Dichiarazione Finale del Primo Incontro della Rete Sindacale Internazionale di Solidarietà e di Lotta delle Americhe
Redatto per la Rete da CSP-Conlutas
Traduzione italiana a cura di Sial Cobas
I lavoratori continuano a subire gli effetti di una delle più grandi crisi del capitalismo globale, cominciata nel 2007. La situazione rimane segnata da una quantità senza precedenti di attacchi alle condizioni di vita della classe lavoratrice per salvare i profitti delle banche e dei padroni.
L’imperialismo e la borghesia sono in guerra contro la classe lavoratrice, tagliando salari, diritti e accrescendo la povertà e le disuguaglianze. E’ importante anche sottolineare la questione ambientale. Con l’abbandono da parte dell’amministrazione Trump degli accordi di Parigi, le implicazioni sull’ambiente diventano più preoccupanti.
Appare evidente che gli accordi di Parigi rappresentano una toppa di portata molto limitata rispetto alla gravità dei problemi. Gli impegni presi dai governi (incluso quello di Obama) non hanno nemmeno raggiunto un obiettivo minimo. Lo strappo di Trump non fa altro che mettere in evidenza il disastro ambientale causato dal capitalismo in quanto tale.
L’imperialismo Nord Americano e la resistenza alle riforme e ai piani neoliberisti in America Latina.
L’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti, un populista di destra, è l’espressione della crisi mondiale e delle contraddizioni insite nello stesso sistema capitalistico. Trump non era il candidato della borghesia americana; fin dall’inizio della sua campagna è stato messo in discussione e continua a far fronte ad una forte resistenza in tutto il mondo.
Tra le altre cose, l’elezione di Trump è espressione del netto rifiuto delle masse nei confronti dei due tradizionali grandi partiti della borghesia (Repubblicani e Democratici).
Nonostante ciò, non si può dimenticare che il risultato elettorale ha portato un populista di destra alla presidenza degli Stati Uniti.
Trump abusa di una retorica xenofoba, razzista, maschilista, sciovinista e “nazional imperialista”
La situazione interna degli Stati Uniti e il loro rapporto col resto del mondo tende a polarizzarsi ancora di più. La sua campagna elettorale ha avuto tra i suoi temi centrali quello contro l’immigrazione, arrivando fino all’annuncio della costruzione di un muro al confine col Messico, pagato dallo stesso governo messicano.
Inoltre, ha dichiarato che l’accordo NAFTA (accordo nordamericano per il libero scambio) sarebbe stato rivisto per stabilire condizioni più vantaggiose per le multinazionali americane.
La crisi economica ha colpito l’America latina dal 2013 in avanti, diminuendo il PIL continentale del 2,4% nel 2016.
Ciò è stato sicuramente legato al rallentamento dell’economia cinese perché sono diminuiti gli investimenti diretti e il boom dei beni di prima necessità è terminato nel 2011. Il Venezuela e il Brasile ne sono stati particolarmente colpiti. Le stime per il 2017 fatte da diverse agenzie ed istituti indicano una fragile ripresa in Sud America, puntando ad una crescita dello 0,9% del PIL.
Le politiche imperialiste continuano cercare una maggiore dipendenza dei paesi dell’America Centrale e del Sud a vantaggio delle proprie economie.
Espandendo l’attuale processo di colonizzazione con un maggiore controllo delle economie degli Stati latino americani attraverso le grandi multinazionali – con la conseguente sistematica distruzione della produzione nazionale – riescono a imporre i loro prodotti in questi mercati conquistati, aumentando l’indebitamento dei paesi e imponendo piani di austerità contro i lavoratori.
In America Latina ci sono stati anche grandi cambiamenti in campo politico. Si assiste ad un deterioramento e ad un processo di crisi che riguarda la maggior parte dei governi del continente, anche se in modo non uniforme. I governi di conciliazione di classe come in Argentina (Kirchner), Paraguay (Lugo), e Brasile (Dilma Roussef), che hanno applicato questi piani neoliberisti e sono così entrati in crisi, hanno finito per essere rimpiazzati dai tradizionali governi espressione della borghesia.
