Ogni momento si scopre un nuovo inganno. E questo bisogna proprio raccontarlo, non solo perché è fresco fresco, ma soprattutto perché introduce un sistema finalizzato a taroccare in maniera strutturale le statistiche dei fondi pensione.
Il referendum conclusosi il 21 dicembre ha approvato il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) degli autoferrotranvieri. Non è stato propriamente un plebiscito: dei 100 mila lavoratori interessati solo 39 mila l’hanno votato e approvato.
Però non è questo il punto. Lo scandalo è l’art. 38, riguardante il welfare aziendale. I sindacati firmatari (Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Cisal), non riuscendo a convincere abbastanza lavoratori ad aderire ai propri fondi pensione, cioè quelli con poltrone anche per loro, ne hanno pensata una davvero perfida per gonfiare surrettiziamente il numero degli iscritti. Un fondo con bassa percentuale d’adesioni si presenta infatti male.
Così l’articolo prevede che da metà 2017 sono “da versare a carico dell’azienda al fondo Priamo” per ogni lavoratore 90 euro l’anno (!) e che “per i lavoratori che non risultino iscritti a Priamo, tale contributo comporta l’adesione contrattuale degli stessi al fondo medesimo”.
La cifra viene dirottata lì, sottraendola agli aumenti salariali. Ma è così o niente. Per altro che cosa importa a un’azienda dove finiscono i soldi che tira fuori? E poi pure le associazioni padronali si dividono la torta dei fondi pensione negoziali.
È chiaro che l’obiettivo non è economico a vantaggio dei lavoratori, ma d’immagine a vantaggio dei sindacati. Quei quattro spiccioli produrranno ad esempio per un lavoratore cinquantenne una pensione di scorta nell’ordine di 5 euro il mese, cioè 15 centesimi il giorno.
In compenso tale artifizio gonfierà surrettiziamente le adesioni al fondo Priamo, che potrà sbandierare un incremento degli iscritti in realtà fittizio.
È probabile che i singoli lavoratori possano rifiutare l’iscrizione al fondo e magari per motivi di dignità alcuni lo faranno. Seppur nel piccolo, si continua a smantellare quella conquista di oltre un secolo di lotte sindacali, che è riassunta nella formula “stesso lavoro, stessa paga”. Chi non aderisce alla previdenza concertativa riceve complessivamente meno dei suoi colleghi o compagni di lavoro. Ciò conferma che è un puro spot pubblicitario l’art. 1 della legge di riforma del Tfr (decreto legislativo 252/2005), secondo cui l’adesione alle forme pensionistiche complementari previste è “libera e volontaria”.