Vince in Cassazione la lavoratrice discriminata perché donna e mamma.

Una banca stipula 200 contratti di apprendistato.
Ne conferma 199, trasformandoli in contratti a tempo indeterminato.
Una sola lavoratrice resta fuori, guarda caso 17 mesi dopo la seconda gravidanza.
La lavoratrice non si arrende, fa causa ai sensi dell’art. 38, d.lgs 198/06 (Codice delle pari opportunità), denunciando di aver subito una condotta discriminatoria in ragione del fatto di essere donna.
La corte di Appello di Cagliari respinge la domanda originaria adducendo la insufficienza di prove, ma questa decisione non passa al vaglio della Cassazione che, come argomentato nell’ordinanza del 3 febbraio 2023, n.3361, afferma che, in questi casi, la persona oggetto della presunta discriminazione ha un onere probatorio attenuato, ciò significa che è tenuta solo a dimostrare di essere portatrice di fattori di rischio, anche solo attraverso dati statistici.
Statistica che, in questo caso, non lascia nessun dubbio.

Il divario salariale uomo-donna riguarda moltissimi fattori, non solo la diversa paga sulla stessa mansione, che pure è un fattore diffuso e da contrastare, ma è solo quello più evidente.
Al suddetto divario concorrono altri fattori: difficoltà di accesso al mondo del lavoro, imposizione di part time obbligatori, salari bassi per le professioni a prevalenza femminile e, come in questo caso, penalizzazioni derivanti dalla scelta di maternità, che comunque è ancora un fattore che impoverisce le donne: la nascita di un figlio provoca per la madre abbassamento del salario nei 24 mesi successivi e minori possibilità di lavoro e di carriera.

Come Sial Cobas accogliamo e diffondiamo questa sentenza della Cassazione che può essere utile per molte altre donne che ritengono di aver subito una discriminazione in ragione del proprio essere donna e del proprio essere madre.

Riproponiamo il video che abbiamo girato in occasione dello sciopero del 2 dicembre 2022 sul divario salariale donna uomo.