10 buoni motivi per VOTARE SÌ al referendum di DOMENICA 17 APRILE

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Un utile vademecum di Legambiente.it da diffondere!

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  • VOTANDO SÌ
    diamo una scadenza certa alle concessioni di petrolio e gas in mare entro le 12 miglia dalla costa. La vittoria del referendum cancellerà l’ennesimo regalo fatto alle compagnie petrolifere grazie all’approvazione della Legge di Stabilità 2016, che permette loro di estrarre petrolio e gas nei nostri mari entro le 12 miglia, senza alcun limite di tempo. Se vince il SI, sarà ripristinata la norma precedente che prevede una scadenza temporale per ogni concessione.
  • VOTANDO SÌ
    non rinunciamo a una risorsa strategica. Il contributo delle attività estrattive entro le 12 miglia sono pari al 3% dei nostri consumi di gas e meno dell’1% di petrolio: quantitativi ridicoli per i nostri fini energetici, a fronte di rischi incalcolabili. Un contributo energetico che è abbondantemente compensato dal calo dei consumi in atto e che non comporterebbe alcun aumento di importazione. Se vince il SI, il popolo italiano dirà che questo gioco non vale la candela.
  • VOTANDO SÌ
    ci riappropriamo del nostro mare. Attualmente, solo le compagnie petrolifere che operano entro le 12 miglia godono del privilegio di concessioni a tempo indeterminato. Nessuna concessione di un bene dello Stato può essere affidata a un privato senza limiti di tempo, come prevede anche la normativa comunitaria. Se vince il SI, sarà ripristinata la data di scadenza delle concessioni e il bene pubblico resterà tale.
  • VOTANDO SÌ
    diamo più forza alle fonti rinnovabili, già oggi concrete. Le energie rinnovabili coprono il 40% dei consumi elettrici del nostro Paese. Le rinnovabili sono sempre più efficienti e rappresentano la prima voce di investimento nel mondo. Ad esempio, incentivando il biometano, potremmo ricavare una quantità di gas 4 volte maggiore a quello estratto nei mari italiani entro le 12 miglia. Se vince il SI, potremo finalmente puntare sulle rinnovabili e non più sulle fossili.
  • VOTANDO SÌ
    diminuiamo i rischi e abbiamo garanzie sulla dismissione degli impianti. Non dare scadenza temporale alle concessioni vuol dire anche lasciare nel mare piattaforme e pozzi a tempo indeterminato. Questo aumenta di molto il rischio di incidenti. Se vince il SI, avremo la garanzia che le compagnie, una volta scaduta la concessione, smantellino piattaforme, pozzi e tutte le infrastrutture, come previsto dalla legge.
  • VOTANDO SÌ
    cancelliamo i privilegi di cui godono le lobby petrolifere. Il 70% delle concessioni produttive oggetto del referendum non paga le royalties, perché estrae un quantitativo minore della franchigia prevista dalla legge. Il risultato è che nulla è versato nelle casse dello Stato. Se vince il SÌ, elimineremo questi privilegi e non continueremo a “svendere” il nostro mare.
  • VOTANDO SÌ
    fermiamo le trivellazioni ancora consentite nelle 12 miglia dalla costa. Oggi nel nostro Paese non è possibile ottenere nuovi permessi per trivellare entro le 12 miglia. Ma nulla impedisce che, nell’ambito delle concessioni già rilasciate e attualmente senza scadenza,siano installate nuove piattaforme e perforati nuovi pozzi, come nel caso delle piattaforme VegaB nel canale di Sicilia e Rospo Mare in Abruzzo. Se vince il SI, elimineremo il pericolo di nuove trivellazioni entro le 12 miglia.
  • VOTANDO SÌ
    creiamo altra occupazione nel settore energetico, quello rinnovabile e dell’efficienza. Non sarà il referendum a mettere a rischio i posti di lavoro del settore di estrazione di petrolio e gas, comparto già in crisi da tempo: il 35% delle compagnie petrolifere sono già ad alto rischio fallimento, visto il crollo del prezzo del petrolio. Se vince il SI, possiamo dare gambe alle rinnovabili, raggiungendo i risultati della Germania con 400mila occupati nel settore.
  • VOTANDO SÌ
    diamo un contributo alla lotta ai mutamenti climatici. Alla COP21 di Parigi dello scorso dicembre, il Governo italiano – insieme ad altri 194 paesi – ha sottoscritto uno storico impegno a contenere la febbre della Terra entro 1,5 gradi centigradi, dichiarando fondamentale l’abbandono dell’utilizzo delle fonti fossili. Se vince il SI, “almeno” il popolo italiano sarà coerente con questo impegno.
  • VOTANDO SÌ
    difendiamo il nostro diritto a decidere sulle scelte importanti del nostro Paese.

DOMANDE FREQUENTI

Quando si vota?

17 aprile dalle 07.00 – 23.00 presso il seggio a cui sei iscritto, controlla il numero sulla tua tessera elettorale. Al contrario di altre volte si voterà un solo giorno, la domenica.

