Terre dei fuochi ovunque: aumentano in Italia gli incendi di depositi di rifiuti

Domenica scorsa l’ennesimo incendio di un deposito di rifiuti (ditta IPB), questa volta nella periferia di Milano (zona Bovisa) e quindi in un’area fortemente urbanizzata. La scorsa notte incendio presso la RI.ECO. a Novate Milanese.
In questi giorni si sono chiuse le indagini per l’incendio del deposito di rifiuti di Corteolona (PV) avvenuto a gennaio 2018, con diversi arresti.
Che dire ? Riproponiamo quanto scritto negli ultimi due numeri della rivista Il Sestante n. 233-234

TERRE DEI FUOCHI OVUNQUE, di Marco Caldiroli di Medicina Democratica

Gli ultimi mesi sono stati funestati da numerosi incendi presso siti di stoccaggio di rifiuti, dal Lazio alla Lombardia, Veneto e Toscana (complessivamente 250 casi in meno di tre anni). In alcuni casi questi eventi si sono manifestati poco prima di sopralluoghi di verifica o dopo segnalazioni circa la inadeguata gestione degli impianti visibili anche all’esterno (montagne di rifiuti miscelati tra loro in dispregio delle autorizzazioni e del buon senso).
Non è inutile ricordare che il crimine Eureco (Paderno Dugnano) che costò la vita a quattro lavoratori il 4.11.2010 ebbe la sua origine e causa nella gestione impropria di rifiuti non autorizzati.
Scartata l’improbabile autocombustione occorre solo individuare a quale “fattore umano” addebitare gli incendi, da problemi di saturazione degli impianti (la Cina ha interrotto l’importazione di diverse tipologie di rifiuti europei) a irregolarità gestionali da nascondere, ad attività “industriali” già nate con l’intenzione di sfruttare l’onda e poi eclissarsi come nelle peggiori cronache del passato.
Eppure tutto questo può essere agevolmente, almeno in parte, evitato al momento del rilascio delle autorizzazioni.
Quando una azienda presenta una richiesta autorizzativa in cui compare praticamente tutta o gran parte della gamma dei rifiuti presenti del codice europeo dei rifiuti (stiamo parlando di circa 950 tipologie di rifiuti ivi caratterizzate) e, nel contempo, ha dimensioni ridotte e poco personale come si può pensare che sarà in grado di gestire adeguatamente i rifiuti ?
Con tante tipologie di rifiuti da porre in spazi limitati e con poco personale sarà difficile se non impossibile garantire che ogni tipologia di rifiuto abbia una sua separata collocazione, rintracciabile in ogni momento, che non si verifichino miscelazioni tra rifiuti diversi, che venga evitato di mettere assieme rifiuti chimicamente incompatibili (reattivi) tra loro.
Eppure di fronte a queste ovvie osservazioni gli enti preposti fanno spallucce e, creativamente, inventano autorizzazioni in cui i rifiuti “ruotano” alternativamente gli uni con gli altri sullo stesso metro quadro o sulla stessa scaffalatura. Si pongono limiti quantitativi che non vengono rispettati grazie alla infrequenza dei controlli (che, in questo caso, per le normative vigenti devono anche essere preannunciati ai titolari) e ci si muove (quando ci si muove) lentamente anche di fronte a segnalazioni dei cittadini.
Nel caso di Eureco la Città Metropolitana di Milano (ex Provincia di Milano) ha autorizzato un nuovo gestore per riattivare gli impianti quando sono ancora pericolanti gli edifici e per attività quasi identiche come se nulla fosse successo (al momento, grazie anche a Medicina Democratica, questa prospettiva è stata fermata da una sentenza del TAR).

Da Il SESTANTE – 235-236

IL MINISTERO DELL’AMBIENTE CERCA DI METTERE UNA PEZZA SUGLI INCENDI NEI DEPOSITI DEI RIFIUTI MA NON DEMORDE SUL CSS “BENEDICENDO” IL CAR FLUFF

Con circolare 15.03.2018 il Ministero dell’Ambiente ha battuto un colpo sui ripetuti e strani incendi che colpiscono le imprese di deposito rifiuti speciali in tutta Italia come ricordato sul Sestante del numero precedente. Avevamo individuato, tra i fattori che favoriscono tale situazione la “elasticità” con cui vengono scritte le prescrizioni autorizzative, tali da favorire ammassi di rifiuti fuori misura, miscelazioni, nessuna correlazione tra quantità massime di stoccaggio e presidi (umani e tecnici).
La circolare ministeriale evidenzia, infatti, “l’importanza della individuazione puntuale del contesto autorizzativo ed operativo di tali attività, ad utilizzo dei gestori, delle autorità competenti al rilascio degli atti autorizzativi e delle autorità preposte ai controlli”.
In soldoni, le indicazioni contenute nella circolare sono a livello di “buon senso”, lo stesso che andrebbe utilizzato da sempre – unitamente alla rigoroso attuazione delle prescrizioni normative – quando si autorizza un impianto e quando si effettuano i controlli. Infatti si parla di compartimentare le aree di stoccaggio, depositare i rifiuti per tipologie omogenee, ventilare gli ambienti, ridurre i cumuli, formare il personale e dotarlo di attrezzature idonee per interventi in caso di emergenza, impianti antincendio decenti e funzionanti, rispettare i termini temporali degli stoccaggi anziché, in pratica, abbandonare i rifiuti creando discariche a cielo aperto, niente trucchi con cambio del CER con cui si identificano i rifiuti, dall’entrata, al deposito, all’uscita, non localizzare gli impianti in aree inidonee (aree esondabili, residenziali, con adeguata rete viaria, gestire i rifiuti senza determinare emissioni diffuse ecc.. Si arriva anche a indicare esplicitamente che necessita disporre di una struttura “in cui sono situati i servizi igienici del personale” (!) come se tale condizione non sia indispensabile e già prescritta dalla normativa sull’igiene e sulla sicurezza sul lavoro.
La necessità che il Ministero debba soffermarsi a descrivere aspetti elementari ci dà lo stato di estrema “libertà” che il settore soffre e la mancata considerazione di tali aspetti a partire dagli enti che rilasciano le autorizzazioni e sono deputati al controllo. Vedremo se tali raccomandazioni sortiranno qualche effetto (a partire dalla revisione delle autorizzazioni in essere).
Quello che invece sortirà di sicuro un effetto (negativo) è la successiva circolare (27.03.2018) dedicata a confermare l’utilizzo a “go-go” di car fluff (le parti plastiche indifferenziate – per lo più leggere – tolte dalle auto avviate a demolizione) per la produzione di Combustibile Solido Secondario “non più rifiuto” (DM 22 del 14.02.2013) in particolare per il coincenerimento presso cementifici, peculiarità italiana che nessuno ci invidia in Europa.
Particolarmente odiosa risulta essere una delle motivazioni addotte dal Ministero per tale “benedizione”: l’annotazione che, a fronte dell’obbiettivo europeo (dal 2015) del riuso e recupero complessivo del 95 % in peso dei veicoli fuori uso, l’Italia (2015) è lontana da tale soglia (84,7 %). Sarebbe quindi utile la “scorciatoia” del coincenerimento (considerato come recupero energetico) per raggiungere – contabilmente – il rispetto dell’obiettivo … a scapito ovviamente degli impatti ambientali connessi sia alla produzione del car fluff che della sua combustione considerando in particolare la presenza di metalli, coloranti, vernici, sostanze ignifughe nella produzione di materie plastiche nel settore automobilistico).

Marco Caldiroli