Grecia: cronaca e considerazioni sullo sciopero generale del 4 febbraio

sciopero grecia 4 febbraioRiportiamo un paio di articoli ripresi dal sito di Sinistra Anticapitalista, che segue bene le vicende Greche anche per vicinanza politica con l’area sindacale DEA, la Sinistra operaia internazionalista all’interno del movimento dei lavoratori greco.

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Un reportage dello sciopero del 4 febbraio di Checchino Antonini

Grecia in sciopero contro il governo di Syriza

Dalle prime ore del mattino, il centro di Atene è stato invaso da molte migliaia di lavoratori del settore pubblico e privato, autonomi e lavoratori dipendenti, pensionati, studenti e disoccupati. Un fiume di manifestanti arrabbiati che reclamava il ritiro del disegno di legge Katroungalos, la “riforma” delle pensioni, e l’apertura di un confronto col governo partendo da zero.

I giornali, dalle prime ore del mattino, hanno potuto titolare: Grecia chiusa per sciopero. Benché le pensioni greche abbiano sofferto undici tagli successivi dal 2010, il governo del leader di Syriza considera necessaria una riforma che nemmeno soddisfa i creditori come il Fmi che pretende i tagli ma esige che non siano alzate le tasse alle imprese. Al fondo monetario internazionale non va giù nemmeno che la pensione minima sia di 384 euro per tutti i cittadini che, all’età di 67 anni, abbiano almeno quindici anni di contributi. Con quella cifra, anche in Grecia, sarebbe impossibile tirare avanti, ma la Troika chiede un ulteriore taglio del 15%.

Finora Atene ha resistito alle pressioni del Fmi e prova a tagliare le pensioni future, a iniziare da quelle più alte. Aumenteranno anche i contributi, in particolare per professionisti e agricoltori, con questi ultimi già sotto pressione fiscale e in agitazione da mesi. Una decisione che era nell’aria e che ha costretto, in estate, Tsipras ad anticipare le elezioni straordinarie, saltando ogni confronto interno a Syriza per andare alle urne prima che si dispiegasse l’effetto del terzo mnimoniaki, il memorandum imposto dalla Troika.

Per questo le adesioni allo sciopero di ieri, 4 febbraio, hanno toccato il 95% nel settore privato e, per la prima volta, una giornata di sciopero ha visto negozi chiusi anche al centro di Atene. Quasi tutti i servizi sono restati chiusi per 24 ore mentre decine di migliaia di persone sono scese per le strade in segno di protesta. Almeno 70.000 i manifestanti ad Atene, come non si vedeva dalle grandi proteste del 2010. Ci sono anche stati scontri in alcune strade del centro e nel quartiere di Exarchia, tra la polizia in assetto anti sommossa e gruppi di anarchici antiautoritari con il volto coperto, ai margini della manifestazione. La polizia ha arrestato due persone. Poco prima un giornalista di radio Athina, Dimitris Perros, era stato aggredito da uomini incappucciati. Ha riportato ferite alla testa ed è stato trasportato in ospedale.

Gli slogan accostavano Tsipras a Stournaras, il banchiere che fu ministro di Samaras, contestavano il fatto che, per i padroni, non è mai stato previsto alcun sacrificio, e chiedevano che bisognerebbe colpire il capitale e non le persone.

In piazza Klafthmonos, accanto allo spezzone di GSEE-ADEDY, i sindacati del settore privato e del settore pubblico, c’erano gli spezzoni dei lavoratori portuali, insegnanti, infermieri, impiegati di banca, i lavoratori dei fondi di previdenza sociale e delle amministrazioni locali. Con loro medici, avvocati e ingegneri, impiegati che vedono i loro redditi schiacciati dai nuovi contributi e dalla stretta fiscale.

Imponente per dimensioni e impulso lo spezzone di Unità Popolare, con i dirigenti in primo piano. Unità popolare è la coalizione, di cui fa parte Dea (la sinistra internazionalista dei lavoratori, organizzazione con molti punti di contatto con Sinistra Anticapitalista) nata dalla scissione a sinistra di Syriza all’indomani del 13 luglio, quando Tsipras decise di firmare un terzo memorandum disattendendo le indicazioni chiarissime del referendum di una settimana prima. Per soli settemila voti non è riuscita a entrare nel nuovo parlamento.

