I governi europei e molti altri, a partire da quelli delle due maggiori potenze mondiali USA e Cina, stanno investendo somme imponenti nell’acquisto dei vaccini anti Covid-19 per attuare enormi campagne di vaccinazione, con straordinario impiego di risorse finanziarie e umane.
I nuovi vaccini hanno/avranno un’autorizzazione al commercio in procedura d’emergenza. Lo hanno fatto la FDA (Food and Drug Administration) negli USA e l’EMA (Agenzia europea per i medicinali) in Europa. Solo in seguito vi sarà l’approvazione di EMA e FDA. Rispetto agli standard dei vecchi vaccini, le sperimentazioni per i vaccini antiCovid-19 si sono svolte con tempi molto brevi giustificati dall’urgenza e dalla gravità della pandemia, dalle nuove tecnologie utilizzate e dall’enorme erogazione di fondi pubblici.
Praticamente tutta la produzione di vaccini pianificata (2 miliardi di dosi nel 2021) è stata già acquistata dai Paesi più ricchi, dove vive meno di un sesto della popolazione mondiale, e in quasi 70 Paesi a basso reddito la maggior parte della popolazione rischia di non poterne avere accesso.
Questo percorso di ricerca e sperimentazione senza precedenti aiuterà a contrastare la pandemia, ma discuterne i limiti e ragionare sui presupposti scientifici e operativi può aiutare una corretta gestione, istituzionale e nelle azioni dei singoli. Un clima di fiducia e collaborazione sarà possibile se le istituzioni baseranno le decisioni di salute pubblica su trasparenza, assenza di conflitti di interessi, vigilanza post-vaccinale capillare, efficace e attendibile, precedute da un’ampia disponibilità al confronto anche con chi esprime critiche e avanza proposte in modo scientificamente motivato.
L’EMA ha ridotto di 10 volte i tempi generali di istruttoria per esprimere un parere (delibera Ema/213341/2020), a partire dalla richiesta delle case farmaceutiche di formale autorizzazione, e ha dato una ‘autorizzazione condizionata’ (regolamento CE 507/2006) per un anno, consentita – non solo per i vaccini – anche se i dati scientifici presentati sono incompleti, purché i produttori li forniscano in seguito e si impegnino a una ‘farmaco vigilanza’. L’EMA ha per altro criticato l’MHRA (Agenzia regolatoria del Regno Unito) per la velocizzazione eccessiva della procedura impiegata per autorizzare l’uso su larga scala del vaccino.
Ad oggi, decine di candidati vaccini COVID-19 sono in fase di sviluppo clinico e molti di più in sviluppo preclinico, a ritmi senza precedenti, con alcuni che hanno iniziato gli studi di fase 3 entro 4 mesi dall’inizio dello sviluppo del vaccino.
Gli obiettivi di questi programmi vaccinali (ad esempio eradicazione, eliminazione, contenimento della patologia) non sono ad oggi ben definibili per le conoscenze ancora incomplete delle caratteristiche di questo virus.
Un vaccino contro il SARS-CoV-2 dovrebbe tra l’altro impedirne la trasmissione, ma non tutti gli studi hanno sinora valutato questo aspetto, anche se la 1a dose del vaccino Moderna pare riduca del 63% le infezioni asintomatiche, e il vaccino di AstraZeneca/Oxford (se con 1a dose bassa) le ridurrebbe del 59%.
Dunque almeno alcuni dei vaccini ridurrebbero le infezioni asintomatiche, ma senza evitarle, e una quota di vaccinati possono continuare a trasmettere il virus (come è dimostrato per altre infezioni, ad es. nella pertosse, in cui il vaccino attenua o evita la malattia in chi lo fa, ma non evita la colonizzazione e trasmissione). AIFA ha ricordato che “ancora non sappiamo in maniera definitiva se la vaccinazione impedisce solo la manifestazione della malattia o anche il trasmettersi dell’infezione” e inoltre “vi sarà sempre una porzione di vaccinati che non svilupperà la difesa immunitaria”. A oggi non si può dunque sostenere che la vaccinazione produrrà immunità di gregge e, già per questo, le proposte di renderla obbligatoria confliggerebbero con la sentenza n. 258/94 della Corte Costituzionale che afferma, come primo requisito per leggi sull’obbligo di vaccinazioni che ci sarebbe compatibilità con l’art. 32 della Costituzione “se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri”, oltre che “… non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato”, salvo che per sole conseguenze temporanee e di scarsa entità. In tema di effetti avversi, però, conosciamo solo alcuni di quelli rari, e quelli a breve termine. Nello studio di fase 2 per il vaccino Moderna, con soli 40 soggetti adulti e quindi precisione molto bassa, nei primi 7 giorni gli eventi gravi sistemici sono stati il 10% (con intervallo di confidenza 0,3%-44,5%), i gravi locali il 6,7% (0,2%-31,9%), come si legge nella Table S2. La sorveglianza attiva in atto per le prime somministrazioni nel Regno Unito con il vaccino Pfizer riporta invece il 2,8% circa di eventi gravi, definiti da temporanea inabilità a svolgere le normali attività giornaliere, a lavorare, con richiesta di assistenza da un medico od operatore sanitario.
