Riprediamoci Milano, mobilitazione nazionale sabato 6 settembre

MODELLO MILANO, GRANDI OPERE E GRANDI EVENTI, SGOMBERI DI SPAZI AUTOGESTITI, SPECULAZIONI IMMOBILIARI, REPRESSIONE DEL DISSENSO: DI CHI SONO LE CITTA?

Lo sgombero del Leoncavallo del 21 agosto è già di per sé un fatto che necessiterebbe una risposta di massa di dissenso e di riconquista. L’attuale governo postfascista, con l’avvallo o il silenzio delle giunte locali, prosegue nella sua missione di sgomberare gli spazi sociali liberati, in nome di una legalità quotidianamente abusata e tradita in primo luogo da loro stessi rappresentanti delle istituzioni. 

Nel chiudere questi spazi di vita e socialità vorrebbero cancellare immaginari ed esperienze di costruzione alternativa, di organizzazione collettiva, controcultura, mutuo appoggio: un attacco alle comunità tutte.

Il Leoncavallo indubbiamente è un simbolo per la città di Milano, è stato simbolo di un altro mondo possibile, fucina di autoproduzione culturale, artistica, politica fortemente connessa col territorio che ha curato e che l’ha curato; riferimento non solo in Italia a anche oltre oceano. A cosa servono i simboli? 

Come dargli valore oggi affinché possa diventare indicazione di futuro, di cammini e lotte possibili, non solo per la galassia dell’autogestione? Se nell’attuale contesto metropolitano e nazionale questo sgombero rappresenta molto di più della chiusura dei cancelli di via Watteau, anche dal punto di vista della costruzione di “un’alternativa” le ipotesi dal basso devono puntare a molto di più. 

La lotta per il diritto alla città, a viverla e abitarla, casa e salario dignitosi, cure sanitarie e istruzione pubbliche e di qualità non posso prescindere dalla messa in discussione dell’attuale modello di sviluppo ed esercizio del potere. Il potere di pochi che portano avanti i propri interessi di profitto in tutte le forme possibili o il potere di chi dal basso, si organizza in maniera libera e democratica per costruire risposte ai bisogni individuali e collettivi. Nelle metropoli questo conflitto, consapevole o inconsapevole, mostra tutte le sue espressioni e contraddizioni e in questa fase a Milano le sue accentuazioni.

Oggi la posta in gioco riguarda il presente e il futuro della vita nelle nostre città, dei territori e dell’intero Pianeta. L’inaccessibile costo delle case, le speculazioni immobiliari, la svendita a società private dello Stadio San Siro, le insostenibili Olimpiadi Milano-Cortina, il tentativo di coprire tutto il marcio con un decreto come il Salva-Milano (giusto per partire dalle cose più vicine) sono dispositivi che da decenni, con un’accelerazione nell’ultima quindicina, stanno rendendo la città vetrina sempre più esclusiva ed espulsiva.

Ma anche il resto del Paese è dominato dagli stessi interessi di pochi contro la vita dei molti, per citare alcune rappresentazioni di questa guerra alle classi popolari: le grandi opere inutili e devastanti per i territori dalla Tav al Ponte sullo stretto; le privatizzazioni dei Servizi e dello spazio urbano; le delocalizzazioni industriali, i licenziamenti e i contratti di lavoro povero, le catene di appalti e subappalti, il ricatto tra sfruttamento o salute, la farsa della riconversione ecologica, la crescita dell’industria bellica, la corsa al riarmo; i decreti sicurezza della criminalizzazione e repressione del dissenso e delle lotte; le carceri e altri luoghi di detenzione per “reato d’esistenza”.

Di fronte a questi enormi paradigmi il rischio è quello di sentirsi impotenti, rassegnarsi e deprimersi e invece quello che vorremmo portare in piazza il 6 settembre e oltre sono i sogni, le rappresentazioni le ipotesi di una realtà differente e le lotte, seppur limitate e parziali, che quotidianamente costruiamo nei territorio che abitiamo, nelle scuole che frequentiamo, nei luoghi di lavoro.

E questa parzialità non ci basta più! Vorremmo cominciare la nuova stagione con nuove domande e provare a costruire nuove risposte. Per questa ragione crediamo che la manifestazione del 6 settembre debba raccogliere il testimone del corteo che lo scorso 3 luglio ha attraversato le strade della periferia sud di Milano per rimettere al centro delle convergenze possibili, tra soggetti diversi, il conflitto sul diritto all’abitare e il contrasto al saccheggio urbanistico chiamato “Olimpiadi invernali 2026”.

Crediamo che questi contenuti vadano portati anche nei luoghi di lavoro, perché la battaglia contro il modello sociale dominante si intreccia necessariamente con quella contro la precarietà, per difendere e allargare i diritti di lavoratori e lavoratrici, per costruire vertenze e iniziative che parlino di reddito, salario minimo e indicizzazione, contratti migliori, recupero del potere di acquisto.

Le città più vivibili e giuste le costruiscono le lotte delle lavoratrici e lavoratori e delle classi popolari… e di esperienze che possono ispirare e con cui poter cospirare ce ne sono in questo Paese: dalla Val Susa allo stretto di Messina, passando per i porti marittimi e attraversando la piana fiorentina in zona Campi Bisenzio. Coltiviamo sogni grandi, costruiamo convergenze, riprendiamoci spazio!

Martedì 2 Settembre Assemblea Cittadina – ore 20:30 Camera del Lavoro di Milano

Sabato 6 settembre manifestazione GIU’ LE MANI DALLA CITTA’ 

Ore 12 Piazza Duca D’Aosta a Milano corteo degli Spazi Sociali Occupati e di alternativa culturale

Che poi confluirà al concentramento delle ore 14 in Porta Venezia

MILANO