Resoconto delle due giorni a Parigi in preparazione della #GlobalDebout del 15 maggio

nuit debout 7 8 maggioResoconto della due giorni di incontri a Parigi, il 7 e l’8 maggio scorsi, per organizzare a livello internazionale la #GlobalDebout domenica 15 maggio.

Da communianet dell’11 maggio 2016

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Si è conclusa domenica 8 maggio la due giorni di dibattiti organizzata dalla piazza di Nuit Debout di Parigi, Place de la République, occupata da più da un mese dai cittadini mobilitati contro la “Loi Travail et son monde”. Centinaia di persone da tutta Europa hanno partecipato alle commissioni e agli atelier per confrontarsi con i numerosi attivisti provenienti dalle esperienze di Nuit Debout in Francia.
Le discussioni principali sono ruotate attorno a quattro assi: le resistenze, intese come azioni di opposizione a misure imposte dai governi neoliberisti come la politica del debito, l’austerità, e la precarizzazione del lavoro; alternative, intese come quelle esperienze che propongono nuove forme di opposizione al sistema, come gli spazi sociali, le nuove forme di municipalismo o l’occupazione di spazi pubblici; incidenze istituzionali, ovvero le iniziative popolari, come le proposte normative, referendum e le nuove forme di partecipazione dal basso in conflitto con le istituzioni; infine, sulle modalità di comunicazione da adottare per campagne e strategie comuni, e ripensare come utilizzare media e social per creare uno spazio di condivisione e partecipazione comune.
Un lavoro di scambio molto interessante, che ha contribuito a rafforzare in noi e in tanti la consapevolezza della dimensione europea dell’attacco ai diritti. Una facile deduzione, vista la somiglianza e i richiami espliciti fra la Loi Travail e il Jobs Act italiano che l’ha preceduta, ma che si sostanzia e rafforza nel racconto degli attacchi e delle forme di resistenza sparsi sul territorio di questo vecchio continente. Più difficile è invece concepire la propria azione politica come particolare e globale, mettersi in rete, dotarsi di pratiche e discorsi condivisi. Questa è stata la tensione della due giorni parigina, che ha visto la spinta delle realtà partecipanti a mettersi in connessione, a darsi parole d’ordine e pratiche comuni.
Da più parti è emersa la necessità di impostare discorsi comuni e replicare le pratiche in Europa, tenendo insieme la doppia necessità di rispondere all’attacco localmente, ricercandone al tempo stesso le cause, le ragioni e i nemici nella politica europea e globale.
Per questa generazione politica che si è ritrovata in piazza, la solidarietà internazionale passa attraverso il rifiuto della precarizzazione del lavoro, dei tagli ai servizi, delle politiche migratorie e securitarie, del debito e dell’austerity.

