Con i lavoratori del Colosseo, contro l’attacco in arrivo al diritto di sciopero

colosseo-lavoratoriDa giovedì 17 settembre sono all’ordine del giorno della commissione lavoro del Senato e della commissione Affari costituzionali tre disegni di legge a firma di Maurizio Sacconi (Ap), Pietro Ichino (Pd) e Aldo di Di Biagio (Ap), che mirano a rendere quasi infattibile l’esercizio del diritto di sciopero in Italia. E, guarda caso, il giorno successivo scoppia la bufera per l’assemblea sindacale che ha fermato per qualche ora le visite dei turisti al Colosseo, ai Fori Imperiali, al museo Palatino e in altri siti archeologici della Capitale.

Il presidente del Consiglio Renzi ha lanciato l’hashtag #colosseo #lavoltabuona, ovvero “la volta buona” per fare una legge che limiti le libertà sindacali anche nel settore della cultura e il Ministro preposto, Franceschini, ha  subito colto il messaggio facendo approvare seduta stante al Consiglio dei Ministri una legge che aggiunge i musei e i luoghi culturali ai servizi essenziali. Per tutto il giorno e tutto il week-end i media hanno utilizzato l’indizione di un’assemblea unitaria dei lavoratori per sostenere l’azione del governo.

Eppure, l’assemblea sindacale in questione era stata annunciata (e approvata dal soprintendente) parecchi giorni prima come previsto dalla legge (che tra l’altro già prevede che la tutela del nostro patrimonio culturale rientri nella normativa sui servizi essenziali, stabilendo il limite tra l’esercizio di un diritto fondamentale dei lavoratori e le esigenze dei cittadini) ed era stata calendarizzata a inizio turno proprio per ridurre al minimo i disagi dei visitatori.

I lavoratori hanno dunque esercitato il loro diritto di assemblea per discutere delle difficili condizioni di lavoro in cui si trovano ad operare, in perenne sotto organico, senza straordinari pagati, in locali spesso degradati senza riscaldamento o condizionatori, con un alto numero di contratti precari. In particolare, si discuteva del mancato paga­mento da parte dello Stato del «sala­rio acces­so­rio», quello matu­rato per le aper­ture lun­go­ra­rio, e anche not­turne, frutto di un accordo col governo che però non è stato ono­rato: i 18,500 dipen­denti del mini­stero aspet­tano le inden­nità acces­so­rie (30% dello sti­pen­dio) da un’infinità di mesi.

La restrizione dei diritti sindacali non deve impedire a dei lavoratori di discutere e lottare contro queste inaccettabili condizioni! Il battage mediatico e politico è volto solo ad oscurare il fatto che da anni non vengono investiti fondi a sufficienza per la tutela del nostro patrimonio artistico e culturale, che in alcuni casi, come Pompei, rischia danni irreparabili; che la tutela di questo patrimonio dovrebbe essere una priorità, non per impedire ai lavoratori di riunirsi o scioperare, ma per sottrarla alle restrizioni di spesa del patto di stabilità.

In questi ultimi anni, ovunque in Europa ci sono state iniziative di protesta o di sciopero dei lavoratori dei musei e dei patrimoni artistici nazionali, perchè il taglio alla spesa – e quindi al personale e alla sicurezza – riguarda tutti i governi che hanno aderito al fiscal compact e alle ricette di austerity.

La National Gallery di Londra, ha chiuso totalmente o parzialmente ai visitatori ben 50 volte in un anno, con uno sciopero ad oltranza contro la privatizzazione dei servizi che ha bloccato il museo questo agosto. L’anno scorso i lavoratori della Tour Eiffel a Parigi hanno chiuso per ben tre giorni il monumento più visitato di Francia;  e ancora, in questa ultima decade o poco più, a scioperare sono stati i dipendenti del Louvre, dell’Alhambra, del National Museum of Scotland e così via, non sempre con un preavviso come invece è accaduto il 18 settembre a Roma, con l’assemblea sindacale.

Questo capovolgimento della realtà, ovvero il sostenere che sono i diritti dei lavoratori a minare il fondamentale settore del turismo e non la mancanza di investimenti per la tutela del nostro patrimonio artistico, prelude quindi all’attacco definitivo al diritto di sciopero.