Ogni governo borghese che si insedia porta avanti la guerra sociale contro i lavoratori, abbassando salari, tagliando diritti e assoggettando sempre di più gli stati e il continente all’imperialismo.
Dal Messico all’Argentina, non importa di che colore sia il governo, la linea è sempre stata la stessa: tagli per pagare il debito, privatizzazioni e riforme strutturali (lavoro, pensioni e educazione).
Questa situazione economica si porta dietro un forte processo di mobilitazione sociale. Negli ultimi due anni in molti paesi ci sono stati scioperi generali, come in Messico, Argentina, Uruguay, Paraguay, Brasile e Guiana Francese, così come importanti mobilitazioni in Perù, Cile, El Salvador, Costa Rica, Colombia, Haiti e specialmente in Paraguay, dove i manifestanti hanno dato fuoco al Parlamento.
I lavoratori sono scesi in piazza per protestare contro i piani di austerità e per migliori condizioni di vita.
In Brasile, va ricordata la poderosa mobilitazione della classe lavoratrice contro le Riforme del Lavoro e delle Pensioni attraverso gli scioperi generali, le manifestazioni e le lotte che tuttora continuano al grido di “Fuori Temer” e contro il Congresso di corrotti.
Ci sono state anche le lotte delle popolazioni indigene e dei contadini in difesa dei territori dei nativi e per l’Amazzonia.
Non sono mancate anche importanti manifestazioni di massa per i diritti democratici, contro la repressione e contro il tentativo di criminalizzare i sindacati e i movimenti sociali.
Per esempio, la denuncia per i 43 studenti uccisi a Ayotzinapa, in Messico, le manifestazioni contro la sparizione dell’attivista Santiago Maldonado, per la libertà di Rafael Braga, la lotta dei neri contro la violenza della polizia negli USA e le marce in difesa delle popolazioni native nel continente.
Nel 2017 hanno avuto una forte partecipazione e impatto anche le mobilitazioni per i diritti delle donne. L’anno è cominciato con una gigantesca mobilitazione contro Trump, negli Stati Uniti. Le manifestazioni di “Ni una menos” cominciate alla fine del 2016 in Argentina hanno influenzato tutta l’America Latina e aiutato a organizzare una giornata di protesta di massa l’8 marzo. La lotta per le condizioni di lavoro e contro la violenza sulle donne è diventata l’agenda dell’intera classe lavoratrice, mostrando la necessità di inserire la battaglia contro lo sciovinismo maschile nel più ampio quadro della lotta allo sfruttamento.
In Brasile, la mobilitazione della classe lavoratrice contro le Riforme del Lavoro e delle Pensioni del governo Temer è sfociata in uno sciopero generale, con cortei nei vari stati e una grandissima manifestazione a Brasilia – l’hastag #OccupyBrasilia ha riunito circa 150mila persone sotto lo slogan “Fuori Temer”, contro il Parlamento di corrotti.
Sono state importanti e molto partecipate anche le iniziative di lotta dei movimenti sociali, che hanno riunito attivisti, nativi e contadini in difesa dell’Amazzonia.
L’ONU dal 2004 mantiene un’occupazione militare di Haiti, col nome di “Missione delle Nazioni Unite per la stabilità ad Haiti”, con la vergognosa partecipazione di truppe latino americane, sotto comando brasiliano. Questa occupazione sta ora finendo, dopo numerose denunce di assassinii, invasione dei quartieri poveri, repressione degli scioperi dei lavoratori, stupri e contaminazione del paese col colera. Ma lascia un governo sottomesso a violente forze repressive, oltre ovviamente a una maggiore presenza di ambasciate dei paesi imperialisti (Usa, Francia, Canada etc.)
Il Venezuela è il paese più colpito dalla crisi internazionale.
