La salute non è una voce di bilancio. È un diritto. E farlo rispettare è responsabilità di tutte e tutti: aziende, istituzioni, sindacati, lavoratrici e lavoratori.
Ogni anno, il 28 aprile, si celebra la Giornata della salute e sicurezza sul lavoro, istituita dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) per onorare la memoria delle vittime di incidenti, infortuni e malattie professionali. Una data simbolica che richiama l’attenzione su un diritto troppo spesso ignorato: lavorare senza rischiare la salute o la vita.
È una giornata che intreccia ricordo e impegno. Da un lato il dovere di ottenere giustizia per chi ha perso la vita lavorando, dall’altro l’urgenza di agire per garantire a tutte e tutti condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose.
Quando si parla di sicurezza, non si tratta solo di protezioni fisiche, ma anche di formazione, di controllo dei ritmi e carichi di lavoro, di dotazioni adeguate e della partecipazione attiva delle lavoratrici e dei lavoratori alle scelte che riguardano la loro salute.
I dati sono allarmanti: morti sul lavoro, infortuni, malattie professionali — molte delle quali non vengono nemmeno denunciate o riconosciute. Dietro ogni numero c’è una persona, una storia interrotta, una famiglia segnata. La salute e la sicurezza sul lavoro non possono essere affrontate come pratiche burocratiche. Sono questioni politiche, collettive, urgenti.
Il 2024 è stato un anno drammatico: secondo i dati dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente Vega di Mestre, le vittime sul lavoro in Italia sono state 1.090. Un numero in aumento rispetto all’anno precedente (49 vite spezzate in più, +4,7%). Il settore delle costruzioni è quello più a rischio, maggiormente coinvolti gli stranieri e gli ultrasessantacinquenni.
Troppo spesso si guarda solo agli infortuni evidenti, ma le malattie professionali – silenziose e durature – vengono sottovalutate dai datori di lavoro e, talvolta, trascurate anche dai medici competenti. Chi lavora deve conoscere i propri diritti per potersi tutelare. Come ricorda Claudio Mendicino, medico del lavoro ed ex ispettore ATS Milano:
“Tra i danni del lavoro le malattie professionali sono ampiamente sconosciute, pur costituendo un enorme fardello per la salute del lavoratore. Si denunciano poco e, anche quando lo si fa, spesso non vengono riconosciute dagli Enti preposti”.
(leggi l’intervista completa QUI)
In troppi luoghi di lavoro regnano disinformazione, rassegnazione e paura. Diritti e doveri non sono conosciuti, e ciò rende le lavoratrici e i lavoratori più fragili. La precarietà peggiora tutto: per mantenere un contratto, si accetta il rischio, si tace, si subisce.
Le leggi italiane sulla salute e sicurezza ci sono e, almeno formalmente, sono buone. Ciò che manca è l’applicazione concreta: si taglia sulla formazione, si rinvia la manutenzione, si ignora l’affiancamento dei neoassunti. Il pressing continuo sulla produttività colpisce soprattutto i più deboli: precari, interinali, giovani, donne costrette a part time involontari. E i rischi si moltiplicano.
Per questo il SIAL Cobas ha realizzato il “Manuale di autodifesa – Salute e sicurezza sul lavoro”: uno strumento semplice, quotidiano, pensato per far valere i diritti e costruire una vera azione collettiva nei luoghi di lavoro. Il manuale è accompagnato da pratiche schede in formato domanda-risposta, suddivise per temi, e dall’inchiesta “Pensa alla salute”. E’ utile non solo ai singoli ma anche a RLS, RSU, RSA e a chiunque voglia intervenire con consapevolezza. Puoi chiederlo e lo riceverai gratis, scrivi a info@sialcobas.it
Ma uno strumento, da solo, non basta. Serve un cambiamento culturale e organizzativo. Serve rimettere al centro le assemblee, la partecipazione, la costruzione di piattaforme collettive. È nelle assemblee che si individuano i problemi reali e si costruiscono risposte comuni. La democrazia nei luoghi di lavoro passa da qui.
Anche l’articolo 9 dello Statuto dei lavoratori, che permette di intervenire sulle condizioni di lavoro in funzione della salute e sicurezza, deve essere recuperato e messo in pratica. Non servono soluzioni miracolose calate dall’alto. Crediamo invece nella conoscenza condivisa, nell’organizzazione dal basso, nella forza dell’azione collettiva.
La Giornata del 28 aprile deve essere l’occasione per rilanciare la lotta per la salute nei luoghi di lavoro, ricostruire legami solidali, e affermare con forza che di lavoro non si deve morire.
Ricordare, conoscere, agire: la salute è un diritto. Ripartiamo dai luoghi di lavoro