Alberghi: presentato in Prefettura di Milano il dossier sulla grave situazione degli appalti

Il 15 gennaio 2021, il Sial Cobas, organizzato con SiCobas e CUB nel Coordinamento Lavoratrici e Lavoratori Alberghi Milano, era in presidio davanti alla Prefettura di Milano con i lavoratori e le lavoratrici degli appalti degli alberghi di Milano. Una delegazione è stata ricevuta per presentare un dossier elaborato congiuntamente per denunciare la grave situazione negli appalti: oltre alle problematiche legate al sistema delle esternalizzazioni dei servizi, seppur permanenti, di pulizia e facchinaggio, si sono aggiunte le questioni legate alla crisi pandemica, con la chiusura degli alberghi, un anno di cassa integrazione (per chi è assunto a tempo indeterminato) e i sempre più frequenti licenziamenti collettivi a seguito della cessata attività delle aziende appaltatrici. Nel testo presentato vi sono ovviamente le rivendicazioni e le richieste di intervento che proponiamo alle istituzioni.

Lettera aperta alla Prefettura, all’Amministrazione Comunale, all’Ispettorato e all’INPS di Milano

Prima dell’emergenza COVID il settore del turismo alberghiero a Milano registrava costanti tassi di crescita in termini di occupazione delle camere, di fatturato oltre che di espansione cittadina con l’apertura di nuove strutture che garantivano sempre maggiori opportunità anche in termini di occupazione: ad inizio febbraio 2020 venivano diffuse entusiastiche ricerche sulle future aperture di decine di hotel di lusso nei prossimi anni: https://www.ilsole24ore.com/art/hotel-11mila-camere-nuove-il-2020-e-2022-ACoGRPIB?refresh_ce=1

Un business in espansione, che vedeva Milano sempre di più accreditarsi al pari delle più importanti e principali mete turistiche in Europa per prezzi delle camere e, soprattutto, per ricavi medi per camera, come sottolineavano i report della Camera di Commercio, non andava di pari passo, però, con una conseguente espansione dei diritti dei circa 30.000 lavoratori impiegati nel settore, tutt’altro.

Come organizzazioni sindacali abbiamo potuto registrare un costante incremento di situazioni di sfruttamento e di illegittimità derivanti da alcune pratiche ormai consolidate in questo settore.

1) Negli ultimi quindici anni l’esternalizzazione dei servizi di facchinaggio, pulizia camere e ristorazione è diventata la norma. I servizi vengono generalmente affidati ad un appaltatore – che spesso è un consorzio – che successivamente li subappalta ad un’azienda sua consorziata.

Questo sistema serve unicamente ad abbassare il costo del lavoro (dato che non vi è obbligo di parità di retribuzione tra i dipendenti del committente e quelli in appalto) e per creare manodopera costantemente precaria e quindi ricattabile. Ad ogni cambio d’appalto il lavoratore viene infatti licenziato dalla precedente azienda: a questo punto, nei casi fortunati, viene riassunto dalla società subentrante con le stesse condizioni contrattuali; sempre più spesso, però, viene riassunto a condizioni sfavorevoli (retribuzione ridotta, annullamento degli scatti di anzianità o taglio delle ore di lavoro), ma può anche essere lasciato a casa, dato che nei contratti nazionali del Turismo le “clausole sociali” non prevedono riassunzioni vincolanti di tutto il personale alle condizioni precedenti.

2) Questo sistema delle esternalizzazioni dei servizi alberghieri è degenerato in una consuetudine, quella di cambi d’appalto improvvisi – prima della naturale scadenza del contratto siglato col committente: in genere la società o cooperativa esce di scena “per difficoltà economiche” (cui seguono cessazioni di attività o fallimenti) e ne subentra un’altra, generalmente dello stesso consorzio. Abbiamo esempi di Hotel che nell’ultima decade hanno avuto più di dieci cambi di appalto. Tutto questo avviene con procedure poco limpide, senza la consultazione dei sindacati o con una consultazione meramente formale di funzionari sindacali territoriali. I lavoratori spesso sono ignari di quello che sta accadendo. In molti casi i lavoratori/trici si trovano a dover lottare per ottenere il TFR e le competenze dovuti dall’azienda cessata, spesso senza riuscirci. Anche questo è un calcolo di convenienza che spiega questi repentini cambi d’appalto.

