Salute e sicurezza sul lavoro: le schede di autodifesa del SIAL Cobas e il questionario “Pensa alla salute!”

English
Français
Español
Arabic

Come Sial Cobas abbiamo realizzato delle schede per nutrire la “cassetta degli attrezzi” che ogni lavoratore e lavoratrice dovrebbe avere a tutela della propria incolumità e di quella altrui. Sono state tradotte in inglese, francese, spagnolo e arabo. L’obiettivo è renderle fruibili, facilmente condivisibili online o in forma cartacea.

Morti sul lavoro e infortuni continuano a ripetersi; le malattie professionali sono in aumento. Precarietà e malanni sommersi, non denunciati e/o non riconosciuti, sono all’ordine del giorno. Non è un problema soltanto italiano, per questo riteniamo utile offrire questo strumento a lavoratori e lavoratrici di altri Paesi. E’ urgente dedicarsi ad un lavoro individuale e collettivo (di gruppo omogeneo, di luogo di lavoro, interaziendale e sociale) per cambiare la realtà attuale. L’azione sindacale e collettiva va reinventata. Partiamo da qui.

Sempre in quest’ottica il Sial Cobas propone il questionario “Pensa alla salute! Inchiesta su lavoro e salute”, uno strumento per fare una fotografia dell’attuale condizione lavorativa in diversi settori. Dimostrare come le attività lavorative stiano diventando usuranti resta uno strumento importante per rivendicare condizioni di lavoro migliori confrontando situazioni di diversi settori.

SCHEDE SALUTE E SICUREZZA SUI LUOGHI DI LAVORO

Sorveglianza sanitaria

Cos’è?
L’insieme delle visite mediche, preventive e periodiche, a cui sono sottoposti i lavoratori da parte
del medico competente (nominato e pagato dal datore di lavoro). Per legge gli accertamenti
diagnostici (visite di medici specialisti, esami del sangue, radiografie, ecc.) necessari per
l’espressione del giudizio di idoneità devono essere a carico del datore di lavoro.


Cosa fa il medico competente?
Il Medico competente (MC) è nominato dal datore di lavoro (DDL) e si occupa di sorveglianza
sanitaria. Deve svolgere la propria attività secondo i principi della medicina del lavoro e del codice
etico della Commissione Internazionale di Salute Occupazionale (ICOH). Se non lo fa, occorre
denunciare la cosa all’Ordine dei Medici territorialmente competente. I MC spesso rinunciano alla
propria autonomia professionale, eseguendo senza discutere le imposizioni del DDL, da cui
dipendono economicamente. State sempre attenti alla coincidenza, vincolante, tra medico nominato
e medico che esegue le visite: denunciate eventuali anomalie.
Il medico competente deve istituire, aggiornare e custodire una cartella sanitaria e di rischio per
ogni lavoratore/lavoratrice sottoposto a visite mediche, garantendo assolutamente il rispetto del
segreto professionale: ogni violazione del segreto deve essere segnalata ed è punibile penalmente.
Deve anche fornire informazioni ai lavoratori sul significato della sorveglianza sanitaria e informare
ogni lavoratore/lavoratrice dei risultati, rilasciandogli, su richiesta, copia della cartella sanitaria.

Cosa fa il medico competente dopo gli accertamenti?
Esprime il giudizio di idoneità sanitaria alla mansione specifica (non al “lavoro genericamente
inteso”). Il giudizio deve essere sempre rilasciato per iscritto e consegnato immediatamente (o, al
massimo, entro pochi giorni dalla visita) al lavoratore/lavoratrice e al datore di lavoro.  


E se il lavoratore/lavoratrice non è d’accordo col giudizio del medico?
Può fare ricorso all’ASL/ATS entro trenta giorni dalla data della sua comunicazione effettiva (data
di rilascio e non della visita, per cui massima attenzione alla data). L’esito del ricorso è vincolante
per datore di lavoro, medico competente e lavoratore/lavoratrice.


Cosa fare se il datore di lavoro non rispetta le misure del medico competente?
Se l’azienda non attua le disposizioni contenute nel giudizio di idoneità il lavoratore/lavoratrice, per
il tramite del sindacato, deve fare una segnalazione all’organo di vigilanza (ASL) del territorio.
Qualora le misure indicate dal medico competente prevedano un’inidoneità alla mansione specifica,
il datore di lavoro deve impiegare il lavoratore/la lavoratrice in mansioni equivalenti o di livello
inferiore, garantendo il trattamento di provenienza. Se non lo fa e licenzia il proprio dipendente si
rende indispensabile l’intervento di sindacato e avvocato per garantire al lavoratore/lavoratrice il
proprio impiego. 


In caso di non idoneità o gravi limitazioni non accettare mai di restare a casa in malattia, ferie,
recuperi, ma rivolgiti al sindacato; se si destina il lavoratore/la lavoratrice a sedi e/o in orari del
tutto discutibili, mai arrendersi a tale vessazione o, peggio, lasciare l’impiego: anche in questo caso
rivolgendosi al sindacato si può individuare la strategia più opportuna, caso per caso (ricorso
all’ATS/ASL, avvio pratiche per Legge 104, segnalazione malattia professionale e altro ancora).


