Coronavirus: gli educatori scolastici “a casa senza stipendio, come facciamo?”

CORONAVIRUS, GLI EDUCATORI SCOLASTICI: «A CASA SENZA STIPENDIO: COME FACCIAMO?»

Fermi 600 operatori che lavorano in classe con i disabili per la Cooperativa Aeris di Vimercate: «Siamo retribuiti poco più di 8 euro a ora e se non prestiamo servizio la nostra cooperativa non può fatturare ai Comuni», la denuncia di Beatrice Valla, «con la cassa integrazione, tutta da vedere, rischiamo di prendere 5,67 euro all’ora su cui dovremo pagare contributi e il 23% di tasse»

L’ emergenza Coronavirus li costringe a non lavorare e quindi in questi giorni di blocco delle scuole in Lombardia non ricevono lo stipendio. «Siamo retribuiti a ora (circa 8 euro e 60), e se non prestiamo servizio la nostra cooperativa non può fatturare ai Comuni», si sfoga Beatrice Valla, 35 anni, assistente educativa scolastica che lavora con i bimbi disabili e rappresentante Sial Cobas per gli operatori sociali, «insomma siamo professori di serie B». Valla fa parte della Cooperativa Aeris di Vimercate, che opera nella provincia di Monza e Brianza e nelle zone dell’Isola bergamasca e del lecchese e conta circa 700 dipendenti di cui circa 600 impiegati nei servizi sospesi in questi giorni a causa delle scuole chiuse per contenere il contagio da Covid-19.

«Io, insieme ai miei colleghi, lavoro a scuola affiancando bambini con disabilità. Amiamo il nostro lavoro e abbiamo a cuore la salute di tutti», premette, «però la situazione è che con la chiusura delle scuole noi educatori non stiamo andando a lavorare: non forniamo servizio all’utenza e stiamo perdendo ore di lavoro che bisognerà capire se e come ci verranno pagate». Per denunciare questa situazione e l’ incertezza che la caratterizza hanno anche realizzato un video postato su Facebook e Youtubedando voce, idealmente, non solo agli educatori di Aeris ma anche a tutti gli altri che lavorano in Lombardia e nelle altre regioni del Nord interessate dall’ emergenza e hanno lo stesso problema. «In questa situazione d’ emergenza ancora non definita», spiega Valla, «il rischio è quello di perdere soldi e anche di vivere una situazione di incertezza dannosa per la nostra vita e il nostro benessere: non nella nostra Cooperativa nello specifico, ma in altre sappiamo per certo che è stata data indicazione ai colleghi di coprire per ora questi giorni con ferie e permessi».

Una situazione ben diversa rispetto a quella dei docenti che non fanno lezione causa scuole chiuse e che come ha spiegato il ministro dell’ Istruzione Lucia Azzolina, «non sono a casa per malattia ma per causa di forza maggiore e quindi non avranno una trattenuta dallo stipendio, è come se ti fossero andati a scuola normalmente».

Con la cassa integrazione stipendio giù del 20%

«Noi siamo determinati ad ottenere il 100 per cento del nostro stipendio di queste settimane, sia tramite l’allargamento degli ammortizzatori sociali, che comunque ne coprirebbero solo una percentuale sia chiedendo alle istituzioni di integrare il rimanente», è la richiesta, «i Comuni del resto hanno già stanziato a bilancio questi soldi e dovrebbero trovare il modo di contribuire in questo momento critico».

Per gli educatori come Beatrice resta l’ ipotesi, tutta da esplorare, della cassa integrazione. Che comunque alleggerirebbe la già magra busta paga, circa 900 euro al mese, di circa il 20 per cento: «Io ho una paga oraria di 9 euro e 24 con il contratto cooperativa sociali con tre scatti di anzianità. L’ 80 per cento in integrazione salariale equivale a euro 7,40», spiega Valla, «con la cassa integrazione o con il FIS (Fondo integrazione salariale) c’ è un massimale per gli stipendi bassi come i nostri ed è di 998,18 euro mensili che vanno divisi per le ore lavorabili ovvero 160 a febbraio e 176 a marzo quindi per la ultima settimana di febbraio la paga oraria integrata sarà di euro 6,24 mentre per la prossima di marzo sarà ancora più bassa e cioè di euro 5,67 su cui dovremo pagare contributi (5,84% inferiore al solito 9,19%) e il 23% di tasse». Un problema per chi deve mantenere la famiglia: «Per un part time a 33 ore settimanali come il mio, si tratta di 1181 euro nel mese di gennaio, a stipendio pieno con 450 euro di mutuo da sostenere e le spese per mia figlia, la macchina, la spesa per qualificazione universitaria abilitante che abbiamo subito come categoria grazie alla legge 205, e la gestione familiare. Abbiamo un contratto poco dignitoso e uno stipendio già basso, la perdita sarebbe su queste cifre comunque pesante per la mia situazione».

L’ emergenza è ancora lontana dal concludersi. «In questi giorni ci siamo confrontati e sostenuti tra colleghi, siamo molto solidali tra noi e da qualche anno siamo organizzati sindacalmente con Sial Cobas», afferma Valla, «con i colleghi della CUB di Monza abbiamo girato un video dove spieghiamo la nostra situazione, che ha raggiunto undicimila visualizzazioni in pochi giorni. Siamo molto soddisfatti e speriamo che questo contribuisca a sostenere la nostra lotta».