Riteniamo che a fronte di successivi fallimenti delle aziende consorziate, vada attenzionata dall’autorità di controllo l’attività del Consorzio e non sia più permesso che mantenga l’ingaggio d’appalto. Ci chiediamo infatti: com’è possibile che un committente mantenga con un certo consorzio il contratto di appalto quando questo continua a subappaltare a sue consorziate che falliscono puntualmente ogni anno?

3) Altro “fatto” che denunciamo è la progressiva diffusione del CCNL Pulizie/Multiservizi negli appalti alberghieri, in sostituzione del CCNL Turismo, prevedendo importanti ribassi della retribuzione: per un facchino o una cameriera ai piani a cui di solito viene applicato un livello D1 con il CCNL Turismo Confindustria con una paga oraria di 8,16 €, o un livello 6° con il CCNL Turismo Confcommercio con una paga oraria di 8,04 €, si contrappone un 2° livello del CCNL Multiservizi con una paga di 6,84 €. Parliamo cioè di una perdita del 20% solo per quanto riguarda la paga base. Ovviamente stiamo parlando di cifre al lordo… Questa situazione crea un evidente dumping salariale, denunciato anche da Federalberghi, perchè comporta una differenza di trattamento retributivo a parità di mansione tra i lavoratori degli hotel e quelli degli appalti – e ora anche tra quelli degli appalti stessi. Temiamo fortemente che con lo sblocco dei licenziamenti a primavera, se sarà confermato, ci sarà una corsa delle società/cooperative che gestiscono gli appalti a licenziare proprio i lavoratori più tutelati, col CCNL Turismo, per ottenere ancora di più un taglio del costo del lavoro. Cosa curiosa, ci sono proprietari di alberghi che aderiscono a Federalberghi (anzi, ne sono Consiglieri), ma appaltano a società/cooperative che utilizzano il ccnl Pulizie/Multiservizi (cosa denunciata da Federalberghi stessa!)

4) L’intero comparto delle cameriere lavora, di fatto, a cottimo. Basta dire che per il personale appaltato non esiste, in nessun albergo, un sistema di registrazione certa dell’orario di lavoro (badge, timbracartellino, etc), mentre ne è fornito tutto il personale dipendente dell’albergo (in genere receptionists, bar, amministrazione etc). Il lavoro delle cameriere viene quindi organizzato in base ad un minutaggio stabilito a priori per ogni camera da sistemare in base, generalmente, alle metrature; ovviamente questo sistema è approssimativo e non tiene conto dello stato con cui l’ospite lascia la camera al momento del check-out.

Può quindi succedere che i tempi di pulizia possano anche raddoppiarsi. E’ consuetudine dell’appaltatore pagare le cameriere in base alle camere fatte e non a quanto una lavoratrice ci mette a farle. Tutto ciò genera una situazione di arbitrio (la retribuzione mensile dipenderà da quante camere la governante ha segnato su un suo “foglio presenze” per ogni lavoratrice e non dall’orario di lavoro); ricattabilità (le lavoratrici sono costrette a rimanere oltre l’orario di lavoro per finire le camere assegnate per non perdere la loro retribuzione); insicurezza (la mancata timbratura che ufficializza l’entrata ed uscita di una lavoratrice in hotel comporta un rischio in caso di incidenti, emergenze, senza parlare dell’attuale situazione pandemica in cui diventa fondamentale avere traccia dell’esatta presenza e co-presenza dei lavoratori/trici per fare dei tracciamenti in caso di focolai).

A conferma del fatto che la mancanza di una registrazione delle presenze sia a mero svantaggio dei lavoratori per i motivi sopra addotti, c’è il granitico rifiuto delle società/cooperative ad installare qualsivoglia timbracartellino o badge, nemmeno a seguito di proteste dei lavoratori e/o sindacati.

A fronte della sentenza resa nella causa C-55/18 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che obbliga gli Stati membri e i datori di lavoro ad “instaurare un sistema che consenta la misurazione della durata dell’orario di lavoro giornaliero per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori”, riteniamo necessario che venga recepita anche nel settore degli appalti alberghieri e che ci sia un’attività di controllo da parte delle autorità preposte.