Quando vengono fatte le visite del medico competente?
 visita medica preventiva/preassuntiva (prima di essere avviati alla mansione)

 visita medica periodica (secondo cadenze stabilite)
 visita medica su richiesta del lavoratore/lavoratrice (mai del datore di lavoro!)
 visita medica per cambio mansione (quando cambiano i rischi)
 visita medica a cessazione rapporto (solo per rischio chimico e/o cancerogeno)
 visita medica a seguito di assenza (per motivi di salute) superiore ai 60 giorni 
Possono essere fatte verifiche di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze
stupefacenti, ma solo per lavoratori adibiti a specifici compiti, ben individuati dalla legge. La
sorveglianza sanitaria è assolutamente vietata per accertare la gravidanza. 

Nota bene: 
Mai accettare di essere sottoposti a visite mediche che non rientrino tra quelle previste dalla norma
(oltre alle visite preventive e periodiche, o in occasione di cambio mansione, o su richiesta del
lavoratore/lavoratrice stesso, o a quella discrezionale al ritorno dopo 60 giorni di assenza per
malattia). 
Mai accettare di rivolgersi al medico curante per la richiesta di approfondimenti diagnostici (visite
specialistiche, esami di laboratorio o strumentali), né di pagare i relativi ticket.
Mai accettare che le visite mediche vengano effettuate al di fuori dell’orario di lavoro e/o in sedi
diverse da quella aziendale: possibili accordi, non imposizioni unilaterali.
Mai nascondere al medico competente i propri problemi di salute per paura di essere giudicati non
idonei: tale comportamento potrebbe consentire al medico di evitare provvedimenti vantaggiosi,
oltre che tornare utile in caso di danni alla salute (infortuni o malattie professionali).

Contatti
www.sialcobas.it
tel. 02/95299551, email: info@sialcobas.it Dove: Via Roma, 81 – 20051 Cassina dé Pecchi (MI)

Gravidanza e lavoro

Cos’è (e cosa non è)?
La gravidanza non è una malattia, ma un aspetto della vita quotidiana; tuttavia, molte attività
lavorative possono costituire per la lavoratrice gravida o in allattamento un rischio per la propria
salute e/o per quella del bambino.
In situazioni di non rischio, il congedo di maternità è il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro
riconosciuto alle lavoratrici dipendenti durante la gravidanza e il puerperio e consiste in un periodo
di astensione obbligatoria dal lavoro per la madre.
La scelta di avvalersi del congedo di maternità flessibile è della lavoratrice, purché vi sia un
attestato del medico del Servizio sanitario nazionale, o con esso convenzionato, avallato dal medico
competente aziendale, nel quale si certifichi l’assenza di rischio alla salute della lavoratrice e alla
corretta prosecuzione della gravidanza.
In presenza di determinate condizioni che impediscono alla madre di beneficiare del congedo,
l’astensione dal lavoro spetta al padre (congedo di paternità). Il diritto al congedo e alla relativa
indennità sono previsti anche in caso di adozione o affidamento di minori.

Sono incinta. E adesso, come faccio con il lavoro?
La legge del 2001, nel vietare la discriminazione della gestante, tutela la donna gravida prima di
tutto con l’obbligo (per tutte le aziende, pubbliche e private) di una valutazione dei rischi specifica
per la fase di gravidanza/allattamento, per poi informarne compiutamente tutte le donne presenti in
azienda e i loro rappresentanti per la sicurezza (RLS).
Questa valutazione deve essere fatta sempre, indipendentemente dal fatto che sia presente in
azienda una lavoratrice gravida, così da potere spostare la lavoratrice su una mansione non a rischio
immediatamente dopo la comunicazione della gestazione in atto .
Cosa fare se il lavoro costituisce un rischio aggiuntivo?
Condizioni lavorative accettabili in situazioni normali possono non esserlo più in gravidanza e nel
periodo dell’allattamento. Molte attività lavorative possono costituire una condizione
pregiudizievole o di rischio per la propria salute e/o per quella del bambino.
Per contrastare questo genere di pericolo che nel 2001 sono state emanate specifiche norme a tutela
della maternità, raccolte nel D.Lgs 151: “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di
tutela e sostegno della maternità e della paternità”. Il testo fornisce le nuove definizioni delle
assenze dal lavoro, i destinatari e le opportunità offerte sia al datore di lavoro che alle lavoratrici e
ai lavoratori, ribadendo il divieto di discriminazione di quanti si trovino nella condizione di mamma
(ma anche papà) al lavoro.
Introduce l’obbligo della valutazione dei rischi (da agenti fisici, chimici o biologici, oltre che da
processi o condizioni di lavoro contenute in corposi elenchi allegati alla norma) per la donna
gravida e/o allattante, parte integrante dalla più vasta valutazione di tutti i rischi prevista dal D.Lgs
81 del 2008. L’obbligo è esteso a tutte le aziende, del settore pubblico e di quello privato, con
personale (indipendentemente dalla consistenza numerica) subordinato e/o equiparato. 
Cosa deve fare il datore di lavoro?
Valutato il rischio, il datore di lavoro (DDL) deve dare un’informazione dettagliata ad ogni donna
ed ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) su tutti i rischi presenti in ambito
lavorativo e nella mansione svolta, anche in considerazione di una possibile gravidanza, prevedendo
interventi di protezione e prevenzione. 
Una precisazione necessaria: questa valutazione, effettuata dal datore di lavoro, in collaborazione
con il medico competente e con le altre figure che si occupano di sicurezza, deve essere fatta
sempre e indipendentemente dal fatto che sia presente in azienda una lavoratrice gravida. Ciò
perché, nel momento stesso in cui viene a conoscenza dello stato di gravidanza, il DDL deve
immediatamente mettere in atto quanto previsto nella valutazione, allorché questa riveli rischi per la
sicurezza e salute delle lavoratrici, adottando tutte le misure necessarie affinché tale esposizione sia
evitata. In particolare, deve spostare la lavoratrice su una mansione non a rischio e qualora le misure
(tecniche, organizzative o procedurali) non siano oggettivamente attuabili, richiedere l’astensione
anticipata dal lavoro. 
Perché tutto ciò si verifichi, ogni lavoratrice è tenuta a comunicare tempestivamente al proprio
Datore di Lavoro il suo stato di gravidanza (art. 6 comma 1 D.Lgs. 151/01). 
Cosa fare se, in presenza di rischi per la lavoratrice gravida, non è possibile cambiare