Le conoscenze attuali, dunque, non soddisfano appieno due vincoli posti dalla Corte Costituzionale.
Quand’anche li soddisfacessero, resta che la somministrazione di un nuovo vaccino alla popolazione è la cosiddetta fase 4 della sperimentazione, legittima se soddisfa anche l’eticità, il cui primo formale requisito è la partecipazione volontaria (senza forzature o penalità per chi non intendesse partecipare). Bene fa dunque il Governo a non prevedere un obbligo vaccinale.
Un vaccino contro il SARS-CoV-2 dovrebbe offrire protezione contro gravi complicanze e decessi, non facili da rilevare nelle coorti arruolate negli studi (decine di migliaia di persone, ma per pochi mesi).
Gli studi randomizzati controllati (RCT) sinora presentati indicano importanti riduzioni di malattia tra i vaccinati rispetto ai gruppi di controllo, ma l’esito primario di efficacia è su casi di Covid-19 di qualsiasi gravità, non sulla riduzione dei decessi (anche se alcuni mostrano già una significativa riduzione di ricoveri). La protezione da malattie gravi e mortalità si osserverà soprattutto se i vaccini sono efficaci anche in anziani, con patologie croniche o immunodepressi, gruppi con dati d’efficacia ancora carenti, e assenti quelli su adolescenti e donne in gravidanza e allattamento. Non è scontato che i dati di efficacia e sicurezza noti si estendano a tutta la popolazione. Allo stato delle conoscenze è opportuna la scelta di iniziare con vaccinazioni mirate alle categorie a maggior rischio di gravi conseguenze in caso di malattia.
La durata della protezione è oggi sconosciuta: sono previste due dosi per il ciclo primario, ma non si sa se, quando, e con che frequenza serviranno iniezioni di richiamo.
Le mutazioni di SARS-CoV-2 sembrano modeste, ma c’è allarme per una variante britannica, e la pressione selettiva di una vaccinazione di massa potrebbe indurre mutazioni più importanti e ridurre l’efficacia; è un problema da sottoporre a stretto monitoraggio per eventuali modifiche dei vaccini.
Le nostre richieste e proposte
- Chiediamo al governo italiano di condurre il negoziato con le case farmaceutiche coinvolte nella ricerca e sviluppo dei vaccini con criteri di trasparenza nella selezione dei negoziatori, e chiediamo conto delle condizioni che l’Italia intende porre, a fronte delle erogazioni finanziarie già avvenute.
- Chiediamo all’Italia di sostenere le proposte di paesi asiatici e africani all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) di sospendere i diritti di proprietà intellettuale (brevetti, dati clinici, procedure, tecnologie…) durante la pandemia. Ciò faciliterebbe l’accesso alle conoscenze per le comunità scientifiche e i potenziali produttori di generici nel mondo. La misura vale anche per prodotti farmaceutici e medicali efficaci per controllare il virus e tutelare le fasce di popolazione più esposte. Una deroga ai diritti di proprietà intellettuale (IP Waiver) è prevista dal Trattato di Marrakesh costitutivo dell’OMC, e oggi sostenuta da oltre 100 paesi, ma non da Commissione Europea, USA, Giappone e Australia.Un’iniziativa internazionale (ICE) in corso è sostenuta anche da firmatari di questo documento.
- Data l’alta reattogenicità a breve termine dei nuovi vaccini e la possibilità di effetti avversi meno comuni o a lungo termine, sarà necessaria un’attenta e prolungata sorveglianza attiva di effetti sia attesi, sia sconosciuti. È noto che la sorveglianza passiva, anche nel primo mese, può rilevare effetti avversi centinaia di volte inferiori(anche nel caso di effetti classificati gravi in base all’algoritmo OMS). Comunque andrebbe sottolineato anche l’obbligo di segnalazione di sospette reazioni avverse ai nuovi vaccini da parte del personale sanitario.
Bene ha fatto in proposito l’AIFA a istituire con eminenti personalità un Comitato scientifico per la sorveglianza dei vaccini Covid-19. Come pratica generale per simili Comitati, si chiede di rendere pubbliche le dichiarazioni di esperti e osservatori in merito a possibili conflitti di interessi.
