Rio 2016: le Olimpiadi cancellano i diritti

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Si militarizza la città e la protesta sociale viene criminalizzata

Rio 2016: le Olimpiadi cancellano i diritti

Nelle favelas crescono le operazioni di pulizia sociale

di David Lifodi, da Peacelink del 27 luglio 2016

Le Olimpiadi che prenderanno il via a Rio de Janeiro il prossimo 5 agosto si svolgono in un contesto molto difficile per il Brasile che, solo pochi mesi fa, ha dovuto fare i conti con un colpo di stato grazie al quale l’oligarchia è riuscita a spodestare Dilma Rousseff e, già da tempo, si trova nell’occhio del ciclone per le operazioni di pulizia sociale compiute dalla polizia nelle favelas in vista dei giochi olimpici, i bilanci triplicati per la costruzione delle infrastrutture olimpiche e la vera e propria privatizzazione della città carioca, trasformata in città-prodotto ad esclusivo vantaggio dell’elite cittadina.

Il contesto politico-sociale. Da quando Michel Temer è arrivato al potere, in Brasile le privatizzazioni procedono ad un ritmo forsennato e, con la scusa di ridurre il deficit fiscale, il più grande paese dell’America latina si è trovato sul mercato. In vendita. Nel settore dell’energia elettrica sono in corso di privatizzazione 230 piccole imprese dedicate al trasporto e alla distribuzione. Per quanto riguarda i trasporti, l’impresa aeroportuale Infraero e la portuale Docas sono già state privatizzate e, a breve, la seguirà la Caixa Económica Federal, insieme a tutto il settore delle assicurazioni. E ancora, per la privatizzazione delle Poste manca l’ok del Congresso, che non dovrebbe tardare ad arrivare, considerando la sua composizione a maggioranza filogolpista. Come in Argentina prima del default economico del 2001, non si salvano nemmeno le compagnia aeree nazionali e gli aeroporti: l’intenzione di Temer sarebbe quello di privatizzare quelli di Rio de Janeiro (Santos Dumont) e San Paolo (Congonhas). Anche sul pre-sal, la più importante riserva per quanto riguarda i settori del petrolio e del gas, finora sfruttata esclusivamente dalla statale Petrobras, potrebbero metterci mano le imprese straniere, mentre i programmi sociali hanno i giorni contati. Attualmente, gli ultimi sondaggi indicano che Temer è rifiutato dall’87% della popolazione brasiliana e, in una recente intervista rilasciata a Dario Pignotti su Rebelión, Dilma Rousseff  ha sottolineato alcune analogie tra le Olimpiadi di Messico ’68 e Rio 2016. “Non c’è niente che faccia pensare ad un massacro come quello di Tlatelolco”, ha sottolineato la ex presidenta, sottolineando però un inquietante aumento della polizia nelle strade e confidando sulle forze armate affinché non si prestino ad eventuali operazioni di repressione politica: “Manifestare è un diritto legittimo, non è terrorismo”.

Pulizia sociale nelle favelas di Rio de Janeiro. L’avvicinarsi di un grande evento rappresenta un motivo di preoccupazione per i favelados, che sanno già a cosa andranno incontro. Nel 2007, quando la città ospitò i Giochi panamericani, la polizia militare uccise 1.330 persone in operazioni definite di “sicurezza”. Il numero dei morti causati dai militari per tenere sotto controllo le sterminate periferie di Rio e delle altre megalopoli brasiliane è cresciuto in occasione della Coppa del mondo del 2014 ed ora sembra ripetersi la stessa storia. Tuttavia, i morti provocati dalla polizia vengono classificati genericamente come omicidi, in modo tale da scagionare i militari, responsabili peraltro di innumerevoli episodi di intimidazione. Ad esempio, nell’aprile del 2015, la polizia ha sparato ad un bambino di dieci anni che si trovava sulla porta di casa in attesa che la sorellina rientrasse da scuola nel corso di un’operazione contro i narcotrafficanti. In quell’occasione i poliziotti urlarono alla madre che avrebbero potuto uccidere anche lei e che, del resto, il piccolo era figlio di un bandito. Episodi del genere sono stati raccolti dalla sezione brasiliana di Amnesty International, il cui presidente Atila Roque sostiene che la polizia carioca è responsabile di una percentuale tra il 13 e il 20% degli omicidi totali avvenuti in città negli ultimi sei anni.