Nella nostra permanenza a Parigi abbiamo potuto vedere come, puntualmente, nel tardo pomeriggio ogni giorno, centinaia di persone comincino ad affluire a Place de la Republique, simbolo di questo marzo francese che ormai dura da oltre settanta giorni. Ogni sera una grande assemblea anima la piazza gremita, sfidando gli impedimenti dello stato d’emergenza che vieterebbero assembramenti di questo tipo. Qui si riunisce l’Assemblea Generale (AG), che raccoglie il lavoro dellecommissions (i gruppi di lavoro aperti e informali che quotidianamente si riuniscono in piazza per discutere di tematiche specifiche), aprendo un momento di dibattito che coinvolge in prima persona moltissimi partecipanti, anche i meno politicizzati. È una piazza in costante ricerca di democrazia e confronto, dove a qualunque ora si possono trovare persone in cerchio a discutere dei temi più disparati, o braccia alzate che espongono cartelli con appuntamenti e temi di discussione. Nonostante sia una piazza trasversale dal punto di vista generazionale, resta l’impressione che tolti i settori del lavoro organizzati dai sindacati, manchino totalmente quei giovani delle banlieues che undici anni fa hanno costretto Parigi e la Francia a fare i conti con le stratificazioni sociali dei sobborghi della grande capitale e con gli esiti del colonialismo. Dal 1995, puntualmente ogni dieci anni, questa riflessione si è imposta ma non ci sono state risposte. Bisognerà forse attendere di capire se i tentativi che la Nuit Debout stessa sta facendo nell’affrontare questo tema complesso, per esempio con il progetto di BanlieuesDebout per una convergenza delle lotte con le battaglie dei quartieri popolari, porteranno a dei risultati e delle svolte rispetto agli ultimi vent’anni.
Nelle differenze fra le varie componenti, fra i lavoratori sindacalizzati e i precari, fra i diversi precari, fra i disoccupati, gli intermittenti, i tutelati e non, gli studenti, ravvisiamo una certa appartenenza, la stessa comunità di discorso. C’è la consapevolezza che questo tipo di governo dell’immigrazione sia la prima fase di un processo di sfruttamento ed emarginazione che verrà in seguito, e che questo momento storico rappresenta il punto più basso dopo decenni di politiche migratorie: un punto in cui gli stessi diritti umani hanno bisogno di tornare in agenda ed essere preservati.
Questa è una piazza che si organizza al di fuori dei quadri politici tradizionali, partitici o di movimento (poco presenti nelle attività della Nuit Debout tra l’altro), con una composizione che pur provenendo da percorsi e traiettorie della sinistra radicale francese esprime la frustrazione verso le stesse organizzazioni della sinistra esistenti oggi, in una fase di crisi e difficoltà strutturale a vari livelli. Pur non essendo presente nella piazza un attacco esplicito a tali soggetti, né un rifiuto aprioristico, emerge la spinta a superarne i limiti attuali alla ricerca di forme di organizzazione efficaci per la portata della battaglia in campo. A Place de la Republique certi temi sono molto cari ai più – dall’austerità alla democrazia, al rifiuto del debito, alla redistribuzione delle risorse – e l’identificazione del nemico è chiara. Seppur ancora fluida ed embrionale, la vocazione anticapitalista di questa piazza esiste e non può che radicalizzarsi e assumere forme più definite. Hollande e il governo restano un avversario da battere, ma è forte la consapevolezza che il nemico ha braccia più grandi del governatore del momento e che a questo nemico c’è bisogno di contrapporre una forza europea. La questione del lavoro resta centrale e la due giorni ha rappresentato un ampliamento delle prospettive anche del Transnational Social Strike, la coalizione per favorire forme di sciopero sociale in ottica transnazionale che ha visto il suo primo meeting nell’ottobre 2015 a Poznan (Polonia). Con ogni probabilità il prossimo meeting, in autunno, sarà proprio a Parigi e vedrà la partecipazione di alcuni pezzi sindacali francesi, oltre che il protagonismo dei lavoratori del mostro Amazon di diversi paesi europei.

Per questo la due giorni di Parigi si è data come obiettivo quello di costruire insieme un Global Debout il 15 maggio, per occupare le piazze di più città possibili per estendere e trasformare Nuit Debout in Global Debout, verso un movimento globale transnazionale di resistenza alle politiche distruttive che i governi europei stanno perpetuando.

Partecipare a questo incontro internazionale chiamato da Parigi è stato un passaggio fondamentale per noi che in Italia ci siamo dovuti confrontare al Job’s Act, legge che ha anticipato la Loi Travail e di cui abbiamo già iniziato a sperimentare le conseguenze. Mentre in Italia l’approvazione della riforma non ha generato alcuna mobilitazione, anche a causa della totale assenza dei sindacati, le piazze francesi a distanza di un mese esatto dalla prima giornata di sciopero sono ancora piene e radicali, dandoci la voglia di credere che un nuovo movimento di resistenza alle riforme europee del lavoro sia ancora possibile.
Inoltre, ciò che è interessante del movimento Nuit Debout è il fatto che una mobilitazione contro l’approvazione della riforma del lavoro si sia radicalizzata, allargando i suoi contenuti ad una contestazione più generale delle dinamiche economiche e della degenerazione della democrazia rappresentativa. Questa fa sì che il movimento possa ambire ad estendersi oltre il singolo caso nazionale per dare unitarietà alle lotte contro quelle politiche che ormai scavalcano i governi nazionali, e allo stesso tempo rimane fondamentale l’importanza di attivarsi sulle questioni locali, dove spesso si riflettono le stesse logiche di potere. Le esperienze di autogestione e mutuo soccorso come le nostre o quelle di alcune città europee che sperimentano nuove forme di municipalismo, sono state il punto di partenza di ragionamenti larghi e condivisi su come ripensare nuove forme di democrazia e di attivazione politica.
E’ a partire da queste connessioni, dialoghi e contaminazioni che raccogliamo l’appello per la Global Debout e che in diverse piazze d’Italia ci troveremo il 15 maggio per collegarci a questo movimento.
Convinti che il mondo che ha prodotto la Loi Travail é lo stesso che ha prodotto il Job’s Act e la crisi sociale, economica e politica che viviamo da anni, e che convergere in una lotta globale sia l’unico modo di vincere.