Diverse migliaia di manifestanti hanno marciato nel blocco del PAME, il fronte sindacale più combattivo, fronte unitario sindacale di classe, che connette le persone in lotta, indipendentemente dalla loro provenienza sindacale e dalla loro affiliazione politica.

A Salonicco, almeno ottomila persone hanno sfilato nello spezzone del Pame, separato dal resto del corteo, come usuale da quelle parti anche per il blocco anarchico. Per la prima volta uno sciopero ha colpito il cuore commerciale della città a causa della partecipazione in blocco proprio del mondo commerciale. Vistosi gli spezzoni di tassisti, benzinai, agricoltori. Lì i manifestanti erano 15.000 e hanno marciato verso il Ministero della Macedonia-Tracia dove, insieme con gli agricoltori, hanno tentato di forzare il cancello del Ministero con i trattori. L’unica macchia nera è stata il fatto che c’erano anche alcune parole d’ordine reazionarie, ma minoritarie, come “Sì alle miniere”.

Dello stesso tenore le corrispondenze da altre città della Grecia a segnalare che Tsipras si trova tra l’incudine della rigidità degli istituti di credito perché metta in pratica gli impegni del mnimoniakon e il martello dell’escalation del malcontento sociale. Per uscire dalla morsa Tsipras guarda a Renzi e alla possibilità di un governo quasi gemello in Spagna tra Psoe e Podemos. L’idea di una rottura delle compatibilità non sembra sfiorare un leader e un partito geneticamente modificati dopo la svolta di luglio. E questo spiega anche il mutismo della sinistra italiana rispetto a quella che è stata la più grande mobilitazione dell’era Tsipras a pochi giorni dall’anniversario della vittoria di gennaio 2015 e nemmeno cinque mesi dopo la vittoria nelle elezioni anticipate del 20 settembre. Una scadenza preparata da mobilitazioni di settore per tutto l’autunno e nel mese di gennaio. Bloccare la riforma delle pensioni, si legge sui siti dell’estrema sinistra greca: «è una battaglia che può essere vinta. A partire da oggi grande mobilitazione, inizia un nuovo ciclo per il movimento e la sinistra».

La continuità dell’agitazione quotidiana sul posto di lavoro, nei quartieri, nei posti di blocco rurali, la richiesta di un nuovo sciopero generale sono elementi necessari per sconfiggere il governo in questa battaglia, aprendo la strada al rovesciamento della politica del memorandum e delle brutali misure di austerità.

Per raggiungere questo obiettivo, fattore altrettanto rilevante è la presenza di un fronte di massa della sinistra radicale, che si esprima in “lotte dal basso” per fornire una risposta politica alternativa al mnimoniaki e alla minaccia delle destre.

Nel frattempo, gli agricoltori continuano le loro manifestazioni di protesta bloccando tutte le vie nazionali e i posti di frontiera con i loro trattori. I blocchi hanno causato seri problemi nella circolazione delle merci in tutta la Grecia e da e per la vicina Bulgaria. Gli agricoltori hanno anche deciso di bloccare le strade tra mezzogiorno di sabato e la stessa ora della domenica. Inoltre tutte le navi sono ferme nei porti a causa dello sciopero di 48 ore dei portuali e degli equipaggi delle navi. E molti voli da e per gli aeroporti greci sono ri-programmati a causa dello sciopero.

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Considerazioni sulla situazione sociale in Grecia e sulle politiche di Syriza, di Andrea Martini

Grecia, ancora su Tsipras dopo lo sciopero

Pochi giorni fa Syriza festeggiava il primo anniversario di governo con un meeting affollato ma preoccupato per i sondaggi più recenti che danno la destra di Nuova Democrazia al primo posto. Nella stessa sala, un anno fa Tsipras, giustamente, sosteneva che il successo elettorale di Syriza del gennaio 2015 si basava sulle lotte e prometteva la rottura del sistema.

Anche oggi ci sono lotte, anzi proprio giovedì 4 febbraio c’è stato un partecipato sciopero generale. Ma ora le lotte sono contro il suo governo, trasformatosi in governo vassallo dei diktat liberisti di Bruxelles.