Il segretario alla Sicurezza pubblica dello stato di Rio de Janeiro ha già annunciato che 60mila poliziotti e 20mila militari presidieranno la capitale dello stato in occasione dei giochi olimpici, oltre a minacciare la militarizzazione delle favelas. Finora, l’invio massiccio delle forze di sicurezza nelle favelas è stato fallimentare. Le Unidades de Policia Pacificadora (Upp), inizialmente utilizzate in qualità di polizia comunitaria, si sono presto trasformate in unità di controllo e repressione, quanto al Batalhão de Operações Policiais Especiais (Bope), impiegato soprattutto nelle operazioni antiterrorismo e per sradicare il narcotraffico, da anni è noto per l’utilizzo indiscriminato della violenza a prescindere. In pratica, il Bope rappresenta lo Stato che fa il suo ingresso nelle favelas con i fucili e ben equipaggiato dal punto di vista militare. Nel periodo dei giochi olimpici, a Rio de Janeiro sarà proclamato lo stato d’assedio ed entrerà in vigore la legge Antiterrorista, il cui unico scopo è quello di criminalizzare la protesta sociale.

Rio de Janeiro: una città vetrina nelle mani degli speculatori immobiliari. I megaeventi olimpici, dai Giochi panamericani del 2007 ai mondiali del 2014 e alle imminenti Olimpiadi, sono stati caratterizzati dalle spese astronomiche di bilancio, dalla totale mancanza di trasparenza e dal più completo disinteresse nei confronti delle domande sociali. Inoltre, la privatizzazione della città, la sua trasformazione in città-prodotto e  città-mercato, ha finito per accentuare la trasformazione della megalopoli ad uso e consumo delle elites e dell’alta borghesia. Se le spese per i Giochi panamericani del 2007 ammontavano a 3,7 bilioni di reais, quelle per la Coppa del mondo del 2014  erano già salite 25,5, mentre per le Olimpiadi è stata raggiunta la cifra ancora più astronomica di quasi 40 bilioni di reais. Non solo la maggior parte degli impianti sportivi non saranno quasi più utilizzati al termine delle competizioni (ad esempio, dopo i mondiali questa è stata la sorte degli stadi di Manaus e Brasilia), ma le aree dove sorgono gli impianti stessi saranno riutilizzate in funzione delle fasce sociali più alte della popolazione. In teoria, non dovrebbe essere la città ad adeguarsi ai grandi eventi, ma viceversa e invece, solo per dare un occhio alla questione abitativa, il sindaco carioca Eduardo Paes, che ha definito a più riprese le Olimpiadi come “i Giochi dell’inclusione”, è in realtà tra i principali responsabili degli sgomberi che hanno coinvolto migliaia di famiglie (in prevalenza povere e nere) allontanate a decine di chilometri dalla città vetrina. Le stesse grandi opere legate al trasporto pubblico, per il quale il sindaco Paes aveva promesso una vera e propria rivoluzione, andranno ad esclusivo vantaggio delle zone più ricche della città e, contemporaneamente, sono state tagliate le linee che collegavano le periferie con il centro della megalopoli.

Infine, la presenza di una multinazionale come Dow Chemicals, responsabile della tragedia di Bhopal, tra le imprese designate per garantire la sostenibilità delle Olimpiadi nel silenzio assoluto di un latifondo mediatico sordo a qualsiasi denuncia, non fa che aumentare la convinzione che i giochi olimpici siano un veicolo di esclusione sociale, aldilà delle dichiarazioni di facciata di Eduardo Paes che ha promesso pace, inclusione e tolleranza nella cidade maravilhosa.