mansione?
Se non è effettivamente possibile mantenere la lavoratrice al lavoro, attraverso lo spostamento a
mansione non a rischio, il DDL deve richiedere all’Ispettorato del lavoro territorialmente
competente (IAM) l’interdizione anticipata dal lavoro per attività a rischio. Tale richiesta deve
essere motivata e supportata da prove, così da consentite all’IAM di procedere alle opportune
verifiche e porre la lavoratrice in aspettativa anticipata (retribuita) di maternità.
Cosa fare se l’azienda chiede alla lavoratrice gravida di mettersi in malattia?
Contattare immediatamente il RLS e il sindacato. Capita frequentemente che l’Azienda non segua
correttamente la procedura sopra citata e chieda alle lavoratrici di mettersi in malattia fino al
momento della formalizzazione dello stato di gravidanza da parte dell’Ispettorato. Tutto questo è
illegittimo, in quanto il DDL deve mettere subito la lavoratrice in aspettativa retribuita “in attesa di
astensione anticipata”, che viene ratificata nel giro di pochi giorni dall’Ispettorato.
Mai, quindi, accettare che tale periodo di transizione sia da considerare “malattia” (ferie, recuperi,
men che meno in permesso retribuito), ricorrendo alla certificazione del proprio medico di base. La
lavoratrice non è malata, ma gravida!

Cosa fare in caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme di malattia che
si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza?
E’ la lavoratrice che deve trasmettere la richiesta di interdizione anticipata all’Ispettorato del lavoro
territorialmente competente (IAM), allegando il certificato medico redatto dallo specialista
ginecologo. L’IAM procederà immediatamente a decretare l’interdizione anticipata e comunicarla al
DDL. La materia è decisamente complessa e molti datori di lavoro non applicano correttamente (o
del tutto) la legge. E’ indispensabile, perciò, che la lavoratrice cerchi e trovi adeguato supporto
rivolgendosi al RLS e al sindacato di riferimento.
Contatti
www.sialcobas.it
tel. 02/95299551, email: info@sialcobas.it Dove: Via Roma, 81 – 20051 Cassina dé Pecchi (MI)

Movimentazione manuale di carichi (MMC)

Cos’è:
Per movimentazione manuale dei carichi si intendono le azioni del sollevare, deporre, spingere,
tirare, portare o spostare un carico pari o superiore a 3 kg e i movimenti ripetitivi ad alta e altissima
frequenza.
Quali obblighi ha il datore di lavoro?
La legge impone al datore di lavoro di ricorrere ad attrezzature meccaniche per evitare la
movimentazione manuale dei carichi e solo qualora ciò non sia possibile di organizzare i posti di
lavoro per garantire sicurezza e salute e di sottoporre i lavoratori a sorveglianza sanitaria. Non farlo
comporta l’arresto da tre a sei mesi o l’ammenda da 3.071,27 a 7.862,44 €. 
Come si valuta il rischio?
La valutazione del rischio deve tenere conto delle caratteristiche del carico, dello sforzo fisico
richiesto, dell’ambiente in cui si effettua la movimentazione, delle condizioni di movimentazione e