Il governo applica le politiche neoliberali presentandole in due modi apparentemente opposti: da un lato c’è il volto cinico, come quello di Stergios Pitsiorlas, il direttore dell’agenzia per le privatizzazioni, che dichiara che la vendita del porto del Pireo al gigante cinese Cosco è un “successo”, perché così, “il Pireo diventa la porta verso l’Europa per tutti i prodotti asiatici, cosa che darà un ritorno fantastico alla città e alla Grecia tutta”… Accenti simili vengono usati per quanto riguarda la privatizzazione dei 14 aeroporti provinciali che saranno venduti ad una società tedesca, nascondendo le conseguenze vere che queste operazioni potranno avere sul turismo, sull’agricoltura, sull’industria delle regioni coinvolte, sottraendo loro ogni sovranità sulle politiche di sviluppo.

L’altro atteggiamento è quello un po’ gesuita del ministro del Lavoro Georgios Katrougalos: il suo progetto sulle pensioni, che è una vera e propria operazione di definitiva demolizione del carattere solidaristico del sistema previdenziale greco, è contestato da ogni parte, ma lui cerca di farlo passare per una riforma di sinistra, forse bisognosa di qualche aggiustamento, mentre tutti i settori sociali mobilitati durante lo sciopero esigono il ritiro secco del disegno di legge. E si tratta del dodicesimo taglio al ribasso delle pensioni, nel lungo ma precipitoso percorso inaugurato dal governo del PASOK di George A. Papandreou nel 2010.

Georgios Katrougalos, al contrario cerca di frenare le critiche esibendo le poche briciole che la legge promette in cambio dei tagli brutali. Ma il successo dello sciopero generale di ieri fa capire come sempre meno lavoratori greci cadano nella trappola, mentre non pochi settori della sinistra europea ancora sostengono il governo Tsipras e i suoi ministri.

Lo sciopero è riuscito, ma la mobilitazione resta ancora insufficiente. I greci, certo, non si aspettano più quei radicali cambiamenti promessi durante la campagna elettorale che ha preceduto la vittoria del gennaio 2015, ma pensano che Tsipras possa garantire qualche miglioramento, almeno lo stop alla caduta nell’abisso. Per ora, poche cose sono cambiate e il degrado sociale si approfondisce: continua a crescere la disoccupazione, gli ospedali sono al collasso… E continuano le tremende pressioni dell’Unione europea. E pochi continuano a credere che il governo Tsipras 2 possa allentare la morsa della Troika.

Così, la questione dei migranti fa sì che Bruxelles esiga la immediata costruzione da parte dalle autorità elleniche di un enorme campo profughi da 400.000 posti alla periferia di Atene e il rispetto scrupoloso degli accordi di Dublino e di Schengen… Contro questo diktat il ministro dell’Immigrazione Ioannis Mouzalas leva la sua protesta, ma la Commissione europea, sapendo con chi ha a che fare, per mettere in riga anche il ministro indisciplinato, minaccia ancora una volta la “Grexit”, cioè la cacciata della Grecia dalla Eurozona.

E’ il prezzo che si paga per non aver voluto, quando la mobilitazione contro i governi dell’austerità era massiccia e la crisi del rapporto con la Commissione europea più acuta, intraprendere la via difficile ma inevitabile della rottura e di aver privilegiato quegli elementi di ambiguità che peraltro erano già evidenti nella linea di Tsipras anche quando era ancora all’opposizione e ancora più evidenti erano nei primi mesi di governo, quando nel febbraio 2015 Tsipras dichiarò di voler evitare ogni decisione unilaterale, sostanzialmente consegnandosi all’unilateralismo liberista della Troika.

I risultati importanti e positivi dello sciopero mostrano che il disorientamento prodotto dalle illusioni sul governo Tsipras 2 e dalla demagogia del leader ellenico sta, forse lentamente ma inesorabilmente, diradandosi. E’ quello per cui lavorano le compagne e i compagni di Unità popolare, la coalizione delle forze radicali che ha rotto con Syriza dopo la adozione del terzo memorandum, è quello per cui si battono, all’interno di Unità popolare,i compagni di DEA, la Sinistra operaia internazionalista.

Occorre superare le residue illusioni che in ampia parte della sinistra italiana permangono su Alexis Tsipras e sulla “sua” Syriza.