Electrolux: se toccano uno toccano tutti!

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Dopo un licenziamento illegittimo per “scarsa produttività”di Gianni, un lavoratore con limitazioni, alla catena di montaggio dell’Electrolux di Forlì, parte spontanea la solidarietà dei lavoratori e fioccano scioperi, assemblee e azioni coordinate coi lavoratori degli altri stabilimenti Electrolux di Susegana, Porcia e Valloncello. Sul piatto non c’è solo la resistenza all’arroganza aziendale che, forte del Jobs Act e già distintasi per il licenziamento di un sindacalista della CUB a Susegana, pensa di poter fare ormai tutto quello che vuole, ma emerge tutta la questione della salute dei lavoratori, sottoposti a un lavoro usurante che ne logora l’integrità fisica e addirittura la sicurezza del posto di lavoro…

Da Clash City Workers, 15 febbraio 2016

Dagli ultimi accordi e dai sempre più frequenti licenziamenti in Electrolux, si nota come la grande azienda sia sempre un passo avanti in materia di peggioramenti delle condizioni di lavoro. Infatti l’azienda svedese è da vent’anni attivamente impegnata nello smantellare l’ingombrante Statuto dei Lavoratori, colpevole di proteggere e rendere il lavoro dignitoso.

Electrolux vanta numerosi tentativi che nella storia operaia resteranno per sempre impressi: come non ricordare il caso job on call risalente agli anni 2000, quando l’azienda propose il lavoro a chiamata ai suoi dipendenti, (pensate che allora non era nemmeno disciplinato dal diritto del lavoro!)? Oppure quando Electrolux, avanguardia della flessibilità, introdusse il part-time e il lavoro interinale, quando in Italia era quasi una pratica sconosciuta? E infine come non riconoscere a Electrolux il primato della “partecipazione” nelle relazioni industriali, ossia una vera e propria partnership tra padroni e sindacati confederali, modello che è stato replicato nelle grandi aziende del paese a partire dagli anni ’90? Insomma, per l’azienda svedese la socialdemocrazia si rispetta solo a casa propria, mentre altrove funziona diversamente: si va dallo sciacallaggio sui diritti, al ricatto del lavoro, si gioca sulla pelle del lavoratore, tra ipersfruttamento e minacce di delocalizzazione.

Ma perché vi raccontiamo questo? Siamo forse degli inguaribili pessimisti? Non proprio.

Perché a noi interessa soprattutto raccontare i fatti e le verità, riconoscere le centinaia di operaie e operai che in questi anni rispondono, contrattaccano, e spesso resistono sulla catena in Electrolux! Grazie a loro il job on call nel 2000 venne respinto con proteste e un referendum dal valore schiacciante. Questo rallentò anche il generale processo di flessibilizzazione del lavoro negli anni 2000. Il modello partecipativo nelle relazioni sindacali venne messo a dura prova, più e più volte, dimostrando che non esistono giustizia né parità tra chi riceve lo stipendio e chi fa il capo. Sono vent’anni che questi lavoratori non fanno un passo indietro, nonostante i tempi moderni, la crisi e qualche sconfitta.

Scriviamo queste parole per ringraziare e incoraggiare ancora una volta le proteste che da oltre due settimane sono in corso nello stabilimento di piani e forni a Forlì. Le operaie e gli operai sono nuovamente entrati in agitazione opponendosi all’autoritarismo aziendale. Stavolta la goccia che ha fatto traboccare il vaso è un licenziamento illegittimo che ha già lasciato senza salario un lavoratore dello stabilimento. A riprova del rinomato rispetto che si ha per i lavoratori, il licenziamento di Forlì avviene a distanza di pochi mesi da quello di Emanuele Spada, ex-lavoratore di Susegana, iscritto alla Cub e da sempre malvisto della dirigenza per la sua attività sindacale.