di fattori individuali di rischio (genere ed età, idoneità fisica, formazione e addestramento). Tale
valutazione non deve essere fatta “a occhio”, ma con metodiche validate e standardizzate. Anche la
movimentazione manuale di esseri animati (animali e pazienti) deve essere valutata con metodiche
specifiche per adottare adeguate misure correttive.
A quali problemi di salute si va incontro? 
Patologie “lavoro-correlate” alla colonna vertebrale dorso-lombare ma anche agli arti superiori e
inferiori. L’origine è multifattoriale (per cause legate a invecchiamento/genere/traumi pregressi),
motivo per cui il riconoscimento della causa/concausa professionale può risultare difficoltosa. Tra le
malattie professionali più frequenti inserite nella tabella INAIL comuni nei settori più esposti
(industria manifatturiera, edilizia, agricoltura e logistica) figurano quelle a carico di:
 colonna vertebrale (ernia del disco e spondilodiscopatia lombare)
 spalla (tendiniti e borsiti dei muscoli sovraspinoso e capolungo del bicipite),
 gomito (epicondilite, epitrocleite e borsite olecranica)
 polso-mano (sindrome del tunnel carpale, sindrome di De Quervain, dito a scatto e tendinite dei
muscoli flesso-estensori delle dita)
 ginocchia (borsiti, tendinopatia del quadricipite femorale e meniscopatia degenerativa).
Prevenzione: come farla?
Per chi effettua movimentazione manuale di carichi o di pazienti è prevista la sorveglianza sanitaria
a cura dell’azienda, con finalità clinico-preventive, di diagnosi precoce e di definizione dell’idoneità
alla mansione. Non farlo configura profili di reato perseguibili per datore di lavoro, dirigenti,
preposti, medico competente, ecc.
Cosa può fare il sindacato?
Ogni lavoratore può rivendicare i propri diritti attraverso il rappresentante per la sicurezza RLS. Il
sindacato può intervenire supportando il lavoratore ai fini dell’ottenimento di migliori condizioni di
lavoro. Se il lavoratore ritiene non sufficientemente tutelante il giudizio di idoneità rilasciato dal
Medico competente può ricorrere, tramite il sindacato, all’organo di vigilanza (ASL)
territorialmente preposto.

Contatti
www.sialcobas.it
tel. 02/95299551, email: info@sialcobas.it Dove: Via Roma, 81 – 20051 Cassina dé Pecchi (MI)

La malattia professionale

Cos’è: 
Qualsiasi stato morboso in rapporto causale con lo svolgimento dell’attività lavorativa.
Contrariamente all’infortunio si può sviluppare anche a distanza di anni dall’esposizione del rischio:
ciò rende più difficile (ma non impossibile) dimostrare la dipendenza dall’attività lavorativa. La
legge prevede un periodo di indennizzabilità entro il quale può prodursi la malattia: bisogna
attivarsi, meglio se tramite il sindacato, appena si viene a conoscenza di avere una patologia di
possibile origine lavorativa.
Cosa fare se si ritiene di essersi ammalati a causa del lavoro?
Rivolgersi al proprio medico di base o allo specialista che sta seguendo la malattia e chiedere di far
partire il “primo certificato di malattia professionale”, che attiva: sia l’INAIL per eventuali
risarcimenti del danno, sia l’ASL/ATS, che indaga sulla malattia per rimuoverne le cause e
individuare eventuali responsabilità dell’azienda. Avvisare il sindacato per seguire la pratica.

Cosa fare se il medico non vuole fare il certificato? 
Rivolgersi direttamente al sindacato per seguire strade alternative. 

Cosa succede dopo aver avviato l’iter di riconoscimento?
La pratica si snoda in due filoni differenti: 
 La segnalazione arriva a INAIL che dopo avere valutato il caso, visionato la documentazione
sanitaria e “visitato” il lavoratore/lavoratrice, decide se riconoscere o meno l’origine professionale
del danno. Se non la riconosce (perché sostiene che il rischio, pure evidente, non sia stato
sufficiente a garantire il danno) o la riconosce ma quantifica il danno biologico in misura incongrua,
il sindacato può avviare le procedure di contestazione.
 Parallelamente e contemporaneamente, la segnalazione/referto giunge per via telematica all’organo
di vigilanza sui luoghi di lavoro dell’ASL/ATS (PSAL, SPRESAL, SPISAL), che è tenuto ad
avviare un’indagine di polizia giudiziaria, in quanto si tratta di accertare e sanzionare un reato
perseguibile d’ufficio (lesioni colpose o omicidio colposo – rispettivamente art. 590 e 589 del
codice penale). Questa indagine, nell’ambito della quale il sindacato deve fare sentire la propria
voce, consente all’organo di vigilanza di mettere in luce le cause che hanno determinato la malattia
professionale e di disporne la rimozione o, quando ciò non sia possibile, la mitigazione.
Le malattie professionali possono essere già presenti nelle apposite tabelle INAIL (si parla di
patologie “tabellate”) o non esservi presenti?
Entrambe le cose. Nel primo caso, purché ci sia la diagnosi giusta e la dimostrazione
dell’esposizione del lavoratore al rischio specifico (esempio: ernie del disco lombare dopo aver
sollevato carichi pesanti per svariato tempo, magari anche in posizioni disagevoli) INAIL dovrebbe
riconoscere automaticamente la causa professionale; purtroppo spesso non accade e quindi il
lavoratore/lavoratrice per ottenere quanto gli spetta deve fare ricorso, tramite il sindacato, ed
eventualmente citare l’INAIL in giudizio.
Nel caso di malattie professionali non presenti nelle tabelle INAIL la situazione è più complicata: il
lavoratore/lavoratrice deve dimostrare il nesso tra il rischio a cui è stato esposto e il danno subito (la
malattia professionale, per l’appunto). In questo caso è indispensabile farsi assistere dal sindacato,
per impostare il corretto iter legale.
Cosa può fare il sindacato? 
Il sindacato, oltre a tutelare il lavoratore/lavoratrice malato nei confronti dell’Ente assicurativo
(INAIL) spesso sordo e inadempiente, potrà spingere l’organo di vigilanza preposto (il servizio
ASL/ATS deputato alla tutela di lavoratori/lavoratrici) a compiere il proprio dovere di verifica dei
fattori di rischio professionali che hanno prodotto la malattia e, una volta individuati e accertati, a
disporne la rimozione da parte dell’azienda responsabile, che ne risponderà anche in sede penale e
civile.
Nota bene:
Contrariamente a quanto si vuole fare credere, non è  il lavoratore/lavoratrice che “denuncia” la
malattia professionale, bensì un medico (di base, specialista, del patronato e in particolare il medico
competente aziendale) e, quindi, non ci si deve sentire “colpevoli” di aver denunciato il proprio
datore di lavoro e/o i propri dirigenti. Nella pratica quotidiana sono rarissimi i casi in cui i medici di
famiglia, gli specialisti e i medici competenti fanno partire, attraverso la redazione telematica di
quello che si chiama “primo certificato di malattia professionale”, l’iter di riconoscimento di cui
sopra.
A fronte dei più di mille morti all’anno per infortunio sul lavoro, se ne verificano più di dieci volte

