Mercoledì 9 settembre 2015 verrà discusso, in sede di Conferenza Stato-Regioni, la bozza di decreto ministeriale sulla realizzazione della “rete degli inceneritori” prevista dall’art. 35 del decreto “sblocca Italia” (DL n.133 del 12 settembre 2014).
Pertanto ci sarà un presidio di protesta martedì 8 settembre, dalle 10 alle 12 davanti al palazzo della Regione in via Fabio Filzi 22.
La proposta del decreto legge prevede la realizzazione di 12 nuovi inceneritori nelle regioni “carenti”: due in Toscana e Sicilia, uno a testa in Piemonte, Liguria, Veneto, Umbria, Marche, Campania, Abruzzo, e Puglia. Impianti che vanno ad aggiungersi ai 42 già in funzione e ai sei già autorizzati ma ancora in via di costruzione. Si prevede inoltre il dimezzamento dei tempi per le procedure di valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione integrata ambientale.
Gli inceneritori – proprio grazie allo Sblocca Italia – ora “costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di interesse nazionale” che “costituiscono un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, garantiscono la sicurezza nazionale nell’autosufficienza, consentono di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica”. In soldoni, meno potere alle regioni, protezione rafforzata dei siti scelti contro le proteste dei cittadini: lo stesso schema già adottato per il Tav Torino-Lione e, nello stesso decreto, per le trivellazioni petrolifere e gli impianti di stoccaggio dei gas.
La combustione dei rifiuti è una scelta irrazionale e anti-economica, che contrasta con la direttiva Ue del 2008, che invece propone riduzione dei rifiuti, raccolta differenziata, riuso, riciclaggio e impianti Tmb (un trattamento “a freddo” che riduce ulteriormente la parte di rifiuti non riciclabile). Solo alla fine, dunque, e come “male necessario”, arrivano inceneritori e discariche, scelte più inquinanti.
Gli interessi legati agli inceneritori sono elevati al punto che si continua a parlare di “termovalorizzatori”, una parola coniata ad hoc nel solo Paese Italia ed introdotta per evocare la falsa e suggestiva idea che si possa ricavare valore economico dall’incenerimento dei rifiuti.
Un valore aggiunto che in realtà non esiste poiché il bilancio energetico sarebbe fallimentare se non ci fossero le tasse dei cittadini continuamente versate in bolletta per sostenere questa forma irrazionale di trattamento dei rifiuti: ai comuni, mediamente, la differenziata costa 198 euro a tonnellata, bruciarli circa 150. Solo che, aggiungendo gli incentivi energetici in bolletta, il costo è simile se non superiore: 220 euro nel 2012.
In assenza di questa tassa, sarebbe di gran lunga inferiore il numero di impianti d’incenerimento presenti sul nostro territorio così costosi nella loro realizzazione e gestione in sicurezza.
La convenienza è stata introdotta, grazie al CIP6, nel lontano anno 1992 con la delibera n. 6 del Comitato Interministeriale Prezzi (CIP) determinando una maggiorazione del 6% del prezzo dell’elettricità pagato dai consumatori finali.
Successivamente, con il d.lgs. n. 387/2003 sono stati estesi i benefici delle rinnovabili, tramite l’incentivazione statale, anche alla produzione di energia tramite combustione dei rifiuti con una nuova suggestiva parola “assimilate”.
Gli oltre 40 miliardi di fondi del CIP6, stanziati in questi anni, sono serviti per oltre il 70% a finanziare le “assimilate” e solo in minima parte a promuovere le “energie rinnovabili” (solare, eolico, geotermico, idroelettrico).
Il governo Renzi, invece, definisce l’inceneritore “strategico”: oggi autorizza impianti che saranno pronti fra 5 anni e rimarranno in funzione per 30. Gli inceneritori, peraltro, creano poca occupazione: per il think tank Waste Strategy, incentivando separazione, compostaggio etc. si passerebbe dalle 68.300 persone impiegate oggi a 195.000 in pochi anni. Non solo: almeno il 25% del peso dell’immondizia bruciata – a non tener conto di diossine, furani e Pcb che finiscono nell’aria – si ripresenta poi sotto forma di cenere da smaltire come rifiuto speciale. Ma Renzi vuole i suoi 12 inceneritori: avrà i suoi buoni motivi.Sembra del tutto assurdo considerare gli inceneritori opere strategiche per il nostro Paese così come sembra ingiustificato continuare a sprecare risorse pubbliche prelevate dalla tasche degli italiani per incentivare le “assimilate” piuttosto che investire, secondo quanto indicato dalla direttiva europea del 2008, nell’ottimizzazione della raccolta differenziata, nella riduzione e nel riuso del rifiuto e nella gestione del rifiuto residuo tramite impiantistica finalizzata al massimo recupero di materia.
Auspichiamo che la Corte costituzionale accolga i ricorsi che le regioni hanno avanzato su questo punto e si blocchi l’iter dei nuovi impianti, ma nel frattempo occorre mobilitarsi.