A differenza del caso Spada, il licenziamento di Forlì riguarda un lavoratore colpevole di non essere abbastanza produttivo: Gianni, un lavoratore con limitazioni, venerdì 29 gennaio, mentre stava lavorando nelle prime fasi della Linea 1 dei forni, viene prelevato dal caporeparto, accompagnato in direzione, scortato all’uscita, e infine privato del cartellino di timbro.
All’umiliazione inferta al collega i lavoratori di Forlì hanno però risposto numerosi con scioperi a fine turno, assemblee e ancora scioperi che continuano tutt’ora. Il 29 uno sciopero spontaneo ferma le produzioni a fine di ciascun turno. Il 1 febbraio a Forlì si riunisce la Rsu Fiom che organizza un’assemblea di fabbrica per il giorno successivo e che proseguirà con lo sciopero di un’ora interno. Intanto anche a Susegana il 2 è giorno di assemblea di fabbrica. Il 3 febbraio a Forlì la contestazione coinvolge la città, gli operai escono fuori dallo stabilimento e distribuiscono in via Emilia un appello cittadino per il reintegro del collega. Contemporaneamente a Solaro anche la Cub ha organizzato uno sciopero. La solidarietà tra lavoratori e stabilimenti diversi cresce sempre di più. Il giorno seguente, il 4 febbraio, una delegazione di Rsu Fiom di Forlì si reca a Susegana su invito dei lavoratori, fatto che sta a simboleggiare un dialogo importante tra stabilimenti con produzioni diverse. Lo sciopero del 5 febbraio a Susegana vede 900 lavoratori incrociare le braccia. L’8 febbraio arriva un comunicato di solidarietà da Porcia e Valloncello. Le iniziative proseguono tuttora, come a Forlì: l’11 e il 12 febbraio continua lo sciopero interno di un’ora per turno.
Il messaggio della base operaia è chiaro: nessun precedente a licenziamenti facili e immediato reintegro del collega. Essi hanno capito infatti che non c’entrano i problemi fisici, e che la posta in gioco è di natura politica: quello che importa ai padroni è creare un precedente per licenziamenti di comodo!
Ma in fondo cosa vuol dire non essere abbastanza produttivi? Significa non essere più abili al lavoro?
Ma se Gianni fino a quel giorno era al suo posto di lavoro portava a termine la sua mansione, come è possibile che da un giorno all’altro Gianni diventi uno scarto? E soprattutto a chi sono imputabili le responsabilità dell’usura subita dal lavorare? Forse Gianni non era più spremibile, perché l’azienda l’ha già spremuto abbastanza?
Non scandalizzatevi lettori, nessuna esagerazione: perché è così che funzionano le fabbriche del 2016.
Alla catena di montaggio in Electrolux sono pochi, se non addirittura nessuno, a non avere problemi fisici, dal popolare (sic!) tunnel carpale, a chi ora ha una protesi, a quanti passano la notte insonne per il dolore alla schiena, agli arti superiori, alla mano, alle dita.. a quanti sperano che quella postazione un po’ troppo pesante gli venga cambiata, a quelli che stanno attaccati alla propria postazione come fosse un tesoro. Molti raccontano che la fabbrica gli cammina a fianco anche durante il riposo o in casa poiché mangiano in fretta, si vestono in fretta, si allacciano le scarpe in fretta.

La fabbrica usura, è un luogo che macina corpi ed energie… ed oltre il danno, eccola spuntare eclatante la beffa del licenziamento! Dopo aver usurato per anni i lavoratori, Electrolux vuole comandare un licenziamento perché la merce che ha comprato ormai è vecchia. D’altronde cosa sono l’eliminazione dell’Articolo 18 e il Jobs Act se non un favore fatto ai padroni? Cosa sono il welfare aziendale, l’allungamento dell’orario di lavoro, la bocca sempre più cucita dei sindacati confederali e i contenuti ambigui dei nuovi contratti collettivi, metalmeccanico compreso? Sono tutti modi per far smettere di esistere questo il fastidioso zoccolo duro, i cosiddetti garantiti dello Statuto dei Lavoratori, per giocare con la dignità di tutti quelli, che garantiti o meno, ogni mattina si svegliano per portare il pezzo di pane a casa.

Contro l’isolamento, il mobbing sul lavoro, contro i salari bassi e i ritmi sempre più alti siamo al fianco ai lavoratori e alle lavoratrici Electrolux! E come campeggia negli slogan da Forlì a Conegliano, da Solaro a Porcia: se toccano uno toccano tutti, per il reintegro di Gianni, operaio Electrolux di Forlì!