5) Infine, la questione della salute e sicurezza negli appalti degli alberghi – già connotata da una grande diffusione di patologie muscolo-scheletriche a causa dei ritmi di lavoro e di inadeguati mezzi per la movimentazione dei carichi – si è aggravata con i rischi dovuti alla diffusione della Sars-Cov2. Abbiamo raccolto testimonianze di mancata fornitura dei DPI giornalieri ai lavoratori/trici, nomine di “rappresentanti covid” tra lavoratori senza alcuna formazione – e non titolati per farlo – comitati aziendali di gestione covid e aggiornamenti di DVR fatti senza coinvolgere RSA e RLS, protocolli di sicurezza e sanificazione scritti solo sulla carta e non rispettati. Tutto questo anche negli appalti in alberghi di lusso. La mancanza di una registrazione elettronica dell’esatto orario di presenza dei lavoratori/trici nei luoghi di lavoro rende inoltre difficile ricostruire la catena dei contagi e bloccare eventuali focolai. A fronte di tutte queste gravi inadempienze, agli RLS – e in generale ai lavoratori/trici risulta difficile chiedere e ottenere il rispetto delle regole. Questo per via della ricattabilità dei lavoratori (trovandosi in cassa integrazione a rotazione a completa discrezione del datore di lavoro) e per la conseguente debolezza dei sindacati, che poco possono con l’attività alberghiera ferma o ai minimi termini. Ma il fatto più grave è che, in un simile contesto, i lavoratori, gli RLS e i sindacati non hanno nemmeno più potuto rivolgersi agli organi di vigilanza (ispettorato del lavoro e ATS) per denunciare e ottenere un intervento ispettivo laddove manca il rispetto delle norme. La medicina del lavoro in Lombardia è ridotta ad avere un personale limitatissimo, non in grado di fare vigilanza attiva perchè sono anni che viene tagliato il personale nei servizi di prevenzione, igiene ambientale e sanità pubblica. Le assunzioni fatte finora sono tardive e insufficienti: ma è il medico del lavoro che deve ricostruire se un dipendente si è infettato per mancanza di protezioni e magari mandare ispettori! Per sua stessa ammissione l’ATS della Lombardia ha rinunciato ad occuparsi del mondo del lavoro, non fornendo neppure dati sul numero di controlli effettuati dall’inizio del lockdown per verificare l’applicazione dei protocolli di sicurezza.

Con la pandemia i flussi turistici nella nostra città si sono ridotti: non avrebbe potuto essere altrimenti in una città che ha costruito la sua appetibilità turistica quasi esclusivamente sugli eventi fieristici, sul commercio e la ristorazione: tutti settori che sono rimasti profondamente colpiti dal Covid.

Se tra fine febbraio e marzo gli hotel sono rimasti senza ospiti (soprattutto quelli di lusso che accolgono principalmente clientela straniera) ed hanno successivamente dovuto chiudere le proprie porte, una piccola riapertura c’è stata tra settembre e ottobre; la parziale ripresa lavorativa, chiaramente, non è stata facile: molti lavoratori venivano richiamati al lavoro la mattina per il pomeriggio, non veniva realizzata una rotazione tra il personale ecc… ed in molti hotel la “disorganizzazione” aziendale è servita proprio a vessare o tenersi lontani i dipendenti sindacalizzati.

Durante i mesi estivi, le nostre organizzazioni si sono mobilitate più volte coinvolgendo i lavoratori del settore che si erano ritrovati improvvisamente sospesi dall’attività lavorativa e in cassa integrazione, con il proprio reddito dimezzato se non anche, di fatto, azzerato a causa dei ritardi legati all’erogazione degli ammortizzatori sociali.

Ciò che criticavamo è che l’assegno ordinario/FIS, a causa dei “massimali” di erogazione disposti dal Governo, non copre davvero l’80% del precedente stipendio base. La perdita maggiore la subisce chi si vede applicare i CCNL del Turismo, con retribuzioni orarie di circa 8 € lordi l’ora, a fronte di un assegno ordinario che va da un minimo di 5,11 a un massimo 5,87 € lordi. La perdita, in realtà, è di circa il 40% della precedente retribuzione!

Ancora oggi ci sono lavoratori che non hanno mai ricevuto la cassa integrazione e la cui precedente azienda è stata messa in liquidazione. Abbiamo incontrato l’INPS, abbiamo mandato varie richieste di informazione, ma le risposte sono sempre state frammentarie o mancanti.

Un’altra problematica verificatasi con la parziale riapertura degli hotel sono stati i cambi d’appalto. Laddove la precedente aziende che gestiva l’appalto è stata chiusa nei fatti, o nella pratica, sono stati promossi dei cambi d’appalto, e ci siamo trovati di fronte a due rilevanti questioni:

– Le aziende subentranti se stavano già usufruendo del FIS “Covid” in altre unità produttive, non potevano assumere i lavoratori del nuovo appalto.

