitta. Trovate il lato buono, come i nuovi militanti o simpatizzanti che avete raccolto. Guardate ad ogni lotta come a una possibilità di mettere in pratica il consiglio del drammaturgo Samuel Beckett: “Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio”

Le lotte sindacali contro colossi come Amazon possono necessitare decenni prima di riuscire a radicarsi, bisogna tentare diverse strade, organizzare, organizzarsi e riorganizzarsi.

Nel bellissimo libro Rank and File – un’antologia di storie di militanti sindacali coinvolti nelle mobilitazioni sindacali di massa degli anni ’30 e ’40 del secolo scorso – Stella Nowicki, un’operaia di un centro d’imballaggio di Chicago, spiega come il fallimento delle campagne di sindacalizzazione e degli scioperi nei settori dell’acciaio e dell’imballaggio delle carni, immediatamente dopo la Prima Guerra Mondiale ha contribuito alle vittorie vinte decenni dopo. I lavoratori e le lavoratrici hanno domandato ai responsabili sindacali di discutere di ciò che aveva funzionato e ciò che no. Chi di loro aveva preso parte a questo confronto era ancora lì all’inizio degli anni ’30, il che permetteva loro di assicurare la continuità della loro esperienza. Eppure è solo durante la seconda guerra mondiale – quarant’anni dopo il fallimento dello sciopero del 1904, vent’anni dopo la sconfitta dello sciopero del 1921-1922 e dieci anni dopo la fondazione dell’organizzazione da parte di Nowicki – che i lavoratori e le lavoratrici delle aziende di impianti di condizionamento hanno ottenuto un riconoscimento sindacale. Lo sciopero selvaggio del 1970 nel servizio postale americano, che ha portato alla legalizzazione della negoziazione collettiva per il settore delle poste, è arrivato 65 anni dopo la formazione del precedente sindacato delle poste (APWU).

I sindacati delle poste esistevano già da decenni, spesso sotto forma di organizzazioni di lobbying e di servizi, prima che la confluenza del movimento dei diritti civili con maggiori aspettative politiche e il deterioramento delle condizioni portassero i lavoratori/trici a mobilitarsi per uno sciopero nazionale. Più recentemente, per migliaia di lavoratori/trici del mattatoio Smithfield de Tar Heel, in Carolina del Nord, ci sono voluti 16 anni e tre votazioni per ottenere che entrasse un sindacato nel luogo di lavoro. I lavoratori/trici hanno lottato contro le violazioni del diritto del lavoro, le divisioni razziali, le forti intimidazioni da parte del padrone e le discutibili decisioni in materia di organizzazione per riportare alla fine un’elezione sindacale di massa in uno Stato dove la sindacalizzazione è una delle più basse del paese.

Quello che pare promettente, è che numerosi militanti sindacali che lottano contro Amazon – dal gruppo di base Amazonians United fino ai sindacati che possiedono un vero e proprio bottino di guerra come i Teamsters – si preparano per una battaglia di lungo periodo. Prendono tempo per capire come funziona la multinazionale e dove è vulnerabile e sperimentano mezzi di organizzazione che non comportano il passaggio immediato ad un’elezione. Ci saranno probabilmente più fallimenti che vittorie, ci vorranno ancora sconfitte, anche in mezzo a vittorie che speriamo di vedere. Come dice Labor Notes nel libro Segreti per un’organizzazione di successo: “grattate la superficie delle grandi vittorie e vi scoprirete una serie di sconfitte che le hanno precedute. Continuate a perdere finchè non vincete