La caduta del prezzo del petrolio ha affossato l’economia del paese e il quadro generale della sua economia è disastroso: ai lavoratori spettano 15 dollari al mese come salario minimo. Questa è la conseguenza di una politica che mantiene una sottomissione all’imperialismo, nonostante i discorsi anti-americani, mantenendo i pagamenti del debito estero e applicando i piani imperialisti. I lavoratori venezuelani non possono aver fiducia né nel governo né nell’opposizione di destra. Dobbiamo costruire un’alternativa di classe indipendente dal governo Maduro e dal MUD (Mesa de la Unidad Democrática). Siamo per la difesa del popolo venezuelano, contro tutti gli attacchi alle libertà democratiche e contro i piani di austerità. Per questo è essenziale sostenere le mobilitazioni autonome dei cittadini e soprattutto dei lavoratori.
Anche l’immigrazione è diventato un tema caldo. Negli Stati Uniti, la discriminazione degli immigrati è parte fondamentale dell’economia del paese, perché con essa passa la precarietà e il regime dei bassi salari.
La politica della repressione mira a controllare la fornitura di forza lavoro a basso costo. In Brasile, c’è un processo simile, ma su scala minore, e colpisce in particolar modo i migranti provenienti da Haiti, Venezuela, Bolivia e dagli stati Africani. I grandi latifondisti, l’agrobusiness, le multinazionali si avvantaggiano delle scappatoie legali per opprimere e sottomettere i lavoratori immigrati a condizioni di schiavitù.
Siamo di fronte ad un importante processo di ripresa delle lotte e di forte resistenza ai piani imperialisti sul continente. Dobbiamo quindi continuare col nostro impegno nella costruzione e nel rafforzamento dell’unità internazionale dei lavoratori per combattere contro la criminalizzazione dei movimenti sociali, contro i piani di aggiustamento economico, contro le riforme e le privatizzazioni e contro ogni forma di oppressione e sfruttamento.
Costruiamo la Rete Sindacale Internazionale di Solidarietà e di Lotta in America
L’assenza di una leadership alternativa ed indipendente ci è già costata molto. La resistenza eroica dei lavoratori e dei cittadini si muove contro i limiti dei programmi e delle alleanze costruite dalle leadership di molti processi. Le burocrazie sindacali raggruppate nel WTU (Confederazione Sindacale Mondiale) e FSM ( Federazione Sindacale Mondiale) non ci rappresentano.
La formazione della Rete Sindacale Internazionale di Solidarietà e di Lotta nel 2013 e il suo secondo incontro in Brasile nel 2015 sono stati passi importanti per consolidare il compito ambizioso di costruire insieme un’alternativa e un movimento sindacale alternativo a livello internazionale.
La costruzione e il consolidamento della Rete Sindacale Internazionale di Solidarietà e di Lotta è molto importante in uno scenario di crescente globalizzazione dell’economia, nell’ottica di unire le forze che si confrontano col potere delle multinazionali e con una borghesia che controlla l’economia globale, per sviluppare azioni di solidarietà attiva e campagne coordinate sia a livello mondiale che a livello di categoria, settore, paese e/o continente. Ad ognuna di queste battaglie concrete dobbiamo dare un obiettivo strategico di lotta al sistema capitalistico.
Le realtà presenti al primo incontro della Rete Sindacale Internazionale di Solidarietà e di Lotta delle Americhe dichiarano, attraverso questo documento, l’impegno nella costruzione di questo strumento internazionale combattivo ed indipendente, attraverso la discussione e l’approvazione in ogni paese.
A questo fine proponiamo:
di costruire un gruppo di lavoro delle Americhe, aperto, con incontri via Skype ogni due mesi
di sostenere le battaglie locali e nazionali dei sindacati che partecipano alla rete
di difendere questi sindacati dagli attacchi e dalla repressione dei governi locali e dalla borghesia
di costruire incontri internazionali di settore
di sviluppare seminari di formazione per promuovere il concetto di sindacato di classe, indipendente dai governi e basato sull’organizzazione democratica dei lavoratori
di sviluppare un lavoro coordinato con i movimenti sociali e popolari
Inoltre, tutte le realtà presenti sono impegnate a fare uno sforzo economico e politico per assicurare la partecipazione di una propria delegazione al Terzo Incontro della Rete Sindacale Internazionale di Solidarietà e di Lotta che si terrà a Madrid il 25-26-27-28 gennaio 2018.
San Paolo, ottobre 2017