tanto per malattia professionale. E’ per questo che, con l’obiettivo di fare emergere i troppi casi di
patologie dovute al lavoro ampiamente oscurati e negati, bisogna mettersi in contatto con
organizzazioni sindacali in grado di portare avanti le istanze dei lavoratori.
Contatti
www.sialcobas.it
tel. 02/95299551, email: info@sialcobas.it Dove: Via Roma, 81 – 20051 Cassina dé Pecchi (MI)

DPI – Dispositivi di Protezione Individuale

Cosa sono e quali caratteristiche devono avere:
I Dispositivi di protezione individuale impediscono che un evento che si è verificato, per ridotta o
assente prevenzione, possa produrre danni gravi al lavoratore/lavoratrice. I DPI (per il capo, il
tronco, gli arti, la vista, l’udito, ecc.) devono obbligatoriamente possedere specifiche caratteristiche
di idoneità per l’impiego a cui sono destinati: massima protezione e migliore tollerabilità possibile.
Il ricorso ai DPI è opportuno, addirittura necessario, quando le misure di prevenzione non
garantiscono la tutela dei lavoratori.
Cosa deve fare il datore di lavoro?
La legge impone al datore di lavoro (DDL) di verificare l’adeguatezza del dispositivo ai rischi da
prevenire allo specifico luogo di lavoro e alle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore, per
non costituire fonte di disagio o di sofferenza. Deve, inoltre, garantirne l’approvvigionamento e, in
caso di dispositivi non monouso, la manutenzione .
Cosa può fare il lavoratore/lavoratrice?
Segnalare immediatamente al DDL, al dirigente, al preposto e al proprio RLS, ogni difetto o
inconveniente rilevato nei DPI messi a disposizione. Rivolgersi al sindacato può fare la differenza.
Chi verifica l’incompatibilità dei DPI?
L’organo di vigilanza è tenuto a verificare che il DPI, laddove sia ritenuto necessario dalla
valutazione dei rischi, venga scelto nel rispetto della normativa e prontamente fornito ad ogni
lavoratore/lavoratrice obbligati all’uso. Rivolgendosi al proprio RLS o al sindacato potrà essere
fatta ogni verifica del caso.
Cosa fare se il DPI fornito dall’azienda non va bene?
Qualora il singolo lavoratore/lavoratrice abbia provate difficoltà all’utilizzo del DPI (esempio:
respiratorie per le maschere, visive per gli occhiali, particolari conformazioni del piede per i calzari,
allergie al lattice dei guanti, ecc.) il DDL deve fornire mezzi alternativi. Se non esistono alternative
commercialmente disponibili il DDL deve fornire mezzi di protezione personalizzati. Il costo deve
ricadere interamente (senza franchigie o limiti economici) sul DDL stesso. La decisione sul DPI
alternativo compete al medico competente. Quando uno specialista consiglia determinati dispositivi
di protezione individuale è necessario fare la richiesta di visita al medico competente per ottenere il
giudizio di idoneità. Anche per questo giudizio è prevista la possibilità di ricorso all’organo di
vigilanza.
Contatti
www.sialcobas.it
tel. 02/95299551, email: info@sialcobas.it Dove: Via Roma, 81 – 20051 Cassina dé Pecchi (MI)

