35 milioni di lavoratori in sciopero bloccano il paese contro le Riforme neoliberali di Temer
Strade bloccate e deserte a San Paolo, sospese le navigazioni nella baia di Rio e, soprattutto, paralizzato l’intero tessuto industriale del paese. E’ così che i lavoratori brasiliani hanno risposto alla riforma del mercato del lavoro voluta da Temer.
Traduzione a cura di Sial Cobas
(tratto da Telesur, Révolution Permanente, Repubblica, CSP-Conlutas)
Votata d’urgenza giovedì scorso da un parlamento pieno di corrotti, visto che una buona parte del gabinetto del presidente Temer è inquisita, la contro-riforma del mercato del lavoro ha suscitato una levata di scudi che si è tradotta in uno dei più grossi scioperi generali da dopo la caduta della dittatura a metà degli anni ’80. Contrastata e boicottata con centinaia di emendamenti, la riforma del lavoro è passata alla Camera con 226 voti a favore e 117 contrari. Adesso dovrà affrontare il Senato. Ma al di là di piccole modifiche è molto probabile che verrà approvata definitivamente. Abolisce le quote sindacali obbligatorie, fissa i termini dei negoziati tra le parti sociali, rende difficile il ricorso ai Tribunali del lavoro, regola il sourcing house, il lavoro fatto a casa, esclude le rappresentanze sindacali nelle procedure di licenziamento.
L’iter di approvazione è stato scandito da una vera battaglia parlamentare. L’opposizione ha agitato cartelli e manifesti, ha urlato, chiesto modifiche. Ha avvertito delle conseguenze che una riforma così radicale può provocare su un mondo del lavoro già logorato da licenziamenti e disoccupazione. Nelle scorse settimane, il livello di violenza e criminalità è aumentato in modo preoccupante. Si moltiplicano assalti e rapine. La gente reagisce e i morti aumentano.
Il varo della riforma del lavoro è considerato un banco di prova per l’altra importante modifica al sistema previdenziale che verrà messa ai voti in Parlamento la prossima settimana. Prevede l’innalzamento a 65 anni (62 per le donne) dell’età pensionabile, rispetto agli attuali 52; il decurtamento di quella reversibile che adesso resta intera. Una fonte di reddito per milioni di donne e uomini. L’approvazione di entrambe è considerata vitale per le pessime condizioni dell’economia brasiliana e per il recupero del disavanzo pubblico. Si sa che le casse di moltissimi Stati sono vuote. Non si riescono a pagare gli stipendi di categorie essenziali, come i pompieri, dipendenti ospedalieri e la stessa polizia. Il presidente Temer ha rinviato più volte il varo del disegno di legge. Non aveva i voti sufficienti. Ma le pressioni arrivate dalla Confindustria, dagli organismi internazionali, dalle strutture finanziarie del paese, lo hanno spinto ad un passo che considera vitale per il suo esecutivo.
Dopo il colpo di stato istituzionale contro il Partito dei Lavoratori (PT) di Dilma Rousseff e Lula e le elezioni locali che sembravano aver consolidato la destra al potere, il successo dello sciopero non era scontato.
E tuttavia c’è stata una forte spinta dal basso contro la politica austeritaria di Temer e la sua contro-riforma del mercato del lavoro.
Non è stato solo il blocco del trasporto pubblico, su strada, ferroviario e marittimo ad aver paralizzato le megalopoli brasiliane. Anche il tessuto industriale è stato seriamente coinvolto nello sciopero. L’ABC, la cintura industriale di San Paolo, è stata completamente paralizzata. Secondo il quotidiano O Globo, che non si può accusare di simpatie verso il movimento di opposizione sociale, lo sciopero ha toccato l’85% delle grandi fabbriche automobilistiche di Sao Bernardo, Scania, Wolkswagen, Ford e Mercedes. Nei grandi centri industriali del paese il tasso di adesione è stato molto elevato, da Belo Horizonte fino a Manaus, nel cuore dell’Amazzonia.
Il sindacato filo-governativo Força Sindical tenta di far passate degli emendamenti correttivi alla riforma voluta da Temer dal momento che nella sua base cresce il malcontento. Purtroppo nè la CUT, nè la CTB, entrambe legate al Partito dei Lavoratori (PT), intendono andare oltre questo sciopero generale, se non per sostenere Lula in vista delle prossime elezioni, sebbene questo sciopero del 28 aprile abbia rappresentato una batosta per il padronato. Ma la forza del movimento che ha portato allo sciopero ha mostrato quanto il mondo del lavoro in Brasile si sia rinvigorito con la sua capacità di iniziativa.
Un motivo in più per proseguire con l’azione e condurre una campagna per superare le differenti strategie dei diversi sindacati ed imporre, sulla base dell’auto-organizzazione, la caduta del governo Temer, il ritiro delle sue contro-Riforme ed imporre un’Assemblea Costituente sulle rovine del sistema politico brasiliano. I giovani, i ceti popolari e i lavoratori dovrebbero trovar voce ed esprimersi su come affrontare i problemi centrali del paese, per esigere che la crisi del sistema capitalistico sia pagata da coloro che l’hanno causata, i padroni e i loro complici.
Stesse scene di scontri si sono viste a Santos, nella città di Goiânia. A Rio de Janeiro, il ponte che collega la città col suo sobborgo di Niterói è stato bloccato dal traffico completamente paralizzato per diverse ore. Proteste e scontri si sono registrati a Salvador de Bahia, a Curitibadel Paraná e a Belo Horizonte. A Porto Alegre, la polizia ha lanciato lacrimogeni e fumo da incendi sparsi ha reso irrespirabile l’aria. Banche, scuole e trasporti completamente bloccati a Florianopolis e a Santa Catarina.