Cosa si vota?

Sì Il prossimo 17 aprile si terrà un referendum popolare di tipo abrogativo. Strumento previsto dalla Costituzione italiana per richiedere la cancellazione di tutta o parte di una legge dello Stato. Affinché il referendum sia valido occorre che vada a votare almeno il 50% + 1 degli aventi diritto al voto. Affinché la proposta di abrogazione venga approvata occorre che la maggioranza voti “Sì”.

Chi può votare?

Hanno diritto al voto tutti i cittadini italiani che abbiano compiuto la maggiore età. Gli italiani residenti all’estero, secondo le normali procedure di voto. I fuori sede potranno votare nel proprio Comune di residenza o iscrivendosi come “rappresentanti di lista” nel Comune dove si studia o lavora.

Dove si vota?

IN TUTTA ITALIA e non solo nelle Regioni che hanno promosso il referendum, nei normali seggi elettorali, dove ci si reca normalmente per le consultazioni elettorali, muniti della propria tessera elettorale.

Cosa dice esattamente il quesito referendario?

Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?»

Cosa andiamo a votare?

Con il referendum del 17 aprile si chiede agli elettori di fermare le trivellazioni in mare, tutelando non solo il mare italiano ma l’intero Mediterraneo da possibili disastri ambientali. Raggiungendo il quorum e votando SI si otterrà la cancellazione della norma che consente alle società petrolifere che attualmente estraggono gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane, di continuare in questa operazione fino ad esaurimento del giacimento, senza limiti di tempo. Le attuali normative italiane non consentono di trivellare nuovi giacimenti per il futuro. Questo vuol dire che se si vuole tornare ad avere un limite alle estrazioni in atto e mettere fine alle politiche petrolifere del Governo occorre votare “Sì” al referendum. In questo modo, le attività petrolifere andranno progressivamente a cessare, secondo la scadenza “naturale” fissata al momento del rilascio delle concessioni.

Cosa accade se non si raggiunge il quorum o vince il no?

Nel caso in cui non si raggiungesse il quorum previsto, pari al 50%+1 degli aventi diritto al voto, il Parlamento potrebbe prevedere che si torni a cercare ed estrarre gas e petrolio ovunque rimettendo in piedi in vecchi progetti, come Ombrina. Raggiungere il quorum e vincere il referendum è un’occasione straordinaria per il nostro Paese per lo sviluppo di un sistema energetico sostenibile e democratico basato sulle fonti rinnovabili e sull’efficienza energetica

Andare a votare è utile?

A seguito di un eventuale esito positivo del referendum, il Parlamento o il Governo non potrebbero modificare il risultato ottenuto, la cancellazione della norma sarebbe immediatamente operativa. Come ha più volte precisato la Corte costituzionale, il Parlamento italiano non può modificare il risultato che si è avuto con il referendum, questo lederebbe la volontà popolare.

E’ VERO CHE SE VINCESSE IL “Sì” SI PERDEREBBERO MOLTISSIMI POSTI DI LAVORO?

No. La vittoria del “Sì” non farebbe perdere alcun posto di lavoro: neppure uno. Un esito positivo del referendum farebbe cessare le attività petrolifere progressivamente secondo la naturale scadenza contratta al momento del rilascio della concessione. La norma è stata approvata successivamente al permesso di estrazione, quindi tutti sapevano che la durata sarebbe stata di trent’anni con la possibilità di un’ulteriore proroga per un massimo di 20 anni.

Al contrario puntare su un sistema energetico diffuso e sostenibile potrebbe portare alla nascita di decine di migliaia di nuovi posti di lavoro. Già oggi gli occupati nel settore delle fonti rinnovabili sono maggiori di quelli del mondo Fiat, con oltre 65mila unità. Se si decidesse di puntare sullo sviluppo di queste tecnologie i posti di lavoro potrebbero arrivate a 800mila, 200 nel mondo delle fonti rinnovabili e 400mila in quello dell’efficienza energetica.