Infortunio sul lavoro

Cos’è?
E’ un infortunio sul lavoro ogni evento, determinato da causa violenta, in occasione di lavoro, dal
quale derivi una lesione o una malattia che rende necessaria l’astensione dal lavoro per più di tre
giorni.
Cosa fare quando si verifica?
E’ sempre necessario pretendere l’intervento del 118 (tranne, ovviamente, nel caso di piccole ferite
o piccole escoriazioni). E’ indispensabile recarsi immediatamente (con ambulanza o altro mezzo) in
pronto soccorso, per ricevere le immediate cure e ottenere il rilascio del “primo certificato di
infortunio” dal quale risultino: diagnosi, prognosi iniziale, data, ora e circostanze dell’infortunio.
Evitare, quindi, di andare a casa o in altro luogo, dopo l’infortunio e recarsi in pronto soccorso dopo
che siano trascorse ore o giorni.
Cosa fare quando si rende necessario prolungare l’astensione dal lavoro?
Se alla scadenza della prognosi iniziale la guarigione non è avvenuta e si deve continuare
l’astensione dal lavoro (“inabilità temporanea assoluta” – ITA). Bisogna accertarsi che il proprio
medico di famiglia, nel prorogare la prognosi, espliciti nell’apposito certificato che si tratta di
continuazione dell’infortunio.
Cosa fare quando si chiude l’infortunio?
Quando si chiude l’infortunio (non è detto che si tratti sempre di guarigione), l’INAIL deve
comunicare al lavoratore la durata dello stesso e se residuano condizioni invalidanti deve
riconoscere una percentuale di invalidità permanente (da non confondere con l’invalidità civile, di
pertinenza INPS). Se tale percentuale è inferiore al 5%, (“in franchigia”) INAIL provvede
esclusivamente a indennizzare il periodo di inabilità temporanea (l’assenza dal lavoro a causa
dell’infortunio); per una percentuale tra il 6% e il 15% liquiderà, oltre alla temporanea, anche il
danno biologico (“in conto capitale”) con una cifra “una tantum” che corrisponde al grado di
invalidità, così come calcolato in apposite tabelle stabilite dal Tribunale; in caso di percentuale di
invalidità da lavoro superiore al 15%, INAIL corrisponderà una rendita mensile vitalizia, tanto più
cospicua, quanto più elevato è il grado di inabilità permanente.
Se ciò non avviene, il lavoratore deve prendere rapidamente contatto con i suoi referenti sindacali,
che potranno seguire l’intero iter post-infortunio e opporsi a qualsiasi tentativo di elusione da parte
di INAIL. 
Lo stesso deve avvenire quando (spesso) INAIL passa d’ufficio la pratica all’INPS (con gravi
ricadute sul periodo di comporto), considerando il danno conseguente a causa comune (quindi,
malattia) e non lavorativa.
Cosa fare se INAIL non riconosce l’infortunio?
In moltissimi casi INAIL appare restia a riconoscere i diritti dei lavoratori infortunati (così come
quelli dei lavoratori affetti da malattia professionale) e spesso passa d’ufficio la pratica all’INPS,
considerando il danno conseguente a causa comune e non lavorativa. E’ perciò importante che la
lavoratrice / il lavoratore che ha subito un infortunio prenda contatto con i suoi referenti sindacali.
Parallelamente, la denuncia di infortunio inoltrata dal medico del pronto soccorso, viene ricevuta
dall’organo di vigilanza ASL/ATS (servizio PSAL, o PSIL, o SPISAL) che dovrebbe avviare
l’indagine di polizia giudiziaria per accertare le responsabilità penali di quanto accaduto e

rimuoverne le cause, al fine di evitare che altri infortuni simili possano accadere.
Quando l’organo di vigilanza avvia l’indagine?
In caso di:
 infortunio con evento mortale o lesioni gravi o gravissime (anche con prognosi < 40 giorni, ma con
caratteristiche di evidente gravità che inducono a prevedere il superamento della procedibilità
d’ufficio);
 infortunio con prognosi < 40 giorni, e caratteristiche di modesta gravità, ma meritevole per
dinamica e/o ricadute in termini prevenzionistici;
 infortunio con prognosi lieve, ma per il quale è stata presentata apposita querela da parte della
persona offesa, entro tre mesi dal fatto.
Quando l’organo di vigilanza non avvia l’indagine?
In caso di:
 infortunio su soggetto non operante sotto direzione altrui e titolare senza soci di azienda individuale
 incidenti in itinere
 incidenti in ambito scolastico o domestico
 incidenti derivanti da palese fatto accidentale
Perchè rivolgersi al sindacato?
Il supporto del sindacato è fondamentale per la difesa dei diritti del lavoratore infortunato,
soprattutto quando gli enti preposti (INAIL per l’indennizzo e ASL/ATS per stabilire responsabilità
civili e penali) non fanno tutto il loro dovere.
Contatti
www.sialcobas.it
tel. 02/95299551, email: info@sialcobas.it Dove: Via Roma, 81 – 20051 Cassina dé Pecchi (MI)

Stress lavoro correlato

Cos’è?
Lo stress lavoro correlato è la “percezione di squilibrio avvertita dal lavoratore quando le richieste
dell’ambiente lavorativo eccedono le capacità individuali per fronteggiare tali richieste”
(definizione dell’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro).
E’ determinato dalla discrepanza tra il crescente sforzo fisico e/o mentale richiesto dalla propria
mansione e il basso livello di libertà decisionale (basti pensare al lavoro a catena…), nonché dallo
squilibrio tra l’impegno immesso nel lavoro e le ricompense, non solo economiche, che da esso si
ricavano. Uno squilibrio tra sforzo e ricompensa è una condizione di rischio.
Nota bene: lo stress correlato al lavoro deriva da situazioni lavorative anomale (disfunzioni
organizzative). E’ cosa diversa dal mobbing nel quale c’è la volontà da parte di superiori o colleghi
di danneggiare il lavoratore, fino a indurlo al licenziamento. Rivolgersi al sindacato può fare la
differenza.

