CCNL metalmeccanici: senza aumento in busta paga che contratto è? #VotoNO

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C’è il contratto metalmeccanici! Allora da gennaio 2017 c’è l’aumento in busta paga? No non c’è! Allora che contratto è?

Solo a giugno ci sarà un aumento sulla base dell’indice Ipca: si parla di 9 euro lordi. Poi a giugno 2018 e 19 ci saranno altri aumenti “ex post”, come dovremo abituarci a chiamarli, che “dovrebbero” portare in busta paga fino a 51 euro lordi.

A marzo 2017 ci sarà una tantum di 80 euro. E, novità, a giugno dei prossimi tre anni arriveranno 100, 150 e 200 euro con un piano di flexible benefits (ovvero buoni tipo carrello della spesa). Ricordiamo che questo tanto sbandierato welfare aziendale è un risparmio per le aziende, in quanto detassato, mentre per noi lavoratori non rappresenta salario immediatamente disponibile, e non fa maturare i nostri contributi e il nostro TFR.

All’art. 12 sezione quarta – Titolo IV del testo del contratto – si trova scritto che il premio di risultato “sarà totalmente variabile”, e non più “anche totalmente variabile”.

Per arrivare ai 92 euro di “aumento” di cui parlano i firmatari del contratto si devono aggiungere altri capitoli: sale dal 1,6% al 2% il contributo delle aziende per chi è iscritto al fondo Cometa (e per gli altri?). Ogni anno le parti firmatarie faranno una campagna per favorire l’adesione a Cometa. L’assistenza sanitaria integrativa del valore di 13 euro/ mese viene estesa a tutti da ottobre 2017.

Il capitolo sulla formazione prevede che quei lavoratori che al secondo anno non siano ancora stati coinvolti nella formazione aziendale (fondimpresa) svolgano corsi a loro scelta (tra quelli riconosciuti da Federmeccanica e sindacati confederali) di tre giorni, ma l’azienda ne paga solo due e un giorno deve essere preso dai Par (permessi annui retribuiti).

Capitolo trasferimenti: nell’ottica di correre dietro alla Fornero che allunga la vita lavorativa, per gli uomini la tutela per i casi eccezionali sale da 50 a 52 anni mentre per le donne c’è una penalizzazione di ben tre anni perché sale da 45 a 48 anni. Questo sempre nell’ottica di favorire la parità uomo donna (al peggio??). Mentre il limite del comprensorio (che va oltre il comune, la provincia) viene cancellato e sostituito con i “25 km” entro i quali non c’è tutela. Di fatto si prende atto del contratto separato del 2012 che aveva raddoppiato lo straordinario obbligatorio fino a 80 ore senza superare le 48 ore settimanali. La flessibilità da 64 a 80 ore “andrebbe” fatta e alla RSU viene affidato il compito di intervenire dopo per recuperare. Per i permessi previsti dalla legge 104 si introduce un avviso di almeno 10 gg prima del mese di riferimento, come se la malattia e la necessità di intervento per l’assistenza fossero programmabili allo stesso modo delle consegne al magazzino o al cliente. Anche in questo caso vengono penalizzate le donne, che usufruiscono maggiormente della 104 per occuparsi di famigliari malati.

A marzo 2017 verranno chiesti ai non iscritti ai sindacati firmatari 35 euro di contributo associativo straordinario che verranno prelevati a giugno dalla busta paga.

Norme per recepire l’accordo sulla rappresentanza del 2014. Riparte un percorso per il superamento dell’inquadramento unico (dai 7 livelli che erano siamo già arrivati a 10). Ma probabilmente vogliono aggiungere altri gradini per aumentare le divisioni e il numero dei livelli medio bassi e ridurre di fatto i salari.

Inoltre è utile sapere che hanno scritto: a decorrere dal 1° gennaio 2017 gli aumenti dei minimi tabellari assorbono gli aumenti individuali riconosciuti successivamente a tale data, salvo che siano stati concessi con una clausola espressa di non assorbibilità, nonché gli incrementi fissi collettivi della retribuzione eventualmente concordati in sede aziendale …”

Provando a riassumere, non abbiamo più l’aumento legato al valore punto che era più alto del minimo tabellare e quindi si riducono i futuri adeguamenti all’inflazione.

Quel che è rimasto è una parvenza di scala mobile sulla base dell’indice IPCA che viene erogata sei mesi dopo l’anno di riferimento (per i salari l’epoca della industria 4.0 non arriverà mai!). Quindi, a rigor di logica, nemmeno questi sono aumenti, ma sono un recupero dell’inflazione. Manca totalmente l’aumento dovuto per innovazione e miglior distribuzione del reddito che andrà totalmente nelle tasche degli azionisti.

In sostanza, in questo contratto rinnovato – cioè molto diverso da come si era abituati – troviamo aumenti incerti e solo ipotizzati (51 euro). Quindi quando si parla di 92 euro si parla di euro che nel prossimo contratto non ci saranno più. Parliamo di un contratto che va a vantaggio solo delle aziende e di chi gestisce i fondi pensione e l’assistenza integrativa. La salute e la prevenzione devono essere assicurati dal sistema sanitario nazionale pubblico, pagato con le nostre tasse e con quelle delle imprese!

Questo risultato è figlio della mancanza di democrazia dentro i luoghi di lavoro. Ai lavoratori e lavoratrici non è stato possibile scegliere tra le diverse ipotesi: Fim-Uilm sono partiti da soli e la Fiom anche. Poi al tavolo di trattativa e agli scioperi sono andati insieme senza verificare come rispondere sul serio alle proposte di Federmeccanica e ora di fatto ne accettano la sostanza. Quale sarebbe il vantaggio per noi lavoratori di questo “ritorno all’unità sindacale”?

Occorre aprire subito una campagna per il NO con lavoratori, delegati e sindacati di base che non condividono questo contratto. Ma soprattutto occorre costruire un coordinamento per resistere e cambiare il modello contrattuale di riferimento. Vista la crisi e i tanti licenziamenti ancora in arrivo bisognerebbe tornare a parlare e lottare per la riduzione dell’orario di lavoro, per un miglioramento delle condizioni di lavoro, per aumenti salariali veri evitando di farci abbagliare da fondi pensioni, sanitari e benefits.

Tornare a far decidere i lavoratori e lavoratrici sulle ipotesi e sulla delegazione trattante resta la via maestra per decidere il che fare. L’unità dei vertici senza la qualità dei risultati contrattuali non fa bene né alla salute né riempie la pancia.

Al REFERENDUM sul contratto VOTIAMO NO per dire al padrone, alla direzione, ai sindacati firmatari che non siamo soddisfatti e vogliamo di più!

Per qualche altra info: www.sialcobas.it, dove c’è una rassegna di analisi, anche degli altri sindacati di base e altre realtà sindacali (tra i contrari c’è il direttivo di Fiom Trieste, Genova e molti delegati Fiom che si sono riuniti a Firenze) per comprendere meglio cosa ci aspetta se passa questo “nuovo contratto”.

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