La resa dei conti tra il Sindacato dei giornalisti d’Egitto e il Ministro dell’Interno continua da quattro giorni in un’escalation di eventi. Domenica scorsa, 1° maggio, la polizia egiziana aveva fatto irruzione nella sede del sindacato dei giornalisti al Cairo e arrestato due reporter, Amr Badr e Mahmoud El-Sakka. La Procura generale ha emesso a loro carico l’accusa di “far parte di un piano per destabilizzare il paese e diffondere il caos”, diffondendo indiscrezioni sulla decisione del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi di riconoscere all’Arabia Saudita il possesso di due isole nel Mar Rosso. Fatto che ha scatenato rabbia e proteste, sfociate in due manifestazioni di piazza duramente represse.
Amr Badr, fondatore e direttore del portale di informazione ‘Yanair’ (Gennaio), e il giornalista Mahmoud El-Sakka, che lavora per lo stesso sito Internet, stavano tenendo un sit-in all’interno del sindacato dei giornalisti per protestare contro il mandato di arresto nei loro confronti e per l’irruzione condotta dalle forze di sicurezza nelle rispettive abitazioni il mese scorso. Un gruppo di giornalisti, avvocati e attivisti per i diritti umani hanno subito iniziato un sit-in di protesta presso il sindacato. Martedì la crisi è precipitata, con l’invio, per errore, di una mail ai rappresentanti dei media e ai giornalisti da parte del ministero dell’Interno. La mail svela come il ministero stesse pianificando di intimidire il presidente del sindacato Yehya Qalash e tutte le voci dell’opposizione all’interno del sindacato mediante la fabbricazione di prove che li avrebbero mandati in prigione. Nella mail c’è anche un ordine di censura sul caso della morte di Giulio Regeni, e un piano anti-stampa per imporre il silenzio ai media riguardo al caso dei due giornalisti arrestati.
Subito si è tenuta un’assemblea generale di 3mila giornalisti all’interno della sede del sindacato, mentre le Forze di Sicurezza la circondavano e la tenevano sotto assedio. I giornalisti sono accorsi nonostante il rischio di essere arrestati e nonostante la campagna accusatoria condotta sui canali televisivi pro regime. Non li hanno fermati neppure le bande di delinquenti al soldo di al-Sisi, che sono arrivati a frotte per assediare la sede del sindacato, lanciando bottiglie e aggredendo i giornalisti che entravano. I giornalisti che hanno partecipato all’assemblea erano soprattutto della nuova generazione, fieri di essere membri del sindacato. Forse i “vecchi” giornalisti non si sono fatti vedere perché le rivendicazioni e le decisioni prese in quell’assemblea erano molto coraggiose ed audaci, a cominciare dalla pretesa di scuse ufficiali al sindacato e ai giornalisti da parte del Presidente della Repubblica. L’assemblea ha poi votato una decisione storica: l’omissione del nome del Ministro dell’Interno Abdel Ghaffar sulle edizioni stampate e online e la pubblicazione della sua foto solo in negativo. Una cosa del genere non è mai avvenuta in Egitto e neppure in tutto il Medio Oriente.
E’ importantissimo il fatto che i giornalisti egiziani si siano accordati per rompere l’ordine di censura imposto dalla Procura Generale sull’arresto di Amr Badr e Mahmoud El-Sakka. Da un lato può apparire strano che molti giornali pro-regime e siti web come Youm 7 si siano accodati alla decisioni del sindacato dei giornalisti. Alcuni pensano che faccia parte dello scontro di poteri tra apparati dello stato attualmente in corso. Ma rimane il fatto che la maggior parte dei giornalisti che hanno partecipato all’assemblea non c’entrano niente con quello scontro.
Diciamo quindi che le decisioni prese dal sindacato dei giornalisti rappresentano una tappa importante del cammino verso un nuovo cambiamento in Egitto. Ricordiamo che qualche mese fa la stessa reazione era avvenuta da pare del sindacato dei medici, a seguito di una simile irruzione con arresti da parte della polizia in un ospedale del Cairo.
Ora ci sono altre grandi battaglie che aspettano i giornalisti egiziani, a cominciare dal presidente del sindacato, che deve difendersi da oltre 700 procedimenti a suo carico per insulti e diffamazione contro gli apparati della giustizia statale. E soprattutto deve difendersi dall’accusa a suo carico di aver aiutato dei fuggitivi ricercati dalla polizia, ovvero i due giornalisti arrestati e ora in custodia cautelare. Inoltre ci sarà da combattere il progetto di legge sui Media e il giornalismo che entra ora nel vivo del dibattito parlamentare, che vuole essere un giro di vite definitivo sulla libertà di espressione.