Quali sono i sintomi dello stress lavoro correlato?
Lo stress è la causa di più tipi di disturbi e malattie. I sintomi sono molteplici e interessano ogni
parte del corpo (respiro, intestino, muscoli, scheletro, ecc.) e della mente (ansia, depressione,
irritabilità, insonnia, abuso di alcol o droghe, ecc.)
Tra gli indicatori di stress estremamente importanti (in particolare per i medici di base) ci sono:
 sintomi organizzativi: assenteismo, voglia di cambiare mansione, problemi disciplinari, difficoltà
relazionali, aumento degli infortuni;
 indicatori comportamentali: abuso di sostanze e farmaci, disturbi del comportamento alimentare,
irrequietezza, impulsività crescente, impazienza e suscettibilità, ridotta capacità di giudizio con
conseguente aumento degli errori, difficoltà crescenti nei rapporti interpersonali;
 sintomi psicologici: concentrazione e attenzione ridotta, stato ansioso e apprensivo costante,
nervosismo e irritabilità, autocritica esagerata, pessimismo e cattivo umore, autocommiserazione,
crisi di pianto;
 indicatori fisici e psicosomatici: disturbi di stomaco e di intestino, difficoltà respiratorie ed asma,
disturbi cardiaci, mal di testa, disturbi della pelle, disturbi muscoloscheletrici, disturbi dell’apparato
genitale e urinario, disturbi endocrini.
Cosa fare quando diventa malattia?
Il sindacato può attivare le procedure per riconoscere la malattia professionale: da una parte si
pretenderà l’indennizzo per il danno subito e dall’altra si potrà intervenire per eliminare le
situazioni che hanno determinato l’insorgenza della patologia da stress. Ciò comporta la
segnalazione del caso all’INAIL di residenza e all’ASL di ubicazione del luogo di lavoro:
 l’INAIL, fatti gli accertamenti, può o meno riconoscere la dipendenza della patologia riscontrata
dallo stress lavorativo e attribuire ad essa l’eventuale periodo di assenza dal lavoro (non malattia
comune, ma professionale) ed eventuali danni permanenti, indennizabili secondo legge.
 il Servizio per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro – PSAL dell’ASL può
intervenire presso il luogo di lavoro per verificare la sussistenza di elementi patologici correlati allo
stress e provvedere alla loro rimozione.
Come viene valutato lo stress da lavoro correlato?
Esistono strumenti diagnostici e procedure per valutare il tipo e l’entità del rischio stress lavoro
correlato. Il metodo più utilizzato in Italia per fare emergere le “disfunzioni organizzative” che
portano allo sviluppo dello stress in ambiente di lavoro è quello proposto dall’INAIL e prende in
considerazione tre famiglie di indicatori:
 Eventi sentinella: indicatori aziendali misurabili e, quindi, indicativi di tendenze di
avvicinamento/allontanamento a/da situazioni di stress lavoro correlato (numero di infortuni,
assenze per malattia, ferie non godute, rotazione del personale, richieste di visite mediche
straordinarie, provvedimenti disciplinari, istanze giudiziarie, segnalazioni di lamentele dei
lavoratori)
 Contenuto del lavoro: l’ambiente e le attrezzature di lavoro (rumore, vibrazioni, microclima,
illuminazione, sostanze pericolose, rischio biologico, sforzi fisici, quantità e qualità dei dispositivi
di protezione, segnaletica di sicurezza, rischio di aggressione e violenze, ecc.), l’eventuale
monotonia o l’eccessiva ripetitività, la rilevanza dei ritmi, l’adeguatezza delle risorse umane e
strumentali a disposizione, la chiara definizione dei compiti da svolgere, la possibilità di
programmarsi il lavoro e l’orario di lavoro, la turnistica, gli straordinari, la definizione delle pause.
 Contesto del lavoro: indicatori che riguardano i livelli di rapporto e di comunicazione all’interno
dell’azienda e dei reparti, quali procedure di lavoro formalizzate, contatti ufficiali tra lavoratori e
dirigenza aziendale, presenza di un codice etico, chiara definizione dei ruoli, presenza di sistemi
equi di valutazione dei dirigenti e di raggiungimento degli obiettivi, strumenti di partecipazione

decisionale dei lavoratori, presenza di rigidi protocolli di verifica del lavoro svolto, capacità di
gestione di comportamenti prevaricatori o illeciti, possibilità di orario flessibile e di part-time.
Gli indicatori portano all’attribuzione di punteggi in base ai quali è possibile stabilire il livello di
stress presente in azienda. La legge prevede la gestione collettiva delle diverse fasi di valutazione,
con il coinvolgimento del Responsabile della sicurezza (RSPP) e del Medico competente (MC),
l’eventuale individuazione di consulenti esterni esperti in materia di stress e lavoro, l’audizione dei
lavoratori/lavoratrici.
Nota bene: tutto ciò accade molto di rado e i datori di lavoro procedono alla valutazione del rischio
in totale autonomia, delegando il tutto ai propri “consulenti”, con il risultato di valutazioni del
rischio lontane dalla realtà lavorativa in esame. 
Cosa può deve fare il datore di lavoro?
Tutti i datori di lavoro, indipendentemente dal settore e dal comparto, dal numero e dal tipo di
dipendenti, sono obbligati per legge a effettuare la valutazione del rischio stress.
Cosa può fare la lavoratrice / il lavoratore?
Verificare se sul posto di lavoro sono state correttamente attivate le procedure sopra riportate e, in
caso contrario, attivare i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS). In caso di loro
assenza o di loro mancata attivazione, tramite il sindacato si può prendere contatto con il Servizio di
Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro dell’ASL competente per territorio.
Contatti
www.sialcobas.it
tel. 02/95299551, email: info@sialcobas.it Dove: Via Roma, 81 – 20051 Cassina dé Pecchi (MI)

QUESTIONARIO INCHIESTA “PENSA ALLA SALUTE

Pensa alla salute!
Inchiesta su lavoro e salute.

