Pubblichiamo un interessante articolo di approfondimento sull’ondata di scioperi nel settore metalmeccanico che ha scosso la Turchia lo scorso mese di maggio, tratto da www.ccr4.org e tradotto da Pungolorosso.
Renault, Fiat-Tofaş, Ford, Valeo, Delphi, Mako, Coşkunöz, Türk traktör – tutte imprese che sono oggi sinonimo di lotta in Turchia. Non solo a Bursa, una delle locomotive economiche del paese, ma anche in altre città come Izmit, Ankara o Eskişehir gli operai del settore automobilistico a metà-maggio hanno dato avvio ad una mobilitazione storica. A fronteggiarli c’è la Federazione turca delle imprese metallurgiche (MESS), sostenuta dal governo islamico-conservatore di Erdogan ed alleata alla burocrazia sindacale di Turk Metal. Secondo le imprese alcuni lavoratori hanno ripreso a lavorare o hanno sospeso i picchetti, come alla Renault, mentre altri sono ancora in sciopero, come alla Ford. Una cosa è certa: nulla sarà come prima.
La classe operaia e le classi popolari turche hanno sopportato per anni le conseguenze d’una rigida politica neo-liberista. A partire dal 2013 la situazione ha però cominciato a cambiare, con tutta una serie di contrapposizioni. C’è stata in primo luogo la mobilitazione di Gezi Park e la lotta dei giovani di Piazza Taksim e altre zone del paese; poi i fatti drammatici e la mobilitazione dei minatori di Soma, straziati dalla morte di 300 di loro; infine il movimento dei giovani curdi nell’ottobre 2014, in solidarietà con Kobanê: tutte mobilitazioni che hanno messo il governo in angolo. Questo stesso governo oggi fronteggia un conflitto di grande portata, con più di 15.000 operai che, a cominciare da Bursa, si sono messi in sciopero in tutto il paese per avere un aumento salariale del 60% e modificare la durata dei contratti collettivi da tre a due anni.
Le origini dello sciopero di maggio
Già il 29 gennaio scorso lo sciopero convocato da Birlesik Metal-Is aveva coinvolto 20.000 lavoratori in una quarantina di siti produttivi, tra cui quelli di numerose imprese multinazionali tedesche, giapponesi, italiane e brasiliane, ma anche dei gruppi francesi Schneider e Alstom, in 22 regioni del paese. Le rivendicazioni del sindacato Birleşik Metal-İş già si concentravano sulle rivendicazioni salariali e la contrattazione collettiva, visto che la MESS non ha mai voluto fare concessioni in un settore in cui il salario di partenza è di 390 euro al mese (l’equivalente del salario minimo) e la settimana lavorativa di 45 ore. I due sindacati gialli Turk Metal e Celik Is hanno accettato l’accordo proposto dalla MESS e al dodicesimo giorno di sciopero il governo turco ha deciso di mettere lo sciopero fuori-legge in nome della sicurezza nazionale.
Ma la lotta nel settore metallurgico non è finita così. L’8 aprile è stata la volta dei lavoratori Bosh, che sono entrati in in sciopero e sono riusciti a strappare un aumento del 60%, anche se la durata del contratto collettivo, anch’essa tra gli obiettivi degli scioperanti, è rimasta immutata. In parallelo, un mese fa molti lavoratori della fabbrica Renault di Bursa sono usciti dal sindacato Turk Metal, firmatario dell’accordo proposto dalla MESS per quel sito produttivo. Il gruppo Renault-Turquie ha licenziato 16 lavoratori, considerati agitatori. E’ scesa immediatamente in campo la solidarietà operaia, con assembramenti davanti alla fabbrica ed il sostegno di altri sindacati a livello internazionale. Renault ha dovuto fare marcia indietro e reintegrare le persone licenziate. Di fatto, questa è stata la premessa dello sciopero di maggio.
