di Beppe Scienza, da Il Fatto Quotidiano del 1° maggio 2017
Primo Maggio, parliamo di contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL). Non c’è solo la deprecabile spinta alla previdenza integrativa, che non va. Quello dei metalmeccanici prevede pure la discutibile iscrizione obbligatoria al fondo integrativo sanitario Metasalute. Formalmente è a carico dell’azienda, ma è ovvio che il lavoratore riceve qualcosa dall’imprenditore, solo a discapito di corrispondenti aumenti salariali. O vogliamo credere a spontanee regalie dei datori di lavoro in spirito di pura liberalità.
L’accordo integrativo del 27 febbraio 2017 al CCNL firmato l’anno scorso, introduce però anche il cosiddetto welfare aziendale, letteralmente così chiamato all’art. 17. Si tratta di importi modesti: l’azienda metterà a disposizione 100 euro l’anno nel 2017, che arriveranno a 200 col giugno 2019. Ma come possono essere spesi? Quali esempi di beni e servizi di welfare sono riportati non solo “attività culturali, servizi sanitari ecc.”, ma esplicitamente anche “buoni carburante, ricariche telefoniche e buoni spesa per acquisti vari”.
Insomma, si scomoda un termine altisonante come welfare (benessere), ma poi tutto si riduce una piccolissima elusione fiscale. Tali somme sono infatti esenti da imposte per il lavoratore e da contributi per la ditta.
Col che merita estendere il discorso ai buoni pasto, sostitutivi dei servizi di mensa aziendale, che godono di analoghe esenzioni. Noti anche alla francese come ticket restaurant, vengono poi utilizzati in trattorie, bar, ma anche supermercati. Qui la cifra esente è nell’ordine dei 1.200 euro l’anno a testa, se cartacei, o 1.600 euro se elettronici; e di certo l’Italia non andrà a rotoli neanche per questo. Peccato però che una fetta del vantaggio fiscale si ripercuota sugli esercenti dei bar, negozi ecc. Essi lamentano infatti che per un motivo o per l’altro finiscono per rigirare anche il 10-15% del valore nominale dei buoni ai vari circuiti che gestiscono il giro dei ticket.
Siamo cioè alle solite: risparmi fiscali formalmente a favore dei contribuenti, fanno guadagnare moltissimo altri soggetti. Scandaloso il caso delle assicurazioni sulla vita rifilate per decenni ai risparmiatori, grazie allo specchietto per le allodole della loro deducibilità o detraibilità. In realtà il risparmio d’imposta veniva regolarmente annichilito dai costi più o meno occulti di tali prodotti. Che è poi quanto si ripete da dieci anni con la previdenza integrativa e si sta replicando coi Pir (piani individuali di risparmio).