Contratto Eco della Stampa
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Per una conclusione positiva: chiarire i contenuti su cui tenere e rafforzare l’azione sindacale. La trattativa sta per riprendere e sulle rivendicazioni sindacali dobbiamo provare a rifare il punto.
Il punto si fa a partire dalle richieste e dalle ultime controproposte della direzione.
Una prima parte della piattaforma rivendicativa riguarda gli aspetti di natura prettamente economica della contrattazione: la 14esima, il premio di produzione, l’aumento del valore degli scatti di anzianità e la loro reindicizzazione, l’aumento delle indennità del notturno e dei tickets e l’unificazione operai impiegati. Di fronte a tutto questo, la direzione, che risponde con la proposta di poco più di 60 euro al mese (!) a rate (!!) in tre anni (!!!) e qualche altra manciata di euro per tickets e erogazioni, si configura molto distante dalle richieste dei lavoratori e delle lavoratrici.
Come controbattere all’inconsistente risposta della direzione?
Tra lavoratori, delegati e sindacati, anche per le difficoltà e le differenti sensibilità, ci sono valutazioni e opinioni diverse. Si tratta di posizioni legittime e potenzialmente stimolanti per un lavoro costruttivo a più voci, ma pur nell’eterogeneità non bisogna né dimenticarsi né modificare le richieste di partenza dei lavoratori, ovvero la premessa fondante di tutta la trattativa sindacale. E dal momento che nelle discussioni assembleari sono emerse direzioni di lavoro differenti, è importante tenerne conto, sviluppare ulteriormente il ragionamento e il dibattito, e arrivare ad una sintesi che non scavalchi i lavoratori, anzi, ma che si collochi nell’ottica di sbloccare la trattativa in modo favorevole ai lavoratori e sia frutto di un percorso di coinvolgimento e allargamento della partecipazione dei lavoratori stessi.
Noi riteniamo che rinunciare alla 14esima significherebbe perdere un’occasione importante di raggiungere un obiettivo significativo: un percorso di miglioramento sostanziale delle condizioni di lavoro guadagna terreno se le entrate dell’azienda verranno sempre più equamente distribuite tra i lavoratori – che collettivamente consentono all’azienda di andare avanti – e la direzione. A maggior ragione, avrebbe ancora più valore rivendicare una 14esima mensilità, o meglio un premio aziendale, uguale per tutti, cosicchè una volta all’anno arrivi una paga identica a tutto il personale dell’azienda.
Non si tratta di fantasie, ma di applicare anche ai lavoratori ciò che già è prassi tra gli azionisti, per esempio. In ogni caso anche solo uno di questi risultati, sarebbe comunque un passo avanti.
In sintesi, delle tre carte che possiamo mettere sul tavolo – aumento tickets e premio di risultato – solo l’aumento si attesterebbe come fisso e invariabile in busta paga, e come tale va assolutamente garantito attraverso la trattativa sindacale (per quanto riguarda i ticket, si tratta soltanto di un adeguamento in ritardo al valore del prezzo di un pasto). Inoltre, Il premio di risultato per definizione (e secondo la legge) dovrebbe essere incerto e variabile. Ricordiamo che in alcuni anni non è stato nemmeno pensionabile. E ad oggi è detassabile fino ai 40.000 euro. Da alcuni anni è però possibile pagare anche se i risultati delle aziende peggiorano. Insomma, ogni anno il governa cambia criteri e modalità per gli sgravi. D’altronde con la crisi ci si deve fare i conti.
In conclusione: o c’è la 14esima, o una forma di premio annuale fisso e certo in attesa della 14esima, oppure si deve puntare tutto sull’aumento della paga base, e non ha senso perdere tempo a trattare il premio di risultato senza avere prima messo nero su bianco con un preaccordo il suddetto aumento.
Orario di lavoro: Circola voce che la direzione proponga solo 8 ore aggiuntive alle attuali 48 e che questo per la direzione sarebbe un costo da scalare dal salario..!!??
Forse è il caso di ricordare che la direzione, la proprietà da metà degli anni 80 ad oggi ha fatto guadagni e risparmiato assunzioni grazie a questa scarsa riduzione d’orario, ferma dal 1993. Le 48 ore annue sono state il primo risultato ottenuto negli anni 80. In altri contratti di categoria, come in quello dei grafici, CGIL, CISL e UIL, conclusero contratti che si sono attestati a 8 giorni (pari a 64 ore di riduzione annua). O ancora nel contratto dei metalmeccanici o commercio hanno diritto a 72/80 ore annue (9/10 giorni di riposo). In pratica i lavoratori e le lavoratrici di Eco della Stampa rispetto ai colleghi e alle colleghe a cui si applicano altri contratti, in questi 30 anni hanno lavorato 30/40 ore annue in più e quindi tra le 900 e le 1.200 ore complessive in più. E ognuno di voi, in base all’anno di assunzione, può fare il conto di quante giornate di lavoro in più ha dato all’azienda.
Altro che far pesare la riduzione d’orario come costo, ci dovrebbero ripagare arretrati che non sono solo salariali: sono arretrati di tempo di vita, di relazioni sociali perse, di usura del corpo, e della mente.
Perciò anche sulla riduzione d’orario ci dovrebbero essere significativi passi avanti. Ben più che 8 ore aggiuntive, ma ribadiamo la necessità di concludere un accordo che preveda per lo meno le 80 ore annue.
Democrazia: è una bella parola..
Secondo qualcuno la delegata Sara eletta con 9 voti dai lavoratori non sarebbe più delegata. Decadrebbe perché “nominata” nella quota un terzo del regolamento RSU 1993. La quota nominata serviva a controllare meglio e più facilmente con il 51% la RSU nel suo complesso.
Non si capisce quale sia la convenienza per i lavoratori di perdere un elemento della partita al momento della partita decisiva e cioè verso la conclusione della trattativa.
La libertà sindacale di chi ha votato ed eletto Sara nella lista Cgil verrebbe debilitata.
La scelta di cercare di eliminare dal tavolo della trattativa una delegata va a favore o contro i lavoratori? Non sarebbe più logico aggiungere al tavolo della trattativa altri sindacati con il peso proporzionale che dipende dalla forza che gli danno i lavoratori?
Ognuno può pensare bene o male del SIAL-Cobas e/o della Cgil o della Cisl o della Uil (che peraltro sta al tavolo ma non ha delegati eletti).
Quello che serve a chiarire le idee alla direzione e ai sindacati è un passo avanti dei lavoratori e delle lavoratrici.
Un aneddoto forse non basta, ma dà l’idea della forza dei lavoratori: all’inizio della nascita del sindacato di base, alcune aziende provarono a impedirne l’ingresso alle assemblee sindacali. Come andò a finire? Laddove i lavoratori risposero partecipando in massa, l’assemblea si svolse regolarmente e i sindacalisti dei confederali dovettero rincorrere i lavoratori per dire la loro. In altre aziende dove solo pochi lavoratori andarono sui cancelli l’attività sindacale continuò in condizioni più difficili.
Un altro esempio concreto: tutti i lavoratori non iscritti da un giorno all’altro si iscrissero al sindacato di base: per chi trattava fu un segnale preciso, e lo fu ancor di più la manifestazione/presidio con decine di bandiere. In quell’occasione, i delegati dei confederali, pur senza esplicitare il loro appoggio, espressero il loro assenso e la loro complicità con tutti i lavoratori per il raggiungimento delle rivendicazioni.
aprile 2015
Erika Negri, Sara Blancardi e Angelo Pedrini (sindacalista SIAL-Cobas)