Articolo di Beppe Scienza sul Fatto Quotidiano del 16maggio 2016
Un regalo a banche, assicuratori e sindacati concertativi. Questa è la busta arancione dell’Inps, che ha riscosso apprezzamenti addirittura da Roberto Saviano, nella sua onniscienza esperto anche di tale materia. Egli ci informa infatti sull’Espresso (12-5-2019, pag. 9) che per inviarla “ci voleva coraggio” che però “il Presidente dell’Inps Tito Boeri ha avuto”, aggiungendo che “suo padre era partigiano e non risulta abbia mai intrallazzato con le banche” a riprova di una “storia familiare edificante”.
A parte le genealogie, Boeri ha dato piuttosto prova di sapersi barcamenare con astuzia. La cricca della previdenza integrativa voleva buste arancioni terroristiche con previsioni di pensioni miserrime per la maggioranza degli italiani. Lui invece le ha costruite su ipotesi abbastanza ottimistiche (+1,5% annuo per il Pil e le retribuzioni). Tanto anche così per una bella fetta di giovani, di lavoratori precari ecc. la pensione prevista risulta talmente bassa da indirizzarli nelle grinfie dei venditori di trappole previdenziali.
La critica di fondo alla busta arancione è che previsioni economiche ultradecennali, con modifiche in corso d’opera ogni qualche anno, sono roba da indovini. Ma il problema contingente è un altro. È che l’industria del risparmio gestito (banche, gestori, assicurazioni ecc.) controlla quasi tutta l’informazione al largo pubblico. È così riuscita e riesce a far passare per scontata l’idea che per provvedere alla propria sicurezza economica, finita la vita lavorativa, occorra aderire a qualche proposta previdenziale.
Cosa del tutto falsa. Certo che conviene risparmiare per la propria vecchiaia, ma evitando nel modo più assoluto tutti i fondi pensione, piani individuali pensionistici (pip) e polizze vita.
In un mondo perfetto in cui il male non alligna e il bene trionfa, tali soluzioni sarebbero appropriate. Ma io descriverei l’Italia in termini un po’ diversi. Anziché adatti al loro fine dichiarato, i prodotti previdenziali sono da evitare perché privi di ogni trasparenza, esposti alle malversazioni, senza garanzie in potere d’acquisto, spesso gravati da conflitti di interessi e anche costosi.
Gli italiani l’hanno intuito e non li sottoscrivono con l’accondiscendenza che gli viene chiesta. Così, coi nuovi contratti, i sindacati li infilano di brutto nei loro fondi e il governo Renzi studia addirittura come dirottarvi d’imperio il TFR.