E mentre attendiamo che finisca il ciclo di audizioni sui disegni di legge Ichino-Sacconi-Di Biagio e che un comitato ristretto si riunisca per adottare un testo unificato, i lavoratori, e soprattutto quelli che si ostinano ad organizzarsi e lottare  con le “organizzazioni minori più spregiudicate” (come vengono definite dagli estensori dei Decreti Legge in questione) hanno da aggiornare la strategia e rinnovare la tattica, nella difesa e rilancio delle proprie condizioni di vita e lavoro.

Riportiamo un commento di Giorgio Cremaschi (www.huffingtonpost.it, 19 settembre 2015)

Il tweet di Matteo Renzi che inveisce contro i sindacalisti che sarebbero nemici dell’Italia è autentico linguaggio fascista. Il regime di allora considerava italiano tutto ciò che era dalla sua parte e antitaliana ogni opposizione. Che poi Renzi e Franceschini aggrediscano i lavoratori e il loro diritto democratico a riunirsi nel nome della cultura aggiunge beffa all’infamia.

I lavoratori del Colosseo e di altri beni culturali hanno completamente ragione. Gestiscono con competenza e passione un patrimonio di tutti mentre governi e burocrazia li mettono in condizioni di disagio permanente. Taglio degli organici, turni massacranti, straordinario e talvolta orario normale non pagati. È un miracolo che si rinnova tutti i giorni che i grandi siti archeologici ed i musei siano aperti. Si dovrebbe solo gratitudine all’abnegazione di chi fa funzionare un sistema sottoposto a tagli di risorse e di posti di lavoro. Invece il più inutile ministro della cultura, Dario Franceschini, compare in pubblico solo per minacciare chi il sistema culturale lo fa funzionare. E un presidente del consiglio che spende una valigia di euro in voli di stato, magari per andare a vedere il tennis, accusa di antitalianità chi vorrebbe che il servizio pubblico funzionasse meglio. Certo all’Expo di Milano ci sono lavoratori che in seguito ad accordo con CGIL CISL e UIL gratis ci lavorano davvero. In quel caso il sindacalismo diventa patriottico, mentre se rivendica la retribuzione delle ore lavorate danneggia il paese.

Ma tutta questa infamia è in realtà un pretesto. Per imporre il lavoro senza diritti e a titolo gratuito o quasi bisogna far sì che ogni forma di conflitto sia dichiarata fuorilegge in quanto danno al paese. Il governo conservatore britannico di Cameron sta varando un durissima legge antisciopero che i suoi stessi parlamentari hanno definito da dittatura fascista. Il pretesto in quel caso è stato il rifiuto dei lavoratori della metropolitana di Londra di lavorare di notte, anche in questo caso senza organici e retribuzioni adeguate.

Renzi ed i suoi hanno lo stesso obiettivo del primo ministro di sua maestà. Anche da noi si vogliono varare nuove leggi antisciopero, che si aggiungano a quelle pesanti già in vigore. Del resto il presidente del consiglio ha detto che a Marchionne spetta un monumento e se il capo della Fiat diventa un bene culturale, allora è giusto tutelarlo, imponendo a tutto il paese il regime di lavoro che vige a Pomigliano. A sostegno delle meschinità di Renzi e Franceschini si è scatenata la solita vandea della casta e del giornalismo di regime: i mostri del Colosseo hanno lasciato due ore i turisti ad aspettare che si svolgesse l’assemblea, vergogna! Il fatto poi che quella riunione sia un diritto garantito dalla legge e dalla Costituzione, non solo non fa riflettere il regime, ma lo incattivisce.

Le leggi e la Costituzione vanno cambiate se in esse trova ancora spazio la protesta, perché i lavoratori devono solo essere “usi a obbedir tacendo”. Più di tanti discorsi sono vicende in fondo piccole come questa che mostrano il degrado raggiunto dalla democrazia italiana e dai suoi governanti, che ad ogni problema reagiscono manifestando tutta la loro arrogante ignoranza. Per questo, in nome della democrazia e della cultura bisogna stare senza se e senza ma con il lavoratori del Colosseo e con il loro diritto a lavorare con dignità e non come schiavi.