OLTRE IL DANNO LA BEFFA

Le riserve su cui punta il Governo non sono in alcun modo direttamente collegate al soddisfacimento del fabbisogno energetico nazionale. Qualora lo fossero le riserve certe presenti sotto il mare italiano sarebbero in grado di soddisfare il fabbisogno energetico del nostro Paese per 7 settimane per il petrolio e 6 mesi per il gas. Gli idrocarburi presenti in Italia appartengono al patrimonio dello Stato, ma lo Stato attraverso le concessioni lo cede in realtà alle società petrolifere. Saranno queste poi a deciderne la destinazione finale, con la possibilità naturalmente di rivenderlo allo Stato italiano. Inoltre sono diversi i sussidi indiretti e gli sconti applicati a coloro che sfruttano le risorse fossili nel territorio italiano. A partire proprio dalle royalties irrisorie – pari al 10% per la terraferma e il 7% per il petrolio in mare – che rendono le estrazioni petrolifere estremamente vantaggiose, e a dirlo sono le stesse compagnie petrolifere che vengono in Italia ad estrarre combustibili fossili e inquinanti. In base alle leggi italiane, infatti, sono esenti dal pagamento di aliquote allo Stato le prime 20 mila tonnellate di petrolio prodotte annualmente in terraferma, le prime 50 mila tonnellate di petrolio prodotte in mare, i primi 25 milioni di metri cubi standard di gas estratti in terra e i primi 80 milioni di metri cubi standard in mare. Addirittura gratis, cioè esentate dal pagamento di qualsiasi aliquota, le produzioni in regime di permesso di ricerca. Per far capire i vantaggi per chi trivella in Italia bisogna confrontare la situazione italiana con quella di altri Paesi europei. Se in Italia avessimo portato le royalties al 50%, nel 2014 ci saremmo trovati invece che con un gettito di 401,9 milioni di euro circa con uno da 1,9 miliardi. Stiamo parlando, è bene ribadirlo, della tassazione su risorse che sono nel sottosuolo e che in ogni Paese sono sottoposte a specifica concessione e prelievo. Dunque un prelievo fiscale diverso da quello che riguarda le imprese. Per esempio, in Danimarca dove non esistono più royalties ma si applica un prelievo fiscale totale per le attività di esplorazione e produzione, questa arriva fino al 77%. In Inghilterra può arrivare fino all’82% mentre in Norvegia è al 78% a cui però bisogna aggiungere dei canoni di concessione. Senza dimenticare la beffa, sempre in tema di royalties, che quanto dovuto alle Regioni viene dedotto dalle tasse da parte delle imprese. Per maggiori info leggi Stop Sussidi alle Fonti Fossili

UN FUTURO 100% RINNOVABILE E’ POSSIBILE?

Sì. La lunga crisi e la straordinaria spinta delle fonti rinnovabili di questi anni hanno cambiato il sistema energetico italiano in una dimensione che nessuno avrebbe potuto immaginare! Infatti mentre negli ultimi 10 anni i consumi energetici calavano del 2,3% e la produzione termoelettrica scendeva del 34,2% le fonti rinnovabili crescevano arrivando a coprire il 40% del fabbisogno elettrico nazionale. Non solo, ma nel 2014 l’Italia è stato il primo Paese al mondo per incidenza del solare rispetto ai consumi elettrici. In Italia oggi ci sono oltre 850mila impianti da fonti rinnovabili, che danno lavoro ad oltre 60mila persone, tra diretti e indiretti, con una ricaduta economica pari a 6 miliardi di euro. Ma la vera grande innovazione necessaria al nostro Paese è quella di ridurre la dipendenza da petrolio e gas e non cambiare fornitore. Inoltre solo spingendo le rinnovabili attraverso l’autoproduzione e la produzione e distribuzione locale possiamo ridurre l’utilizzo di gas nelle case, grazie all’utilizzo di filiere elettriche da rinnovabili e quello di benzina/petrolio, attraverso la mobilità elettrica.

Per maggiori info leggi Comuni rinnovabili

ANCHE LA RICERCA DEGLI IDROCARBURI E’ PERICOLOSA?

Sì. l’airgun è il metodo di ricerca più utilizzato nel settore delle attività estrattive per la sua capacità di fornire un rilievo dettagliato e affidabile della stratigrafia dei fondali marini. Il meccanismo prevede il rapido rilascio di aria compressa che, producendo una bolla che si propaga nell’acqua, genera onde a bassa frequenza. Il rumore prodotto da un airgun è pari a 100.000 volte quello di un motore di un jet. Negli ultimi anni la comunità scientifica internazionale ha iniziato a porre attenzione al fenomeno dell’inquinamento acustico in ambiente acquatico, arrivando alla conclusione che questa attività ha effetti negativi sulla fauna marina, in particolare sui Cetacei. Gli impatti possono essere di tipo fisiologico, comportamentale, percettivo, cronico ed indiretto. Ci sono casi in cui dei rumori molto forti, come le esplosioni a breve distanza, hanno prodotto danni fisici permanenti anche ad organi diversi da quelli specificamente uditivi, portando in alcuni casi al decesso dell’esemplare colpito. Gli effetti negativi sono visibili anche sulle attività di pesca. Uno studio del Norvegian Institute of Marine Research riporta come si sia registrata una diminuzione del pescato anche del 50% intorno ad una sorgente sonora che utilizza airgun, con evidenti impatti economici nelle realtà territoriali direttamente interessate e limitrofe.

Per maggiori info leggi STOP OIL AIRGUN, Fermiamo l’airgun

QUAL E’ LA VERA RICCHEZZA PER IL NOSTRO PAESE?

Il vero “petrolio” italiano è rappresentato dal turismo, dalla pesca sostenibile, dal paesaggio, cultura, innovazioni industriali e energie alternative. Trivellare il mare italiano vuol dire mettere a rischio tutti questi mondo, non soltanto dal punto di vista di patrimonio naturale ma anche economico e sociale.