- Non prevedere vaccinazioni per chi ha già contratto Covid-19 o comunque infezione documentata (anche asintomatica). Infezioni naturali e malattie infettive anche con altri patogeni conferiscono spesso protezioni prolungate, in genere più durature dei vaccini. Non sono solo legate al livello di anticorpi circolanti, che può decadere in mesi, ma alla memoria immunitaria nei linfociti, risultata con Sars-CoV-2 ancora forte e stabile a 6-8 mesi da infezioni anche asintomatiche, nel 90% dei casi. Su 1.460 ospedalieri lombardi ed emiliani già infettati nella 1a ondata, solo l’1,8% ha avuto reinfezioni nella 2a, e in 2/3 dei casi in forma asintomatica. Con altri coronavirus, come nella SARS, la protezione può durare molti anni e, nel caso dell’influenza spagnola, gli adolescenti sopravvissuti nel 1918 avevano ancora protezione dopo i 90 anni.
Anche per Sars-CoV-2 i casi descritti di reinfezione sono pochi e meno frequenti delle infezioni verificatesi in 2 mesi nei vaccinati (la protezione vaccinale dichiarata dai produttori non è assoluta: del 95% da Pfizer e Moderna, del 70% da AstraZeneca. Anche parte dei vaccinati, dunque, si può presto reinfettare).
In ogni caso, in attesa di elementi più sicuri, chi ha già contratto la Covid-19 non è certo soggetto da vaccinare con priorità (quando sarà il suo turno, potrà nel caso richiedere la vaccinazione).
- Comunque non prevedere obblighi (né penalizzazioni), per i motivi già esposti: l’adesione a sperimentazioni, anche di popolazione, è comunque volontaria , previa informazione completa e indipendente da interessi commerciali.
Inoltre allo stato delle conoscenze non è sostenibile un ‘dovere etico’ di proteggere gli altri, perché se permane/residua un’ampia possibilità di colonizzazione/trasmissione, come sembra dai dati attuali, non è chiaro se il vaccinato che sopprime i suoi sintomi di Covid-19, divenendo meno individuabile, sia meno (o più) rischioso per altri rispetto a chi manifesta sintomi clinici. Pertanto, parlare in questo caso di ‘immunità di gregge’ non avrebbe fondamento.
- Ben venga dunque l’offerta gratuita di vaccini per protezione individuale di soggetti ad alto rischio, o anche a basso rischio che vogliano comunque riceverli. Va altrettanto civilmente rispettata la scelta di chi non intendesse riceverli, allo stato delle conoscenze o in generale.
- A questo proposito, le Associazioni firmatarie di questo documento hanno deciso – presa atto della disponibilità di alcuni loro membri che allo stato attuale ritengono per i più diversi motivi di non vaccinarsi – di offrire un contributo all’avanzamento delle conoscenze scientifiche costituendo una coorte che parteciperà a un progetto dimostrativo (da strutturare), rendendo disponibili per un lungo follow-up i propri dati sanitari, in modo da consentire a un Comitato Scientifico indipendente di attuare confronti di esiti a lungo termine, se possibile con coorti di vaccinati appaiate per caratteristiche fondamentali. In base all’evoluzione delle conoscenze i partecipanti a tale progetto potranno comunque sempre decidere di uscire dal relativo monitoraggio e di vaccinarsi.
- Infine, come sostenitori dell’approccio scientifico e della Medicina basata sulle Prove (EBM), segnaliamo l’occasione straordinaria di effettuare una ricerca randomizzata controllata (RCT) superando le obiezioni dei Comitati etici (che “non si potrebbe privare il gruppo di controllo dei benefici di un vaccino antiCovid-19…”), reclutando chi restasse comunque esitante dopo aver ricevuto informazioni esaurienti su vantaggi e svantaggi noti di queste vaccinazioni e sulle perduranti incertezze. Ci riferiamo a chi non sa proprio decidere se vaccinarsi o no, spontaneamente esita molto, ma non è contrario. A costoro, in Italia forse tra il 20% e il 30% della popolazione, si potrebbe proporre di diventare una risorsa per la comunità, partecipando a una grande ricerca controllata pragmatica, con ricercatori indipendenti da conflitti di interessi, per far avanzare la scienza. Su milioni di esitanti, è possibile che varie migliaia accettino: alcuni grandi gruppi sarebbero randomizzati a ciascuno dei vaccini sul mercato, sapendo che lo ricevono; al gruppo di controllo non si dovrebbe fare nulla (dunque non un’iniezione “placebo”). Si avrebbero risposte sugli effetti comparativi (sia noti che oggi ignoti) a breve-medio termine, e per ogni gruppo si potrebbero registrare in modo attivo e a lungo termine malattie insorte o evitate, eventuali complicanze ed effetti benefici e avversi, durata della protezione, necessità di richiami… Alla fine si potrebbe tracciare un bilancio serio, individuando le alternative migliori, di interesse universale per tanti anni a venire.
Questa Rete, con propri rappresentanti, è a disposizione per approfondire quanto sopra accennato, in particolare negli ultimi due punti, con la Direzione Generale e Presidenza AIFA, oltre che con istituzioni scientifiche nazionali (ISS, CSS e/o CTS).