LA FABBRICA DEI RECORD
INCHIESTA SULLA CONDIZIONE OPERAIA IN SEVEL
Le condizioni di lavoro e di vita di migliaia di lavoratori del più grande stabilimento europeo di veicoli commerciali, da decenni tra i più produttivi FCA italiani e volano principale dell’economia regionale abruzzese, meritano la necessaria attenzione sindacale e politica.
Il coordinamento provinciale dello Slai Cobas di Chieti, in collaborazione con l’Ass.ne Il Laboratorio di Roma (www.laboratorioformazione.org/) ed il collettivo Zona22-Uallò-Uallà hanno presentato lo scorso 6 novembre i dati dell’inchiesta operaia autorganizzata e realizzata grazie al fondamentale e disponibile contributo di centinaia di lavoratori/ci Sevel. Sial Cobas era presente alla presentazione dello studio, cui ha dato un contributo nell’elaborazione delle domande del questionario inerenti la salute.
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Sevel: la fabbrica dei record! Fabbrica della felicità?
Lo Slai Cobas illustra i dati del progetto inchiesta sulla condizione operaia in SEVEL
di Romeo Pasquarelli, da LancianoNews.net del 6 novembre 2016
Problemi di salute per i lavoratori, disturbi fisici e psichici e poca soddisfazione del proprio lavoro, non per quanto riguarda il salario, ma a causa di un ritmo sempre più pressante che incide sulla vita degli operai in Sevel. Questo è quanto emerso dall’indagine condotta nello stabilimento atessano, punti sui quali c’è stato un riscontro anche da parte di alcuni lavoratori che hanno preso parte alla presentazione dei risultati ieri pomeriggio, sabato 5 novembre, all’interno dello spazio della libreria MU di Lanciano.
Il sindacato di base Slai Cobas, rappresentato da Giordano Spoltore (coordinamento SLAI COBAS provinciale) e dalla coordinatrice nazionale Mara Malavenda e alla presenza dei sociologi de “Il Laboratorio” di Roma (Roberto Latella e Franco Violante), ha illustrato i dati emersi da un progetto inchiesta sulla condizione operaia in SEVEL, azienda della FCA che produce veicoli leggeri (Ducato) ed è insediata dal 1978 in Val di Sangro ed ha alle proprie dipendenze circa 6200 addetti.
Lo studio, durato 10 mesi, è stato realizzato in collaborazione con l’associazione “Il Laboratorio” di Roma che ha messo a disposizione un team di sociologi che hanno analizzato le risposte date da un campione di lavoratori su un questionario loro consegnato. “Abbiamo voluto questo studio per far emergere le reali condizioni dei lavoratori che operano nella fabbrica dei record e che viene descritta come fabbrica modello” così introduce Giordano Spoltore del coordinamento provinciale dello Slai Cobas.
“Il 5,5% dei lavoratori ha riconsegnato il questionario anonimo ed è un campione che a nostro avviso rende attendibile lo studio e i risultati rappresentativi” afferma il sociologo de “Il Laboratorio” Franco Violante nell’illustrare i dati emersi. “Il questionario è basato su trenta domande che in parte delineano il profilo dei lavoratori interessati dallo studio e in parte fanno emergere riscontri sul loro tenore di vita, sulla percezione del lavoro, sul tema della tutela dei diritti e sulle relazioni all’interno della fabbrica”, chiarisce il sociologo.
Nell’illustrazione dello studio ne viene fuori che ci sono grosse criticità nelle condizioni lavorative e che il profilo del lavoratore medio ( in base al campione) della SEVEL è il seguente: uomo, italiano (non ci sono stranieri in azienda), età tra 30 e 50 anni, istruzione superiore, con famiglia, lavora in SEVEL da 11 anni, addetto al reparto montaggio e prima di essere assunto in SEVEL ha svolto altri lavori.
Altri dati significativi sul profilo dei lavoratori sono la presenza femminile (20%) e che il 60% non risiede in Val di Sangro o paesi limitrofi.
La lettura che ne viene fuori è preoccupante secondo i sociologi: “quasi tutto il campione (88%) ha scarsa soddisfazione dal proprio lavoro e vive come disagio principale non il salario percepito, che pur non permetterebbe a molti di arrivare a fine mese, ma l’intensità e il ritmo di lavoro che incidono pesantemente sulle condizioni di vita e salute. Vivono la metrica di lavoro ERGO UAS, introdotta negli ultimi anni, come strumento di sfruttamento del lavoratore che permette maggiori profitti all’azienda che lo applica anche male”, dice Violante. “Lo studio evidenzia come sia elevata la tipologia di disturbi di salute, ne vengono citati ben 1167 tipi, che molti lavoratori collegano al loro lavoro e inoltre molti di questi disturbi non appartengono a quelli che tradizionalmente colpiscono la categoria lavorativa, ovvero problemi osteo scheletrici, ma molti sono di origine psichica (ansia, irritabilità, depressione, patologie dell’apparato digerente, ecc.). Questo ci ha portato a concludere che allo sfruttamento fisico, nel tempo, si è aggiunto quello mentale del lavoratore”, prosegue il sociologo, “il quale vive una percezione di forte solitudine, di non appartenenza, dovuta anche alla messa in concorrenza tra di essi e all’organizzazione del lavoro che conduce ad un individualismo esasperato ed ad una scarsa considerazione delle risorse umane. La fabbrica viene percepita come oppressiva e limitante dal punto di vista della libertà personale ed i privilegi presenti nell’organizzazione lavorativa dividono ancor più i lavoratori che descrivono di situazioni di scarsa solidarietà tra colleghi e del disagio che vivono nel rapporto con il sindacato, a loro avviso distante dai loro veri problemi. Infatti nelle risposte emerge che per migliorare la situazione bisognerebbe andare ad incidere sui tempi di lavoro, sull’orario e sull’equità tra lavoratori poiché negli anni la fabbrica è diventata così presente nella loro vita al punto da ridurre il tempo per figli, famiglia, hobby e amici”, conclude Violante.
Ciò che emerge dallo studio viene in qualche modo confermata dai lavoratori presenti in sala: “Negli anni i ritmi di lavoro sono aumentati vertiginosamente e ci si sente sempre più isolati” ci dice Fabio che lavora in SEVEL da 17 anni; “Rispetto al passato la mia vita sociale è cambiata di molto, esco molto meno e non riesco a frequentare gli amici come accadeva in passato. Non ce la faccio fisicamente e poi i soldi non bastano più”, afferma Marco (da 22 anni in SEVEL), mentre Fabrizio ci racconta che : “Da quando lavoro in SEVEL, cioè da 18 anni, la mia condizione fisica è peggiorata, ho molti problemi di salute e non riesco nemmeno a praticare qualche attività sportiva pur essendo ancora molto giovane ed avendone praticate diverse in passato”. Infine Manola, 18 anni in SEVEL, conferma le difficoltà maggiori per una donna che lavora in fabbrica: “Per una donna è molto difficile sopportare il lavoro, fisicamente sempre più pesante, e cercare di conciliarlo con le necessità della famiglia”.
Insomma, stando a quanto emerge da questa inchiesta, che la fabbrica dei record non è anche una fabbrica di Felicità!!!
SCARICA il report con i dati trasmessi.