Una nuova fiammata alla Renault
Tutto è iniziato dalla squadra del turno notturno degli operai della fabbrica Renault-Oyak, nella notte tra il 14 e il 15 maggio. Molto presto altre squadre si sono unite a questo primo sciopero, con l’entrata in gioco di 5.000 scioperanti. Il loro obiettivo? Affermare le stesse rivendicazioni soddisfatte nell’accordo alla Bosch.
Malgrado la volontà della MESS di non diffondere la notizia di questo accordo, essa era subito circolata in tutte le fabbriche e tra le ditte sub-appaltatrici della zona industriale di Bursa, suscitando degli appelli. Alla Renault, la mattina del 15 maggio i lavoratori hanno quindi deciso di bloccare ed occupare la fabbrica e le catene di montaggio dove viene prodotta la Renault Clio, in un sito da cui escono più di mille veicoli al giorno.
Uno sciopero che si propaga come un incendio
Agli scioperanti di Renault si sono presto uniti altri 4.500 operai che hanno scioperato nel sito della Fiat-Tofaş, e poi quelli di un sub-fornitore di primo livello, Coskunoz, dove centinaia di operai sono spontaneamente entrati in lotta, e poi ancora altri 1.200 lavoratori della Mako. Con questo primo affondo, con particolare riguardo per i fornitori del gruppo Renault, quella che ha preso corpo è una mobilitazione di portata inedita, con più di 15.000 operai in sciopero sulla base di rivendicazioni comuni, in particolare il famoso «anche noi vogliamo il 60% di aumento come alla Bosch e contratti collettivi di due anni». Alla Fiat-Tofaş lo sciopero è finito il 25 maggio con l’accoglimento di tutte le rivendicazioni da parte del padronato, questo mentre nello stesso giorno incominciava uno sciopero alla Ford Eskişehir.
La burocrazia del sindacato Türk-Metal, che gioca contro lo sciopero, è in grave difficoltà
La burocrazia del sindacato Türk-Metal, primo sindacato del settore con 170.000 aderenti e molto vicino al potere istituzionale, ha giocato contro lo sciopero … e ha perso. Alla luce dei dibattiti avutisi a Bursa migliaia di lavoratori aderenti alla centrale sindacale ne sono usciti strappando la loro tessera; questo mentre ovunque ne avesse la possibilità la burocrazia sindacale aiutava il padronato a rompere il movimento. Senza che per questo il Birleşik Metal – sindacato più a sinistra e legato alla DISK (Confederazione dei sindacati rivoluzionari), ma che non ha che 20.000 iscritti – riuscisse ad intervenire nello sciopero, quest’ultimo si è strutturato intorno a dei comitati creati per organizzare la lotta ed estenderla alle altre fabbriche del settore, ma anche a settori diversi da quello automobilistico. Questo principio di auto-organizzazione è uno dei punti di forza del movimento attuale.
Repressione e solidarietà operaia
Ovviamente il padronato non ha deposto le armi. Malgrado tutto, a seconda del livello di conflittualità, officina per officina è stato possibile fare pressioni sugli operai perché indietreggiassero.
E’ tutto un movimento di solidarietà quello che ha preso corpo tra gli operai, specie alla Delphi o alla Valeo, ed anche tra le famiglie degli scioperanti, che appoggiano i propri cari.
Il 27 mattina, gli operai della Renault, che avevano iniziato la mobilitazione, hanno votato per la ripresa del lavoro. In cambio hanno ottenuto dal padronato che nessun lavoratore verrà sanzionato per aver partecipato allo sciopero, e hanno ottenuto 1000 lire turche (ossia circa 350 euro pagati in anticipo tutti in una volta a titolo eccezionale), ed anche che la direzione di Renault-Bursa s’impegni a studiare le altre rivendicazioni, specie riguardo all’aumento sostanziale del salario mensile.
Indipendentemente dalla sospensione della mobilitazione nel sito che è stato il cuore dello sciopero per tutta la seconda metà di maggio, è tutta una generazione quella che è emersa, facendo vedere, a partire dalla lotta della piana di Bursa, un’avanguardia tra le più promettenti.