– Anche nel caso in cui l’azienda subentrante avesse potuto realizzare le assunzioni, a fronte di una nuova chiusura della struttura alberghiera, i lavoratori nuovi assunti non avrebbero potuto fruire del FIS “Covid” non risultando in forza alla data del 13.07.2020. Con il Decreto Ristori di fine ottobre, quindi con estremo ritardo, tale limite è stato ampliato al 9.11.2020: è chiaro che questa situazione di costante incertezza e mancanza di informazioni impedisce ai vari operatori economici di assumere decisioni sicure e chiare.

Tale situazione ci sta portando a proporre alle controparti datoriali degli accordi che regolano assunzioni graduali e procrastinate nel tempo e diritti di precedenza per i lavoratori nelle strutture alberghiere di provenienza. Questi, però non risolverebbero comunque il riproporsi del problema indicato al punto 2, e comunque avremo difficoltà a garantire che le aziende li applichino effettivamente, a causa della situazione generale, con tutti i limiti di legge alle mobilitazioni e lavoratori alla fame che cercano qualsiasi altra soluzione temporanea per poter sopravvivere.

Per tutto quanto indicato sopra, riteniamo necessario che nella città di Milano si convochi un tavolo permanente di confronto fra le parti sociali (Prefettura, Comune, Ispettorato, INPS, sindacati) per analizzare l’andamento del settore ed affrontare eventuali problematiche che sorgeranno nei prossimi mesi, in modo da promuovere la ricerca di soluzioni che contemperino nello stesso tempo le esigenze di un diritto al reddito per i lavoratori e lo svolgimento adeguato dell’attività lavorativa e che scongiurino situazioni illegittime di sfruttamento.

E’ necessario intervenire per evitare un dramma sociale di estesissime dimensioni quando, con la fine del blocco dei licenziamenti molti lavoratori/trici verranno lasciati a casa. Occorrerà fare di tutto per salvaguardare i posti di lavoro e bloccare qualsiasi procedimento illegittimo di licenziamento collettivo, che con la scusa di una ripresa parziale e altalenante dei flussi di clientela vedrà nel mirino i lavoratori anziani e con più tutele. Occorrerà impedire nuove assunzione di manodopera estremamente precaria, con contratti a termine, con orari ridotti e clausole flessibili imposte, o persino a chiamata. Le nostre organizzazioni sindacali saranno impegnate a contrastare la sostituzione del legittimo ccnl di categoria (Turismo confcommercio o industria) con il Ccnl Pulizie /Multiservizi o altri come AISAT Turismo Confcommercio.

Oltre a ciò è necessario entrare nel merito di una serie di misure generali e urgenti per intervenire sulla situazione che i lavoratori del settore stanno già vivendo, bisogna:

  • Eliminare i “massimali” di erogazione della cassa integrazione, così da portare l’assegno erogato realmente all’ 80% della retribuzione base precedente.
  • Estendere il blocco dei licenziamenti nel settore almeno fino all’autunno del 2021.
  • Richiedere a Regione Lombardia di finanziare un’integrazione al reddito per i lavoratori del settore, che consenta di coprire il 100% delle precedenti retribuzioni.
  • In caso di cessazione di attività e messa in liquidazione di un’azienda appaltatrice o sub-appaltatrice, rimanga operante la clausola sociale per il riassorbimento progressivo dei lavoratori/trici alle stesse condizioni contrattuali. La cessazione di attività non deve dare adito a perdita di diritti e dumping salariale verso contratti di categoria peggiorativi.
  • Introdurre la possibilità di fruire del FIS “Covid” anche per i lavoratori nuovi assunti.
  • Introdurre il diritto di percepire gli assegni nucleo famigliare anche nell’ammortizzatore sociale Fondo di Integrazione Salariale (FIS) “Ordinario” – non solo per il FIS Covid.
  • Aprire una discussione sulla reinternalizzazione degli appalti.
  • Recepire la sentenza della Corte Europea in merito all’obbligo di instaurare un sistema che consenta la misurazione della durata dell’orario di lavoro giornaliero
  • Potenziare l’intervento dell’ATS, incrementando ulteriormente il personale dedicato all’attività di contact tracing e potenziando l’attività ispettiva sull’effettiva applicazione dei protocolli di sicurezza nei luoghi di lavoro.
  • Potenziare l’attività dell’Ispettorato del Lavoro, con un osservatorio regionale dedicato al sistema degli appalti alberghieri, individuando per esempio degli “episodi sentinella” che facciano scattare automaticamente un accertamento ispettivo (come il succedersi di fallimenti di società subappaltanti facenti parte di uno stesso consorzio, che però non perde mai l’appalto con il committente).