All’Aeris di Vimercate fermi 580 educatori e operatori che lavorano coi disabili. Per denunciare la loro situazione hanno realizzato un video su Youtube e Fb

Monza 29 febbraio 2019 –  A casa dal lavoro per colpa del Coronavirus, ma nessuno li paga. Questo perché sono retribuiti a ora, a circa 8 euro e 60, e se non fanno servizio la loro cooperativa non può fatturare ai Comuni. Sono gli angeli custodi nelle scuole dei ragazzi e dei bambini disabili, bloccati dalle misure anti-contagio: “Ma l’emergenza non è nata per colpa nostra”, mandano a dire in un video gli educatori ed operatori sociali di Monza, Milano e Lodi. Non gli resta che sperare nella cassa integrazione. Che comunque alleggerirebbe la già magra busta paga, circa 900 euro al mese, minimo del 20%. Da qui l’appello per avere “il 100% dello stipendio”.

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Sono migliaia le persone in Lombardia ad avere questo stesso problema, 580 lavorano per la cooperativa Aeris di Vimercate “che sta facendo di tutto per tutelarci e non lasciarci soli”, dice Beatrice Valla, a sua volta educatrice e rappresentante Sial Cobas per gli operatori sociali. E lei che ha avuto l’idea del video, poi montato da Roberto Sabatino, un collega di Arcore, e caricato su Youtube e su Facebook alla ricerca di solidarietà e sostegno. Sul monitor sfilano i volti di giovani donne e giovani uomini. Dietro di loro un cartello segnaletico avvisa: “Do not turn off a switch” (Non spegnere l’interruttore). Con le scuole chiuse loro non possono lavorare. Sono preoccupati per il Coronavirus ma soprattutto “per la busta paga” che rischiano di non avere. “Debellare il virus sì, uccidere le cooperative sociali no”, recita un cartello, seguito da altri: “Senza stipendio siamo tutti a digiuno”, “No ferie obbligate, blocco forzato il mutuo va pagato”.

Quando hanno avuto dalla televisione e dai giornali la notizia della sospensione delle attività scolastiche agli educatori è crollato il mondo addosso. “La scuola è chiusa ma noi non siamo in ferie – raccontano – E vorremmo che ci fosse pagato questo periodo, perché l’emergenza non l’abbiamo decisa no”. Il dubbio è se ci sarà la cassa oppure no. “Si parla di possibili ammortizzatori sociali, ma andremo a perdere dei soldi, anche il 30% del nostro stipendio che è già poco dignitoso per via del contratto nazionale”. L’appello è rivolto soprattutto alle istituzioni: “I comuni hanno già stanziato i soldi per i servizi che noi offriamo. Devono trovare il modo per integrare quello che ci mancherà se, come speriamo, ci sarà concessa la cassa. Lo possono fare”. La dimensione del fenomeno è vasta. Solo Aeris segue 29 comuni tra Vimercatese, Lecchese e Bergamasca. Ma ci sono anche altre grandi cooperative tra Milano e Monza che danno lavoro ad un sacco di gente. “Il problema riguarda tutte le province lombarde, Lodi compresa. – spiega Valla – Così come le regioni più coinvolte nell’emergenza: Emilia Romagna e Veneto”.