In collaborazione …. (scrivere la presentazione e le modalità di restituzione
anche eventualmente con google moduli o QR)

Età …………………….. Sesso M □ F □Stato civile: single □
coniugato □ convivente □
Operaio ( ) o Impiegato ( ) |
livello …………
Ore settimanali ……… Orario (Fisso) o (1 e 2 turno)( 3
turno notturno)
-Titolo di studio conseguito
………………………………………………………………………………………
…………………………………
-Reparto …………………………………………………… Mansione
……………………………………………………………………….
-Da quanto tempo lavori in questa azienda…………………………………
e da quando hai iniziato a lavorare ………………………….

—————- <<<<<<<<<<<<<<<

Faccio parte di un sindacato o associazione dei lavoratori Si □No

Sono interessato a prendere contatti: cell______________ mail


  1. Il mio lavoro prevede di ripetere parecchie volte le stesse azioni
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  2. Ho poca libertà di decidere come fare il mio lavoro
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  3. Il mio lavoro richiede di fare le cose molto velocemente
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  4. Sono costantemente sotto pressione a causa dell’eccessivo
    carico di lavoro
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  5. Devo spesso spostare o sollevare carichi pesanti
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  6. Il mio lavoro mi impegna molto al livello mentale
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  7. Durante il lavoro sono sottoposto a richieste tra loro contrastanti
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  8. I miei compiti subiscono frequenti interruzioni e interferenze
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  9. Devo spesso lavorare a lungo con il corpo in posizioni scomode
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  10. Devo spesso lavorare a lungo con testa e braccia in posizioni
    scomode
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  11. Ho scarsa certezza sulla stabilità del mio posto di lavoro
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  12. Nell’ultimo anno mi sono trovato nella possibilità di perdere il
    lavoro
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  13. Il mio capo non si preoccupa del benessere dei suoi operatori
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  14. I miei superiori non mi trattano col rispetto che merito

Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
frequente □ Per niente frequente □

  1. Sono trattato in modo ingiusto sul lavoro
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  2. Ho scarse possibilità di carriera
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  3. La mia posizione professionale non corrisponde alla mia
    formazione
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  4. Considerati gli sforzi che faccio non reputo adeguato il mio
    stipendio
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  5. Ritengo che il mio capo mi sia ostile
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  6. Ritengo che le persone con cui lavoro mi siano ostili
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  7. Non ho persone amiche tra i compagni di lavoro
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  8. Mi sento facilmente stressato dal lavoro
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  9. Appena mi alzo al mattino comincio a pensare ai problemi di
    lavoro
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  10. Quando sono a casa non riesco a “staccare” dai problemi del
    lavoro
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  11. Spesso ho ancora in mente problemi di lavoro quando vado a
    dormire
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  12. Mi capita frequentemente di alternare diarrea e stitichezza
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  13. Sono diventato più facilmente irritabile

Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
frequente □ Per niente frequente □

  1. Soffro frequentemente di insonnia
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  2. Sono costretto ad usare spesso farmaci per l’ansia e/o l’insonnia
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  3. Mi capita spesso di non aver voglia di vedere gente, essere triste
    e depresso
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  4. Avverto spesso dolori alla schiena e/o agli arti inferiori
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  5. Avverto spesso dolori agli arti superiori (spalla o gomito o
    polso)
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  6. Mi capita di frequente di avvertire formicolii alle mani durante il
    sonno

Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
frequente □ Per niente frequente □

  1. Sento spesso dolore al collo e alla nuca
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  2. Mi capita di frequente di dovere assumere farmaci contro questi
    dolori
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  3. Ci sono dispositivi elettronici (badge, localizzazione gps,
    computer) a cui devo sempre badare per la mia attività lavorativa
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  4. Le mie attività dipendono strettamente dai tempi di questi
    dispositivi
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
  5. I miei superiori tengono conto delle attività lavorative controllate
    dai dispositivi
    Molto frequente □ Frequente □ Abbastanza frequente □ Poco
    frequente □ Per niente frequente □
    altro

Mi capita di provare altri disturbi che ritengo dipendenti dall’attività
lavorativa
………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………
Ci sono altri casi non considerati nella mia esperienza lavorativa che
non sono stati considerati
………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………
Vuoi essere contattato per problemi particolari? Lascia il tuo numero
di cellulare o una e-mail
………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………….
Hai malattie che non hai segnalato al medico aziendale? (comunque
contattaci prima di farlo per una consulenza) sì ( ) no ( )